“Sembrava un bambino che vede per la prima volta la neve, ma è un uomo che la vede per l’ultima volta e lo sa.”
Il grande me, Anna Giurickovic Dato, Fazi Editore
In una serata all’insegna della sana autenticità su Book Advisor, con la scrittrice di origini catanesi Anna Giurickovic Dato, abbiamo parlato di dolore, perdite, assenze, desiderio di recuperare il tempo perduto e di morte.
Dopo tre anni dal suo romanzo d’esordio, La figlia femmina, tradotto all’estero in cinque paesi, tra cui Francia, Germania e Spagna, Anna Giurickovic Dato è tornata da pochi mesi in libreria con Il grande me, anch’esso edito da Fazi. Un romanzo di dolore e lutto, con una storia potente, a tratti feroce, dalla scrittura cruda e sincera, su una donna che si confronta con una grande perdita, quella del padre.
Inutile aggiungere che, per il mio personale percorso di dolore, sono stato folgorato dalla lettura di questo libro e ho cercato immediatamente Anna per parlare del libro. Folgorato perché per la prima volta in vita mia leggevo un libro capace di raccontare non l’elaborazione di un lutto dopo la morte, ma l’approccio alla morte prima che questa avvenisse.
La lettura, a inizio settembre, mi ha spiazzato, preso a schiaffi e risvegliato, portandomi su un percorso di ripresa che avevo interrotto e voluto anestetizzare. Ho deciso di far partire la diretta con Marcella Bella e Montagne verdi per un preciso riferimento a un passaggio del libro, poi con una poesia del danese Henrik Nordbrandt dal titolo Quando una persona muore.
Siamo partiti dal fare i conti col dolore di una grande perdita per raccontare questo romanzo che riesce a commuovere in maniera profonda, vera. Per noi dei “Diari”, che da anni collaboriamo a una rassegna come Il Rumore del Lutto, è stato naturale scegliere di amare questo libro che affronta una delle più grandi tematiche della letteratura, in maniera innovativa e senza tabù: l’approccio alla morte.
Al capezzale di Simone Capace, cui restano pochi mesi di vita per un improvviso tumore al pancreas, accorrono da Roma a Milano i figli Carla, Laura e Mario, dopo anni di lontananza seguiti alla separazione dalla madre.
Una famiglia intera destabilizzata dalla notizia di una fine imminente, da un periodo doloroso fatto di farmaci, visite mediche, terapie, controlli e dalla scoperta di un segreto mai sospettato. Per Carla è anche l’ultima occasione per recuperare il tempo perduto e innescare un dialogo con suo padre in cui riaffiorano ricordi di anni lontani e si ripercorrono le tappe della eccentrica quanto appassionata giovinezza di Simone.
Nei pochi momenti di lucidità, angosciato dal pensiero di aver fallito con i figli, ma pure di aver tradito quelle che erano le sue aspettative, con l’intenzione di rimediare a vecchi errori, confessa ai figli questo segreto di famiglia. Il racconto degli ultimi mesi di vita di un uomo, con il tempo dilatato della malattia e la quotidianità stravolta dalla confusione, diventa il punto focale del racconto. Vediamo un padre fortemente rispettato nel suo ruolo, ma mai autoritario: un uomo buono, assente prima e dolce e ingenuo durante la malattia, quando la lucidità spesso vacilla e chiede di essere accudito dai figli. Pur confondendo realtà e delirio, chiede la loro totale attenzione e viene assecondato in tutti i modi dai tre ragazzi, che non si scompongono più di tanto, neanche di fronte alla notizia dirompente del segreto di famiglia.
Ognuno affronta la malattia del padre a modo suo: Laura non si rassegna e vuol provare ogni cura nel tentativo di guadagnare qualche mese di vita; Mario è disposto ad assecondare ogni desiderio del padre; Carla vuole mostrarsi forte, ma ha il cuore mangiato dai cani per la consapevolezza di una fine vicina, perché l’ospedale è un luogo di terrore, perché le terapie devastanti sono inutili, perché la speranza di una guarigione è solo una menzogna priva di ragione.
La malattia richiede attenzioni e occupa le loro giornate. Iniziano, comunque, una ricerca della verità dai contorni sfocati come dai risvolti inaspettati e sorprendenti nel finale. Quel piccolo giallo, o mistero da risolvere, serve ai tre – soprattutto a Carla – per cercare di ricostruire al meglio la figura del padre. La piccola indagine è un inserto nella storia, utile come raccolta di testimonianze e memoria.
Inizia così una ricerca, anche interiore, in questo viaggio di accompagnamento alla morte. Essa porterà i figli a scontrarsi con una realtà ulteriore quanto dura, oltre che a fare i conti con la rabbia che la crudele attesa della fine genera. Soprattutto nel caso di Carla, che vediamo alle prese anche con situazioni estreme. Come nel confronto necessario con la figura del padre, che Carla è quasi costretta ad affrontare con tutta la forza a sua disposizione.
Nelle pagine del libro, emerge potente il ritratto del padre. C’è una forte componente autobiografica nella storia raccontata, ma non si tratta di un’autobiografia. Troviamo infatti tanta finzione narrativa accanto a vicende di vita vissuta, molto personali. Non è un mistero che proprio come il protagonista, il padre di Anna, il senatore Pietro Giurickovic, sia stato musicista, sessantottino, politico tra i fondatori di Alleanza democratica. Era un uomo che sognava di cambiare il mondo a inizio anni Novanta.
Nel libro vengono descritti fatti reali. Come quando, unico senatore lombardo nelle file progressiste, seppe dire no alle sirene di Silvio Berlusconi o quando, giovanissimo, si oppose all’ingresso di Marcella Bella come cantante nel suo gruppo. Vicende reali accanto alla fiction, per meglio raccontare l’ultima occasione che padre e figli hanno di parlarsi, prima che arrivi la morte a far fare i conti a ognuno con sé stesso e con i propri conflitti interiori.
Romanzo duro e implacabile, Il grande me porta a riflettere e a indagarsi. Racconta la storia di una famiglia stravolta dalla notizia di una fine imminente. Eppure questa storia dettata dal dolore, questa via crucis nello sconvolgimento della quotidianità, spinge anche il lettore, in una sfera di intimità emotiva, a riflettere sul valore del tempo, del poco tempo che abbiamo dedicato alle persone amate. Spinge il lettore a riflettere sulle mancanze, che solo la successiva ferocia dell’assenza ci restituisce. Spinge il lettore a porsi delle domande.
Storia di un addio dalla persona amata, che continuerà a vivere nel ricordo dei suoi cari. Perché il senso di tanto dolore, alla fine, è tutto là. Nella memoria.
Antonello Saiz