Fu un successo clamoroso quello di Mazo de la Roche, una delle più importanti e prolifiche scrittrici del Ventesimo secolo, una vera e propria icona della letteratura canadese, che divenne famosa a livello internazionale e fu la prima donna a vincere il prestigioso Atlantic Monthly Prize. Fazi Editore la riporta in libreria con le vicende della famiglia Whiteoak in Jalna con la traduzione di Sabina Terziani nella Collana Le strade.
Lo sfondo è quello di un Canada dai paesaggi selvaggi e sconfinati, a cavallo tra Ottocento e Novecento, con al centro della narrazione un’appassionante intreccio di relazioni che turba la quotidianità della vita familiare, all’interno della grande tenuta coloniale di Jalna, baluardo di un enclave europea d’oltreoceano.
Figura radicale e riservata, de la Roche visse per anni nella riservatezza della sua casa, che condivideva con Caroline Clement, convivenza che allora era chiamata “Boston marriage”. Recentemente è stato prodotto un film in relazione alla sua vita dal titolo: The Mystery of Mazo de la Roche.
Ne pubblichiamo un estratto in anteprima.
#
A volte si manifestava una Alayne diversa, non triste e solitaria ma impetuosa e piena di domande. Davvero la vita non aveva altro in serbo per lei? Qualcosa che non fosse leggere montagne di manoscritti giorno dopo giorno? Nient’altro che stare ad ascoltare le ciarle di Miss Trent, frequentare i Cory e i loro amici e conoscere gente che non lasciava mai il segno su di lei? Avrebbe mai trovato una vera amica cui raccontare tutto… o quasi tutto? Per la prima volta nella sua vita si pose seriamente anche un’altra domanda: avrebbe mai avuto un uomo che la amasse?
Oh, non che mancassero gli ammiratori – in ogni caso non ne aveva molti perché non incoraggiava mai nessuno –, ma quando ci usciva insieme era come se a casa ci fosse sempre qualcosa di ben più interessante da fare. Quelli che avevano il permesso di entrare nell’appartamento le sembravano quasi sempre terribilmente fuori posto. Da un punto di vista sessuale era una di quelle donne che maturano lentamente e che, date certe condizioni, possono persino sposarsi e mettere su famiglia senza mai aver provato la forza primordiale di una passione vera e libera.
C’era stato un uomo che avrebbe potuto quasi definire un amante: era un collega di suo padre, molto più giovane di lui. Aveva frequentato gli Archer, dapprima in qualità di amico del padre, poi sempre più come amico di Alayne. Si era integrato nelle discussioni e persino nelle allegre chiacchiere di famiglia; li aveva accompagnati in un viaggio in Europa: e a Sorrento, in un mattino di primavera, mentre camminavano su uno stretto sentiero in collina pervasi dalla meraviglia di quell’estatico risveglio della natura, le aveva chiesto di sposarlo. Lei l’aveva pregato di pazientare fino al loro ritorno in America, perché temeva che la gioia che provava non fosse dovuta alla presenza di quell’uomo ma alla bellezza dell’Italia.
Erano rientrati negli Stati Uniti da neppure un mese quando sua madre si ammalò. I due mesi successivi furono dominati da un’incertezza straziante e angosciosa. Alla fine Alayne si ritrovò da sola. Il suo amico reiterò la proposta di matrimonio, formulandola in modo solenne e antiquato, con parole che le piaceva leggere nei libri ma che nella vita reale non la emozionavano neanche un po’. Lui la amava e voleva prendersi cura di lei. Sapeva che suo padre aveva approvato quell’uomo, ma adesso nel suo cuore c’era il deserto, e quel vuoto doloroso non voleva essere riempito.
Quando le assegnarono in lettura il manoscritto del giovane Whiteoak, Alayne si trovava in uno stato di entusiastica ricettività alla bellezza. E la bellezza, la semplicità e la splendida scioltezza delle poesie di Eden la riempirono di una gioia nuova. All’uscita del libro provò uno strano senso di possesso nei suoi confronti, tanto che vedere le mani cicciottelle di Miss Trent che lo accarezzavano le diede particolarmente fastidio. «Che libro delizioso, mia cara!», diceva Miss Trent. Alayne detestava soprattutto sentirla leggere le poesie con quella voce gutturale, quando metteva l’accento su certe espressioni che la colpivano e terminava il verso con un’intonazione ascendente. «Pura bellezza questo verso, non pare anche a te, Alayne cara?». Si vergognava dell’invidia che le suscitava il piacere che Miss Trent ricavava dalla lettura, eppure era proprio una forma di rancore.
Paventava un incontro con Eden, nel timore di rimanerne delusa. E se fosse stato basso e tarchiato, con gli occhietti neri come capocchie di spillo e il labbro superiore sporgente? Oppure se avesse avuto una faccia dai tratti affilati e occhiali con la montatura di corno…?
In ogni caso, qualunque fosse il suo aspetto, la sua mente era bella. Tuttavia, al momento di entrare nella sala d’aspetto aveva provato un brivido.
Poi l’aveva visto: alto e attraente, con quel ciuffo di capelli biondo oro, i tratti espressivi, il sorriso fermo ma malinconico, e si era sentita tremare mentre un gran senso di sollievo la travolgeva. La sua persona sembrava emanare la stessa luce dei suoi versi. E quegli occhi azzurri come risaltavano sul volto abbronzato! Oh, se avesse trovato un uomo brutto e sgraziato non sarebbe mai e poi mai riuscita a sopportare la delusione!
E le era parso naturale che entrambi finissero per cercare un angolo appartato e tranquillo, e che lui al momento più opportuno le stringesse le mani e le baciasse in estasi: naturale come due gocce di rugiada che si fondono, o come due note che creano un accordo.
Perciò, quando due settimane dopo Eden le chiese di sposarlo, con grande naturalezza gli disse «Sì».
Eppure lui non aveva realmente intenzione di chiedere la sua mano. Aveva capito che sarebbe stata una pazzia farlo, a meno che non si fossero trovati d’accordo sulla necessità di un lungo fidanzamento. Ma quella sera d’autunno scintillante di stelle, complice la fragranza pungente dei falò di foglie secche e l’aria salmastra dell’oceano, mentre l’automobile di Rosamond procedeva lenta sul lungomare – con Miss Trent che una volta tanto era silenziosa e china sul volante mentre loro due seduti dietro erano persi nel loro mondo –, non riuscì a trattenersi, come se il desiderio di sposare Alayne fosse bruciante e assoluto quanto la necessità di scrivere una poesia che bramava di esistere.
Il suo amore per Alayne era un poema. La loro vita insieme sarebbe stata un poema squisito, incantato, una continua ispirazione. Non poteva fare a meno di lei. Il pensiero di stringerla tra le braccia generava in lui la tenera tristezza di una poesia d’amore ancora da scrivere. Ma non doveva chiederle di sposarlo, non ancora… e finì per farlo.
«Alayne, mio meraviglioso tesoro… vuoi sposarmi?».
«Eden… Eden…», balbettò Alayne. Non riusciva a parlare, perché l’amore che adesso le inondava il cuore a lungo rimasto vuoto aveva cancellato tutto il resto. «Sì… sarò tua moglie se mi vuoi. Ti voglio con tutta la mia anima».