«Tutto ciò che accade accade e basta, è inutile chiedere perché e spostare i blocchi del passato con l’illusione di sistemare il presente o il futuro… Mentre le parole avvolgono il mondo, la morte bussa piano, prende le sembianze di un clown suonato, e si ricomincia, persino più forti di prima, oltre il confine dei sogni o forse ancora più lontano, ma questo il mondo non lo saprà mai».
Leonardo G. Luccone, La casa mangia le parole
Quando sul finire dell’estate scorsa ho letto questo passaggio non riuscivo a smettere di leggerlo e poi rileggerlo ancora, e sempre con le lacrime agli occhi. Mi sembrava si stesse parlando di me e del mio rimanere sospeso in quella bolla di lutto che non mi faceva procedere oltre. La lettura di un libro, a volte, può servire a dare scossoni, e quel finale a sorpresa ha avuto quell’effetto su me che da tre anni facevo sedimentare un mio dolore e non riuscivo a ripartire e a ricostruire tra le macerie mie.
I libri hanno di questi poteri, e così, dopo che la morte aveva bussato alla mia porta, dopo quella lettura sono come riuscito a ripartire. Più forte di prima non so, ma sulla forza ho cominciato a lavorare e sicuramente aver avuto l’opportunità di leggere questo romanzo mi ha molto aiutato nel mio percorso di forza. Un libro vero, quello di Luccone. Un’opera prima tra le più notevoli degli ultimi anni. E per quel poco di fiuto che mi rimane, io credo che questo sarà uno di quei classici libri che verrà apprezzato, e parecchio, sulla lunga distanza.
Strano esordio letterario, quello di Leonardo G. Luccone, che da decenni traffica coi libri e la letteratura e in questi anni ci ha permesso di leggere tanti libri al meglio delle loro possibilità col suo preciso lavoro nello studio editoriale che ha creato.
Leonardo G. Luccone è, infatti, agente letterario per Oblique Studio, lo studio editoriale fondato da lui nel 2005, che da anni offre anche uno dei migliori corsi formativi per redattori editoriali. Una persona di grande ingegno e cultura che in questi anni ci ha fatto anche conoscere tanti autori americani e stranieri, di cui l’Italia era proprio orfana. Un talent scout che è stato capace di andare a scovare pure tanti giovani scrittori italiani di talento, accompagnandoli al successo.
Un silenzio irreale da parte dei tanti lettori presenti in libreria ha accolto questa presentazione molto più vicina a una appassionata lezione sul Romanzo del novecento che a una semplice presentazione di un libro. È stato molto bello ascoltare per quasi due ore Luccone raccontare il suo romanzo, immerso dentro una lezione più generale di letteratura, passando da Proust e Joyce, fino ad arrivare a L’uomo senza qualità di Robert Musil!
Il giovane protagonista dislessico del romanzo supera il suo problema allenandosi con le parole, con la scrittura. Anche nella lettura è possibile migliorare, crescere, allenarsi, evolvere. Basta scegliere i libri giusti. Un libro, questo, sicuramente adatto ai lettori forti, a quelli che leggono molto e sanno leggere testi impegnativi.
Luccone ha scritto un libro stratificato e pieno di tante pagine, e tutte meravigliosamente perfette. Ma il rischio dell’esercizio di stile è sapientemente evitato grazie a una trama potentissima e costruita intorno a questi dialoghi perfetti… e, poi, quel finale che spiazza e lascia “imbambolati” e dove convergono i vari elementi paralleli da raggiungere (non sono solo quelli più immediati). Sfido qualunque lettore serio a trovare libri pubblicati in tempi recenti capaci di mantenere, poi, sempre così alta l’asticella della perfezione nella costruzione della struttura.
Sono, dicevano, i dialoghi ben scritti e curatissimi a tenere la spina dorsale di questo romanzo. Dialoghi capaci di raccontare una storia che, se pur complessa e piena di depistaggi, riesce a tener il lettore incollato alle tante pagine. Io sono un lettore “de core” e non un critico, ma da lettore una cosa che mi è sempre tanto piaciuta vedere è la mancanza di sciatteria in un libro.
Approssimazione e sciatteria che nel romanzo di Luccone non troverete mai. Tutti i lettori forti dovrebbero leggere questo libro per capire di cosa parlo. Si torna alle parole, capaci di renderci ancora più forti, dell’inizio di questa cronaca. Forte è un aggettivo ancora più bello se legato alla lettura. La lettura e la forza, proprio come accade al piccolo Emanuele. Viene dato grande valore alle parole in questo libro. Diventano quasi oggetti che non solo servono a narrare al meglio, ma a focalizzare ricordi. Ci sono le parole tra le parole, i discorsi, i dialoghi. La qualità di una parola si misura dal silenzio che la precede e spesso da quello che ne consegue. Diventano una bussola con cui orientarsi le parole e in un libro, che per ammissione dell’autore ha molto di personale, quelle stesse parole servono a tracciare confini oltre che indicare il posto in cui arrivare. Nel migliore dei casi le parole indicano la strada da percorrere per ritrovarsi. E per ritrovarsi abbiamo bisogno di punti di riferimento, pare dirci il romanzo già da quel titolo in cui il flusso comunicativo pare voler erodere la sicurezza familiare di una casa.
Protagonista del libro una coppia in crisi, i De Stefano. Lui è un ingegnere e lavora per l’azienda romana, la Bioambiente, ed è legato all’amico Moses Sabatini, uno strano ecologista italoamericano. Lei bella e perfettina e alle prese con dubbi e mondi irrisolti.
Comincia con una simulazione e un Capodanno pieno di non detti questo libro. Tutto sembrava perfetto per quelle feste comandate, anche una promozione in arrivo, un matrimonio di un parente all’orizzonte.. eppure, dietro l’apparenza, segreti e bugie che sconvolgeranno la vita di tutti.
Si parte dal trentuno dicembre 2011 quando i De Stefano, marito e moglie, partono alla volta delle Marche per raggiungere il paesino dei parenti di lei e fingere che non si sono separati. La storia poi si chiude esattamente un anno dopo e con la stessa messa in scena ipocrita in cui vanno a festeggiare San Silvestro in compagnia della famiglia.
Nel mezzo un andare e tornare tra diversi piani temporali per raccontare la storia, apparentemente ideale, di questa coppia di quarantenni belli, benestanti e di successo. La loro storia d’amore da anni si tiene in piedi, invece, con del nastro adesivo e dei continui rattoppi. Sono sull’orlo della rottura definitiva ma non riescono a confessarlo ai genitori di lei.
Emanuele, il figlio amatissimo e unico, fragile e coraggioso e che sembra aver quasi superato la sua dislessia e avviarsi verso una vita finalmente felice. La Bioambiente, azienda romana specializzata in energie rinnovabili in cui De Stefano si accinge a ricevere un’agognata promozione, pare vivere un momento florido, e l’amicizia con il geniale collega Moses può forse fornire una sponda al suo disordinato bisogno di cambiamento. Ma l’anno che sta per arrivare passerà sulle loro vite come un turbine, ne spezzerà ogni certezza e li cambierà tutti, per sempre. Non tutto quello che ci separa dalla realtà è vero, non tutta la realtà porta a mantenere felice un’esistenza. E pure Moses, che starà vicino al protagonista, ospitandolo persino a casa, si rivelerà poi in un’altra veste, inaspettata.
A tenere banco nel libro sono i temi del disagio privato, la decadenza di un’intera classe, il grande sfondo di una Natura che pare ribellarsi alle nostre insolenze e mostra tutta la sua impietosa potenza.
A proposito di potenza impietosa, molto toccanti le pagine che riguardano l’inondazione di melassa di Boston il 15 gennaio del 1919. Una storia di immigrati, anarchici, eroi sconosciuti; una storia di lavoro, sfruttamento, errori tecnici, inserita quasi al centro della storia e con un preciso significato: quell’evento catastrofico verificatosi nel Massachusetts quasi preannuncia un altro disastro, quello finale. Il 15 gennaio 1919, a causa di alcuni difetti strutturali e dell’elevata temperatura interna, un serbatoio contenente melassa esplose inondando una zona al limitare del centro storico: il North End, posto sulla penisola. Il liquido si riversò con una velocità di 56 km/h uccidendo 21 persone e ferendone 150.
Antonello Saiz