Ho dormito con te tutta la notte è una poesia di Pablo Neruda che mi ha sempre restituito dolcezza sin dai primi versi…
«Tutta la notte ho dormito con te
vicino al mare nell’isola
Eri selvaggia e dolce
tra il piacere e il sonno
tra il fuoco e l’acqua…»
Vedere in fondo al tunnel, da una distanza irragionevole ma possibile, attraverso la dolcezza di una lettura. Di dolcezza abbiamo bisogno in questo difficile momento che stiamo vivendo. Dolcezza nei gesti, nelle azioni. Dolcezza nei riguardi degli altri, augurandoci, che presto si possa tornare a ricomporre tutto, se non come prima, quasi. Sarà complesso provare a ricomporre dopo una tragedia che ha devastato un intero paese e ha proprio allontanato l’idea dello stare insieme. Non sarà affatto facile ricomporre e ricostruire intorno a delle macerie. In questi giorni, noi dei Diari di bordo, avremmo dovuto trascorre insieme ai nostri lettori le magnifiche giornate del corso di scrittura, come ormai accade da tre anni, con Alessandro Raveggi. Tutto questo è saltato, ma per non perdere il contatto con i nostri lettori e amici, ci siamo inventati quello stesso corso ma in una modalità on line. Rivoluzionando tempi e modi, ci siamo cercati un modo per stare lo stesso dolcemente assieme, ognuno nelle sue abitazioni segregato. Ed è stato proprio mentre seguivo il corso che io sono andato a ripescare un titolo di qualche anno fa, Ho dormito con te tutta la notte di Cristiana Alicata pubblicato nel 2014 da Hacca Edizioni, una bella casa editrice nata nel 2008 e fondata attorno a un progetto di ricerca di autori italiani emergenti. Una bella storia di dolcezza e introspezione da riproporre perché adattissima a questi tempi. Una dolce storia di abbandoni e ritrovamenti ma soprattutto di ricomposizione nel ricordo. La voce narrante del libro compie un viaggio a ritroso nella storia di una famiglia che si è sfaldata e, in un certo senso, riassetta il suo equilibrio nel ricordo di tracce e brandelli di passato, nel ricordo di occasioni perdute e sensazioni passate. Si mettono assieme tanti pezzettini di un mosaico affettivo che alla fine servono a pacificare l’animo di fronte all’incognita del vivere presente. Tutto accade all’interno di un racconto delicato ed elegante, scritto con la grazia tutta speciale di una penna sincera. Parole di seta che si fanno carezza per raccontare il tormento di una donna in guerra contro il mondo. Una storia densa di poesia e emozioni e dove la scrittura intimista e femminile va a caccia di quel tempo che non torna più indietro e sempre con la paura addosso di potersi fermare accanto alla donna amata e ammettere il bisogno di dormire con lei tutta la notte. La vicenda è narrata in prima persona da una protagonista di cui non conosceremo mai il nome, e si snoda attraverso un andare indietro nel tempo a riordinare affetti, ricombinare visioni, ricostruire viaggi e amori mancati. Un andare tra i fantasmi della memoria, ma pure tra le tracce di assenze passate che tornano a farsi sentire. Si parte da un piccolo paese di provincia dove si è trasferita una famiglia composta da padre, madre e due figli piccoli. Ed è in questo luogo che muove i suoi passi nella quotidianità la ragazzina che va a scuola e ha due care amiche, Sabrina e Lucia, da cui è subito molto attratta, e pur nella loro diversità su queste due figure disegna i suoi successivi amori. E poi la separazione, lo strappo, l’ennesimo trasferimento, la malattia della madre, con la quale il rapporto è sempre stato impossibile, i tumulti e le contese del precario equilibrio affettivo col padre, la tenerezza del fratellino Giacomo col suo amico immaginario Johnny… Un romanzo di una dolcezza e una schiettezza disarmante dove ogni singolo personaggio appare nella sua cruda nudità, nella sua normalità fatta di piccole insicurezze e paure. Ognuno appare con il suo personale bagaglio di dubbi e attese, con il suo corredo di sentimenti ed emozioni. In un presente carico di incognite, la voce della protagonista trova il modo di rifugiarsi in quell’eldorado magnifico che è per molti l’infanzia. Infanzia a cui si ricorrere nel frangente di una vita insopportabile. L’infanzia si fa luogo dell’inconsapevolezza e dell’amore incondizionato. Luogo leggendario di pace e idilliaco per poter tornare a respirare. Luogo necessario dove rifugiarsi per non dover affrontare il presente e farsi compagnia e trarre forza anche dall’idea di essere stata una persona diversa. Luogo definito e riconosciuto. Posto e porto sicuro prima che si innescasse la serie di separazioni e abbandoni, di scomparse e spostamenti reali e no, di distanze da colmare.
Silenzi e immagini da quel luogo felice dell’infanzia che si fa adulta e mai trascorsa. Un romanzo, anche, sulla comprensione e sul perdono, possibili forse solo tornando con la mente a un luogo che appartiene al passato. Lo sguardo poetico e la dolcezza nel saper interrogare i gesti, nel voler interpretare a tutti i costi quel mondo infantile e misterioso fatto di ombre e segni. Alleviare il peso dei vincoli e le incognite del presente nel ricordo, sezionando il tempo fino a trovare le giuste collocazioni in cui riporre la malattia psichiatrica della madre, i contrasti col padre, i giochi con Sabrina e Lucia, Berlino, i viaggi e gli spostamenti per l’Italia, l’incontro con la ragazza lungo il fiume.
I ricordi lontani prendono il sopravvento sui giorni della quotidianità. E quei ricordi finiscono per irradiare di luce le immagini di una sé stessa nel presente, la sua ricerca dell’amore e pure la fatica per sopravvivere in quella quotidianità dove, con il passare degli anni, gli occhi sono diventati miopi. Un incontro sul Tevere segna un nuovo inizio, un altro punto d’osservazione da cui scrutare e vedere il mondo, seppure solo per una parentesi breve, perché, infondo, i fantasmi dei vecchi amori ritornano e possono essere nuove persone, nuove avventure, nuova vita…
«Le cose fragili sono trasparenti,
si vede tutto, si vede il buio».
Cristiana Alicata
Antonello Saiz