«Sono un giornalista, e spesso i giornalisti cercano scampo nella cuccia tiepida dei luoghi comuni, ma non sono i soli. Così, al ritorno da quella incredibile festa mobile che fu il crollo del Muro di Berlino, e ancora scossi dall’agosto della Piazza Rossa e dalla caduta di Gorbačëv, fummo tutti informati della fine della storia, decretata da uno zelante studioso di Harvard e spacciata all’ingrosso sulle prime pagine di tutti i giornali del mondo.
La grande banalizzazione durò fino alle guerre balcaniche, dove la storia, tutt’altro che finita, si impennò in una stagione di sangue e sembrò dare inizio a una feroce età dei torbidi».
Questo è solo un piccolo passaggio del primo capitolo, “Diario d’inverno”, di un libro parecchio interessante, pubblicato nel 2018 dalla casa editrice Voland, e scritto dal giornalista Flavio Fusi. Il libro si intitola Cronache infedeli e, come libreria Diari di bordo, lo abbiamo scelto come libro del giorno in quella che è stata la Giornata internazionale del libro, il 23 Aprile, voluta dall’UNESCO per incentivare la lettura. Abbiamo scelto questo diario di viaggio che non è un romanzo, non è un reportage o un rapporto storico, ma appunto un genere “ibrido” con una scrittura meticcia. Si tratta del primo, e per ora unico, vero libro di un grande giornalista che ha trascorso una vita intera a documentare, con grande oggettività, crisi internazionali e mutamenti della Storia. Ci troviamo di fronte a vere e proprie “Cronache infedeli” costruite intorno a piccoli gesti umani, a disgregazioni e dolori e speranze all’ombra dei grandi cambiamenti di un mondo in tumulto. Flavio Fusi, originario di Massa Marittima, giornalista di lungo corso, ha imparato il mestiere alla vecchia scuola de l’Unità e poi inviato Rai in molte crisi internazionali, conduttore del Tg3 e poi corrispondente da New York e Buenos Aires, volto storico e capo della redazione esteri del servizio di informazione di Rai3, ha seguito avvenimenti storici come la caduta del muro di Berlino e il crollo delle Torri Gemelle. Nel 1994 fu lui ad annunciare in diretta e quasi in lacrime, l’assassinio di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin.
Avevamo ospitato nel maggio di due anni fa il giornalista in Libreria a Parma per la presentazione del volume e poi era ritornato alla Biblioteca Ilaria Alpi, un anno dopo, il 20 marzo 2019, in occasione proprio dei venticinque anni dalla morte della giornalista del Tg3 uccisa a Mogadiscio in Somalia insieme all’amico e operatore di Fusi nei reportage da Sarajevo. Un libro, questo pubblicato da Voland, fatto di voci e memorie, sogni e ricordi, in cui l’autore accompagna, ogni singolo lettore, tra gli eventi di un mondo che non si è voluto osservare troppo da vicino, un mondo che cambiava, un mondo che esplodeva e si disintegrava per poi generare nuove geografie e frontiere. Il giornalista, con questa pubblicazione, viene a raccontarci impressioni, atmosfere e vita delle persone incontrate nei luoghi lontani, diversi, in cui ha vissuto e da cui ha riportato notizie spesso storiche. Con una scrittura semplice e profonda, attraverso la sua penna felice, il giornalista di un tempo si trasforma in abile narratore e ci mostra fragili paesi che nascono, la stella di antiche nazioni che disintegra e intere comunità costrette a nuove peregrinazioni. La memoria personale diventa memoria collettiva nel racconto che fa Flavio Fusi nel riaccendere i riflettori sulla rivolta del Chiapas, sui Sandinisti e Somoza e il Nicaragua, sulla vittoria di Nelson Mandela, sui contrasti in Cecenia, sull’Argentina degli scomparsi e sulle vicende storiche e politiche di Cuba e dell’America Latina, sull’orrore di Sarajevo assediata, sul disorientamento di una generazione intera dopo la caduta del Muro di Berlino, sulla New York inginocchiata davanti alle rovine infuocate delle Twin Towers e sulla disgregazione dell’Impero sovietico Mosca. Il cronista di un tempo chiama a raccolta gli eventi ma questa volta si fa narratore per raccontare di voci e ricordi e attraverso le storie si finisce per raccontare la Storia, cercando di mettere ordine nel caos. Il cronista si fa testimone ed è come se di notte venissero a trovarlo in sogno gli spettri e le voci benevoli dei compagni che ha incontrato lungo i sentieri dell’Africa, nei villaggi massacrati dell’America Latina e dei Balcani, nelle province dell’Impero sovietico in agonia. Raccogliendo ricordi e testimonianze e sensazioni che si snodano lungo trent’anni, complice della grande Storia, Flavio Fusi finisce per raccontare, a modo suo, muri vecchi e nuovi, muri da tutte le parti, in ogni latitudine: Berlino, Palestina, Rio Grande.
Fusi finisce per raccontare frontiere che sono, irrimediabilmente, cambiate e uomini e donne che quel pezzo di storia narrata la hanno abitata. Il cronista, adesso, fa i conti con i ricordi e gli spettri dei personaggi incontrati, e il tema del libro diventa la Memoria e la sua importanza. Singole storie e luoghi e persone che diventano carne viva da non dimenticare, specie in tempo di revisionismi inquietanti. E se l’inviato di un tempo costruiva cronache che dovevano essere necessariamente frutto di verità fedeli, oggettive e sintetiche, qui ogni singolo accadimento e ricordo viene passato attraverso il filtro degli occhi e del cuore. Attraverso il filtro delle passioni e delle emozioni di chi è stato testimone. Tutto quello che un tempo rimaneva fuori dalla cronaca giornalista, qui diventa importante e fondamentale ai fini della narrazione. Lo sguardo del cronista, che ha osservato e raccontato i cambiamenti del mondo, cede il passo all’uomo e alla sua grande umanità del narratore capace di regalare al lettore ricordi e sogni vivi, ma pure quelli sfumati. Tutto questo ci offre Flavio Fusi nella lettura delle sue Cronache infedeli… e i lettori forti non possono fare a meno di leggerlo un libro così straordinario e letterario.
Antonello Saiz