Un romanzo meraviglioso, per il New York Times, e fra i 10 migliori libri dell’anno per Time, quello di Victor Lavalle, pluripremiato autore statunitense di narrativa e saggistica che esce domani nelle librerie italiane con Favola di New York, nella collana Le strade di Fazi Editore (con la traduzione di Sabina Terziani): Una favola indimenticabile ambientata nel cuore dell’America di Trump, che racconta il coraggio richiesto per essere genitori ai giorni nostri fondendo il fiabesco dei Grimm, l’orrifico di Poe e il distopico di Black Mirror. Un page turner che mescola la vita quotidiana in una modernissima New York al mito e alla leggenda, toccando temi caldi come la privacy dei figli nell’era dei social network. La serie tv è in fase di lavorazione.
Ne pubblichiamo un estratto in anteprima.
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«Nel Queens c’erano molti immigrati, gente che di solito fa parecchi figli. All’epoca era diverso, non puoi giudicare secondo gli standard di oggi. Sono stati uomini come lui, dotati della forza d’animo per fare scelte difficili e portarle fino in fondo ad assicurare la prosperità di questo paese».
«E tu ci credi davvero a questa roba?».
«La loro storia non interessa a nessuno», disse Jorgen convinto. «Perlomeno, non vogliamo conoscerla per intero. Vogliamo che i nostri genitori ci proteggano, ma non vogliamo sapere cosa hanno dovuto sacrificare per permetterci di vivere bene. Non c’è nazione che sia fondata sulla bontà d’animo».
Dall’altra parte dei pannelli le tre stufette scricchiolarono e gracchiarono, come se ridessero di quelle parole.
«Come fai a trovarli? Come li scegli?».
Jorgen si passò la mano sul naso fino ad arrivare al mento.
«Quando ero in servizio le ricerche duravano ore, giornate intere. Negli anni Ottanta andavo ovunque con il mio furgoncino bianco. Però trovavo sempre un candidato, un maschio o una femmina senza protezione. Un bambino dimenticato, abbandonato. Sono bambini dall’aspetto inconfondibile, che imparai a riconoscere a colpo d’occhio».
Scosse la testa come a cercare comprensione da parte di Apollo.
«Oggigiorno non devi neppure uscire di casa per cercarli. È sufficiente una connessione internet», spiegò.
«Ma di che diavolo parli?».
«Nelle fiabe i vampiri non possono entrare nelle case a meno che non vi siano invitati. La bestia non poteva varcare la soglia di casa tua se tu non le davi il permesso. Bene: cosa credi che sia un computer o un cellulare? È la tua casa, ci vivi dentro. Ma una casa reale, fatta di mattoni e cemento, perlomeno ha una porta e delle finestre che puoi chiudere. La tecnologia invece non ha porte che puoi sbarrare. Oggigiorno la gente condivide tutto», Apollo lo ascoltava meravigliato, senza parole, «racconta quando e dove porta i figli a giocare; ti fa sapere che ha chiamato una babysitter; pubblica le foto della scuola che frequentano i figli. La gente è così orgogliosa dei propri figli! Non resistono, devono condividere ogni cosa. Ma con chi condividono tutte quelle informazioni? Sanno davvero chi hanno invitato in casa? Ti garantisco che non lo sanno», disse puntando il dito contro Apollo.
«Li conosco quelli come te. Siete i padri moderni, quelli che devono registrare e documentare qualsiasi momento della vita dei figli. Fate il video del bimbo che dorme e lo schiaffate su internet prima che si svegli. Vi credete padri amorevoli, volete essere migliori dell’uomo che vi ha cresciuti, o che non c’è mai stato. E invece lasciami dire cosa vedo in voi: vedo la vostra povertà, il vostro bisogno di applausi, come se il like di uno sconosciuto potesse compensare la mancanza di amore che avete sofferto da piccoli. Oh, poverini! Praticamente implorate il mostro di divorarvi. Forse i vostri figli devono proteggersi proprio da voi. Lasciate una traccia di briciole che qualsiasi lupo può seguire, e quando vi arriva alla porta di casa rimanete sconvolti e non capite più niente».