Se fosse una ragazza immagine con un volto da copertina, sarebbe una donna dagli occhi di ghiaccio, dallo sguardo gelido, inespressivo, distaccato e senz’anima. Né triste né felice. Sembrava l’Eden, quel paradiso terrestre meraviglioso e raggiante in cui volteggia lusinghiera ogni umana ambizione. E invece la Silicon Valley nel memoir realista e disincantato di Anna Wiener, che in quel posto ci ha lavorato per anni, è La valle oscura (libro edito da Adelphi 2021), un ritratto spietato alla Doris Lessing dell’anticamera dell’Inferno. Un luogo che appare più come una valle di lacrime in cui sprazzi di umanità si cercano col lanternino. Un posto dove regnano i ritmi frenetici delle startup, la discriminazione, il sessismo, ritmi frenetici, la falsità dei rapporti interpersonali, la mortificazione delle anime e della cultura, il falso mito del giovanilismo. Una bolgia in cui si precipita all’insegna del progresso. Di un progresso di bell’aspetto ma ingannevole.
Anna Wiener, 33enne giornalista del New Yorker, in quel posto all’apparenza magico in cui si ritrovano i sogni di tanti ragazzi e il business di tante aziende ha lavorato per anni. Ma come nelle fiabe più belle, è proprio lungo la vie en rose del progresso che si nasconde l’inganno. Un po’ come la storia del cavallo di Troia. E così l’incanto cede il passo alla delusione e all’amarezza. E la Gig Economy sembra quasi implodere. Eppure proprio quell’unicorno meraviglioso dal fortissimo impatto sui millennial è in piena espansione.
Tutto ruota intorno al marketing, parolina magica che contempla logiche spietate e disumane dove imperversa solo la logica del profitto. La Wiener in questo libro poi si sofferma anche sull’aspetto della mancanza di una reale volontà di cambiamento pur di mantenere il potere. E di come invece sarebbe necessaria più di una rivoluzione per una Silicon Valley più equa e responsabile. Per esempio: la distribuzione delle azioni, gli assetti proprietari delle aziende, i contratti di assunzione, l’abolizione della pratica di far firmare ai dipendenti accordi di non diffamazione. Tutti appaiono dei convitati di pietra in una San Francisco che tanto somiglia alla “città di Peter Pan, dove tanti cercano di vivere un presente perpetuo” e l’assordante rumore di un via vai continuo di eterni ragazzi che parlano col linguaggio social e vestono sempre in jeans.
E così quello dell’eterna giovinezza è diventato un falso mito coltivato proprio in quel luogo, insieme alla meritocrazia e alla convinzione che tutte le innovazioni tecnologiche siano un segno di progresso. Eccolo ancora lì, il progresso. E non per forza confinato in quel luogo. Nonostante tutto, Anna Wiener ci crede ancora. “Perché il progresso trova sempre nuove strade, che non necessariamente hanno a che fare con la tecnologia”. Che siano la ricerca scientifica oppure le istituzioni, le reti di sicurezza sociale o semplicemente i cittadini col loro lavoro. C’è sempre una luce in fondo al tunnel. Basta soltanto saperla guardare.
Elena Orlando