“Il paese dove non si muore mai. Fortificati da interminabili ore passate a tavola, annaffiati dal rachi, disinfettati dal peperoncino delle immancabili olive untuose, qui i corpi raggiungono una robustezza che sfida tutte le prove.”
Ornela Vorpsi, Il paese dove non si muore mai
Sono oltre cinquanta, per ora, le vittime dell’ondata sismica che nei giorni scorsi ha colpito Albania. Migliaia le abitazioni danneggiate e oltre cinquemila gli sfollati. Un intero hotel sbriciolato dal potente terremoto di martedì scorso. Tanti i bambini fra i tre e gli otto anni, ma soprattutto le donne. Già, le donne. Tra gli ultimi corpi ritrovati, quelli di una mamma con i suoi tre bambini, estratti dalle macerie della loro villetta di tre piani a Durazzo dai Vigili del fuoco italiani. Non si scava più tra le macerie dei palazzi e degli alberghi crollati in un martedì di fine novembre in Albania ma il mio pensiero è corso proprio alle Donne albanesi e al libro Il paese dove non si muore mai, che proprio il sabato precedente avevamo presentato in libreria da me assieme all’autrice, la scrittrice albanese Ornela Vorpsi. Novembre a Parma è il mese della Cultura Albanese e io ho pensato con questo pezzo di poter dare la mia vicinanza ai miei amici Darina Zeqiri, Marion Gajda, Gentian Alimadhi e tutti i rappresentanti dell’associazione Scanderbeg Parma, con cui da anni collaboriamo e con cui abbiamo organizzato la presentazione in libreria. Questo popolo fiero che non muore mai ha bisogno del nostro aiuto per ricostruire, ora, attorno alle macerie e siccome è possibile fare una piccola donazione per l’Emergenza Terremoto e aiutare questi nostri cari amici io ho pensato in questa cronaca di fornire anche i dati per il bonifico : ASSOCIAZIONE SCANDERBEG
IBAN IT62X0538712700000001554833.
Sabato 23 novembre per la Giornata internazionale contro la violenza sulle Donne, avevamo fortemente voluto con noi l’artista di fama mondiale Ornela Vorpsi e il suo libro Il paese dove non si muore mai. Con questo romanzo, pubblicato per la prima volta da Einaudi nel 2005 e ristampato nel 2018 da Minimum fax, la Vorpsi compone, raccontando la vita delle donne nel loro quotidiano, il suo personale tributo nei confronti di una nazione intera. Partendo dai propri ricordi e dalle proprie personali riflessioni finisce per comporre un ritratto spietato dell’Albania e del suo popolo durante la terribile dittatura di Enver Hoxha. Un romanzo che ci è sembrato, ancora, di grandissima attualità, perché ci aiuta a comprendere come in una società che reprime la libertà individuale, le donne possono facilmente trasformarsi in un bersaglio facile da sopraffare: se si espongono diventano vittime della violenza della comunità; se vogliono sopravvivere, devono piegarsi a regole spietate e disumane. Questo ci insegna un romanzo limpido ma anche durissimo, che racconta quanto, soprattutto per le donne, sia stato difficile difendere la propria libertà e autonomia di pensiero. Siamo in Albania, terra di polvere e fango, sotto la dittatura, un paese dove una ragazza bella è considerata una puttana. Siamo in un paese dove l’affetto di una madre o di una nonna passa attraverso un’educazione ferrea, perché chi è fragile, si sa, non può sopravvivere. In un paese pieno di contraddizioni come l’Albania comunista di Enver Hoxha succede che gli uomini per strada possono permettersi di mangiare con gli occhi le ragazzine mentre le donne in casa le abituino a sentirsi in colpa, sbagliate, puttane, pur non avendo fatto assolutamente nulla di male. Il romanzo non ha forma lineare e continuativa classica, ma appare come una serie di racconti che seguono una sorta di flusso di coscienza continuo, un flusso inarrestabile di pensieri, ricordi e memorie che restituiscono al lettore un pezzo triste e sconvolgente della storia albanese. E così, con ironia ma anche tanta malinconia, vengono portati a galla fatti e i misfatti dell’infanzia e della giovinezza. L’Albania è quella degli anni Settanta e Ottanta e attraverso il racconto di quegli anni scopriamo un popolo orgoglioso, coraggioso, fiero e fedele ai propri riti ma soprattutto convinto di essere immortale e per niente umile. Racconti che aiutano a capire meglio questa nazione attraverso donne e personaggi singolari che la rendono a suo modo unica. Leggere Il paese dove non si muore mai di Ornela Vorpsi equivale anche a fare un salto indietro nel tempo e provare a comprendere le ragioni che hanno spinto uno spropositato numero di persone ad abbandonare la propria patria,esattamente come hanno fatto Ornela e sua madre, per raggiungere l’Italia, ricominciando una nuova vita e scoprendo che, lontano da casa, ci si può davvero ammalare e addirittura morire. Nel paese dove non si muore mai, in realtà, per le donne, in mezzo alla violenza e alla solitudine, la morte è invece sempre presente: muoiono in seguito ad aborti domestici oppure impiccandosi insieme a un’amica, con un filo elettrico che i bambini usano per giocare; o si annegano in un lago, per una storia d’amore disperata. Nel paese dove non si muore mai, in un mondo ferocemente maschilista, le ragazze crescono robuste, indistruttibili, forti come il piombo, eppure molte spariscono o si uccidono e gli uomini, invece, finiscono in prigione per aver osato dire che al mercato non si trovavano pi˘ patate o vengono fucilati e sepolti di nascosto in una vaso in giardino. La Vorpsi tratteggia bene i difetti del suo popolo, comprese le abitudini, la mentalità, la malinconia innata e la sofferenza mai sopita. Esordio letterario nel 2005 con Einaudi, dicevamo, ìIl paese dove non si muore mai è uno dei libri capofila di una nuova generazione di scrittori immigrati e segna l’approdo sulle nostre coste di un accento assolutamente nuovo e pure di una nuova e diversa prospettiva con cui guardare gli immigrati. Il paese dove non si muore mai è di nuovo disponibile nelle librerie italiane, pubblicato questa volta dalla vivacissima casa d’edizione Minimum Fax, che riporta nei nostri scaffali una piccola perla letteraria abbellita da una copertina delicata e provocatoria che aggiunge un tocco di piacere anche visivo a una lettura sempre molto intensa e coinvolgente. Il libro, scritto in italiano, con una lingua simile a un bisturi come se si volesse adottare una speranza e con la consapevolezza di tenere anche a bada certi demoni dell’infanzia, è stato tradotto in diciotto paesi e qui da noi le valse, tra gli altri, il Premio Grinzane Cavour opera prima, il Premio Viareggio Culture europee, il Premio Vigevano, Premio Rapallo opera prima, il Premio Elio Vittorini opera prima.