“I ricordi che ho cercato di fissare in questo libro – senza fare ricerche, affidandomi soltanto alla soggettività della memoria – le somigliano un po’: considerati di lontano hanno una loro fittizia solidità, se provo ad esaminarli da vicino mostrano i vuoti, le sbreccature e le linee lungo le quali sono stata costretta, per trasformarli in racconto, a rincollarli”.
Torino piccola di Mariolina Bertini, Edizioni Pendragon
I nostri incontri virtuali procedono sulla pagina di Book Advisor con grande successo e per una sera, poi, ci è sembrato di essere, per un’oretta, nel nostro vicoletto, in Borgo Santa Brigida, e con una persona che racchiude in sé la bellezza e la gentilezza della cultura, Mariolina Bertini, che tanti pomeriggi tematici ha animato nella nostra libreria. In una serata sul tema “La memoria delle emozioni”, con un chiaro riferimento a Marcel Proust, abbiamo raccontato il libro Torino piccola. Una giovinezza del XX secolo, Edizioni Pendragon, 2018 e pubblicato nella collana I chiodi diretta dal poeta e critico Matteo Marchesini. Siamo partiti dalla musica di Novecento di Paolo Conte perché è proprio uno spaccato del secolo precedente che viene raccontato in questo libro, dalla prosa elegante e pieno di gioiosa ironia, che vede protagonista una ragazzina innamorata delle parole nella Torino degli anni Cinquanta e Sessanta.
Dalla chiacchierata con Mariolina abbiamo imparato come è nato il grande amore per Proust e poi come è arrivato l’interesse per Balzac. Mariolina Bertini, francesista che ha insegnato all’Università di Parma dal 1988 al 2017, è una profonda studiosa sia di Proust che di Balzac e ci ha regalato, in questi anni, tante pagine su di loro. Anzi proprio nel 2019 presso Carocci ha scritto un saggio L’ombra di Vautrin. Proust lettore di Balzac in cui fa luce sui rapporti esistenti tra l’autore de La commedia umana e quello de La Recherche; e le sue più recenti traduzioni sono per Marsilio Il figlio Maledetto, un romanzo ambientato nel pieno delle guerre di religione, e per Edizioni Clichy Wann-Chlore. Jane la pallida, uno dei romanzi meno noti di Balzac, mai pubblicato in italiano se non in forma edulcorata e introvabile dagli anni Trenta del Novecento. Grazie alla generosa disponibilità di Mariolina Bertini abbiamo avuto modo di illustrare anche gli echi che l’opera di Honoré de Balzac, uno dei maggiori scrittori francesi del XIX secolo e maestro del romanzo realista, e quelli di Marcel Proust, hanno avuto nella stesura di questo racconto sulla sua infanzia che rimanda ad altri libri.
Una voce narrante affabile ci accompagna attraverso piccoli capitoli dove si va a pesca dei singoli ricordi di una vita, dei piccoli oggetti del passato, delle persone, degli eventi e delle testimonianze per salvare il tempo perduto e creare una storia nella Storia. Un libro che essenzialmente dovrebbe raccontare una città, una grande città come Torino, ma da una prospettiva piccola, appunto, descrivendo particolari minimi e minuti: una città poco raccontata in questo modo, eppure originale con lo storico quartiere intorno a Corso Francia e Piazza Benefica con le sue strade eleganti e tranquille e le sue case Liberty dove l’autrice ha trascorso l’infanzia e la prima giovinezza e dove continua ad abitare. Un viaggio tra ciò che è di buon gusto e ciò che è di cattivo gusto secondo i dettami della madre della protagonista, al fine di riscoprire una nostalgia felice di quello che più rappresenta una città. Un libro e una città raccontati in forma proustiana con una attenzione profonda per le cose perdute che vanno recuperate, come la grande tazza bianca da tè con foglie e fiori blu, con cui Mariolina faceva colazione in tutte le vacanze della sua infanzia a Champoluc nella villa fatta costruire nel 1918 dal nonno Arturo Pinna Pintor davanti ai ghiacciai del Monte Rosa. Attenzione profonda per i racconti, le vite dei santi, le favole e le poesie recitate in francese e in italiano da nonna Maria che accompagnano come se fossero Ambarabàciccìcoccò la sua infanzia, anche quando si tratta di un’ode del Carducci. Attenzione anche per le filastrocche piemontesi che le insegna la domestica Piera Einaudi. C’è molta poesia in tutto questo, nel come viene raccontata Torino e la vita della protagonista, perché, del resto, la poesia è stata determinante nell’accompagnare la sua infanzia. Incantata dalle parole, nella sua casa di bambina e ragazza, poi, la cultura è sempre stata presentissima e aveva la voce di Vittorio Gasmann o Giorgio Albertazzi o di Arnoldo Foà che recitavano poesie su dischi, ma pure la voce di tanti intellettuali amici o parenti colti e persino la voce della maestra Carrapa, quando in quarta elementare, nel 1957 le faceva declamare Postuma di Olindo Guerrini o i racconti di Renato Fucini. Tra reminiscenze ottocentesche e continue tensioni verso la modernità questo sobrio memoir riesce ad avere un’estetica tutta sua, particolarissima, nel raccontare una vita di letture, di poesie, di forme letterarie diverse ma anche di passioni nuove, come il cinema o i fumetti e i Topolino, scoperti grazie alla frequentazione dell’amica Betty Valtz. Ricordiamo che l’ingresso nel mondo della scuola, nella mitologica scuola Vittorio Alfieri, avviene per Mariolina in quarta elementare nell’anno in cui Pasolini pubblicava Le ceneri di Gramsci, Calvino Il barone rampante e Elsa Morante L’isola di Arturo. Eppure quella retorica carducciana e deamicisiana che ha segnato la sua infanzia avrà echi di infinito negli studi e nelle ricerche successive e quelle parole importanti per quella bambina, crescendo, diventeranno materia di ricerca e di uno studio lungo una vita. Una studiosa pop, la nostra Mariolina, che nel 1979 su un supplemento della rivista Linus arriva a scrivere Apologia di Liala.
Nella nostra chiacchierata ci siamo soffermati anche su quelle scrittrici dimenticate, eppure tanto celebrate in vita e che sono sparite dai cataloghi, come Lalla Romano e Gianna Manzini o Anna Banti, Annie Vivanti, Alba de Céspedes, o la stessa Liala ma anche sull’ascendente letterario di questo libro, quel Lessico famigliare di Natalia Ginzburg, l’angelo custode che le ha fatto scoprire Proust con le sue traduzioni. E nelle settimane di clausura del lockdown è stata proprio Natalia Ginzburg a tenere compagnia a Mariolina assieme a Cortázar. Ci ha infatti raccontato di questo libro pubblicato nel 1984, un romanzo epistolare dal titolo La città e la casa, che racconta la disgregazione della famiglia, la crisi dei ruoli tradizionali, il vuoto drammatico che accompagna la vita dei nostri giorni con i suoi imprevedibili imprevisti.
Torino piccola, insomma, è quel delizioso libro pieno di allegria e grazia che io ho preso a regalare ai miei amici che contano per il loro compleanno, perché è uno di quei libri la cui lettura, senza essere mai superficiale o stucchevole, può renderti felice e trasmetterti una felicità che quasi tocchi con mano.
Antonello Saiz