L’emergenza legata al coronavirus e le conseguenti limitazioni alle attività, messe in atto dalle direttive regionali, hanno avuto una subitanea ripercussione sulla nostra attività di librai. In questa cronaca non potrò fare riferimento a incontri o presentazioni avvenuti in libreria, essendo stati tutti annullati. La totale soppressione ci ha fortemente danneggiato dal punto di vista economico e messi in ginocchio: cancellato l’incontro con la casa editrice Wojtek e poi quello di caratura internazionale con Amélie Nothomb a Parma in esclusiva per presentare il suo Sete edito da Voland.
Per chi ogni giorno lavora per mantenere viva un’idea di cultura diffusa e dal basso, queste limitazioni hanno finito per incidere fortemente sullo spirito e l’entusiasmo. Ma dopo i primi momenti di confusione e incertezza è, poi, partita la voglia di reagire e inventarsi nuove possibilità. Da qui l’idea, ad esempio, di aderire al Decamerone 2020 su proposta delle colleghe libraie di Torino della Luna’s Torta: iniziativa per cui a partire da sabato 29 febbraio verranno pubblicati in rete per 10 giornate i video di oltre 120 lettori che leggeranno il Decamerone di Giovanni Boccaccio: organizzatori, librai, artisti, spettatori e fruitori provenienti da diverse città d’Italia. Ma anche l’idea di fare un contest fotografico con le foto dei libri di Amélie Nothomb e ancora l’idea, soprattutto, di fare dei continui appelli e richiami sui canali social, Facebook e Instagram e Twitter, per invitare i lettori a uscire e a passare in libreria anche per riscoprire grandi Autori classici. In momenti complessi come questi la Cultura e la Divulgazione non possono e non si devono fermare. Per sconfiggere qualsiasi paura diventa necessario leggere e scoprire nuovi e vecchi autori.
Nella nostra battaglia di resistenza e ripresa parto da un aneddoto. Sabato 29 febbraio avevamo una serata in libreria monotematica su Lev Tolstoj con le nostre amiche slaviste Maria Candida Ghidini e Giulia De Florio a partire dal libro uscito per i tipi di Diabasis intitolato Pensieri ultimi, parole penultime. Si tratta di una scelta di pensieri tratti dai Diari degli ultimi tre anni di vita, dal 1908 al 1910, molti inediti in Italia e in una nuova traduzione. La curatrice Maria Candida Ghidini, docente di letteratura russa all’Università di Parma già nota per i suoi studi su Dostoevskij e Tolstoj, ha privilegiato l’aspetto filosofico e meditativo dell’amplissimo corpus autobiografico tolstojano. Il volume, quattordicesimo della serie di classici dell’individualismo solidale, denominata leopardianamente La ginestra, è un librino che forse può accompagnare anche questo tempo folle e sconclusionato, richiamandoci all’essenziale. Diari che testimoniano la sua ricerca della ragione dell’essere: la vita che si rinnova incessantemente nell’amore, sostanza di tutto l’universo, non solo dell’uomo.
Nonostante l’evento annullato, da Parigi è venuto a trovarci, nel pomeriggio di sabato, lo scrittore Roberto Coaloa. Voleva fare una sorpresa a Maria Candida che proprio da noi ai Diari aveva presentato il libro di Roberto nel lontano 11 giugno del 2016 e dal titolo Lev Tolstoj. Il coraggio della Verità edito da Edizioni della Sera. Una biografia dello scrittore russo, tra molti testi inediti e il confronto con il più grande dei discepoli di Tolstoj, il Mahatma Gandhi, e con la prefazione di Goffredo Fofi. La biografia di Roberto Coaloa dedicata a Lev Tolstoj esplora la vita del grande scrittore russo, facendo emergere il pensatore, che fino alla morte compie una titanica riflessione sulla morale, la religione, l’arte, l’educazione e la politica.
Chiacchierando in libreria con Roberto e con una cara lettrice, Patrizia, che a quell’incontro del 2016 aveva partecipato, mi è venuto in mente un titolo sempre di Lev Tolstoj, Che fare, dunque?, appassionato e appassionante saggio politico e filosofico pubblicato per la prima volta nel 1886 e tornato in libreria nella collana di spiritualità Campo dei Fiori di Fazi Editore. Nel libro tutta una serie di eventi, a partire dalla terribile miseria metropolitana degli operai e dei senzatetto di Mosca, scuotono così profondamente lo scrittore russo da non poterlo lasciare indifferente dinnanzi a tanta miseria e per questo motivo una domanda lo tormenta. Cosa fare? Come fare a cambiare almeno in parte l’ordine delle cose?
“Che fare, dunque?” è stata la domanda che mi ha arrovellato in questi giorni in libreria. E la risposta me la ha suggerita Roberto Coaloa con la sua visita: REAGIRE. Sì, reagire anche proponendo ai lettori una riscoperta di scrittori classici come può essere Tolstoj. Che fare, dunque?, ad esempio, è un libro di grandissima attualità, sia quando parla di problemi morali o analizza le enormi diseguaglianze sociali, sia quando si occupa della vera natura della moneta e dei meccanismi dell’economia di mercato, ma soprattutto quando insiste sulla necessità imprescindibile di una rinascita spirituale dell’Occidente e dell’Oriente.
Lev Nikolàevič Tolstoj nasceva il 9 settembre 1828. Scrittore, filosofo ed educatore, è stato uno dei più grandi nomi della letteratura. La vita di Tolstoj non fu facile a causa dei continui tormenti interiori che l’autore aveva non solo con se stesso, ma anche con il mondo. Indubbiamente tutto ciò ha contribuito alla realizzazione delle sue opere tra cui le più famose. Tolstoj perse i genitori in tenera età, la madre a due anni e il padre pochi anni dopo. Venne infatti cresciuto da due zie molto religiose ed educato da due precettori. Anche la giovinezza non fu tutta rose e fiori. Dopo essersi iscritto alla facoltà di filosofia, dove superò tutti gli esami, si iscrisse a quella di giurisprudenza. Qui però, per via dello scarso profitto non riuscì a ottenere la laurea e decise di provvedere da sé alla propria istruzione, ma questa formazione da autodidatta gli provocò spesso un senso di disagio in società. Il nome di Tolstoj è legato soprattutto a suoi due romanzi più celebri: Anna Karenina e Guerra e pace. Vanno però menzionati altri romanzi e racconti importanti come I cosacchi, La tormenta, Resurrezione, Il diavolo, La confessione, Padre Sergij, Ivan lo scemo, Sonata a Kreutzer. Lev Tolstoj aveva 82 anni quando decise di fuggire dalla sua tenuta di Jasnaja Poljana, abbandonando moglie e famiglia (che mal digerivano le sue posizioni anarchiche e libertarie), per prendere un treno e andare a morire nella piccola stazione ferroviaria di Astapovo (che oggi porta il suo nome). Non è la prima volta nella storia della letteratura che la tarda età fa tornare bambini, anche se lo spirito di bambino, in Tolstoj, non si era mai assopito. Morì il 20 novembre 1910.
A proposito del grande scrittore russo, tra le novità della casa editrice Quodlibet, nella collana Compagnia Extra, è da pochissimo uscito Infanzia, Adolescenza, Giovinezza. Un giovane Tolstoj ci racconta l’infanzia di un nobile russo e la sua crescita, bellissimo nelle sue descrizioni, sentirete molto tutta letteratura russa che amate in questo libro. Infanzia è l’opera prima di Tolstoj, pubblicata nel 1852 sulla rivista Sovremennik quando aveva ventiquattro anni, a cui si aggiunge Adolescenza (1854) e Giovinezza (1857), che assieme a una quarta parte mai scritta dovevano costituire il libro Le quattro età dello sviluppo, che non andò però mai oltre Giovinezza, anch’essa peraltro incompiuta. Operetta meravigliosa di questo sommo scrittore russo, che racconta l’incanto della vita infantile, «un calmo e inavvertito trascorrere del tempo», come dirà lui stesso. Il racconto è in larga parte autobiografico, e in parte d’invenzione; il protagonista che narra in prima persona è anche un autoritratto, come lo saranno Pierre in Guerra e pace, o Levin in Anna Karenina. Il successo fu immediato, tale da collocare l’ancora anonimo Tolstoj tra i maggiori scrittori della Russia del tempo. Tra i motivi di questo riconoscimento, sta probabilmente il fatto che Infanzia non si presenta come le tante “memorie” spesso aprirono la carriera di tanti scrittori dell’Ottocento, ma come un vero e proprio romanzo nel quale è già presente e sviluppato il grande scrittore delle opere successive.
In libreria ai Diari si trova anche un romanzo che già solo per la copertina bella è un potente antivirus, La felicità domestica, sempre edito da Fazi e scritto nel 1859 da un Tolstoj trentaduenne. In queste pagine viene adottato il punto di vista di una donna. La felicità domestica è un romanzo breve dalla scrittura che racchiude tutto il fascino e lo stile di un epoca, l’Ottocento, ma che segna anche una tappa importante per la nascita della consapevolezza femminile in Europa. Nella traduzione magistrale di Clemente Rebora, il romanzo racconta, con grande finezza e attraverso uno sguardo molto moderno, le incomprensioni, le incrinature sempre più profonde nei rapporti coniugali e il loro sfociare nel distacco e nell’indifferenza reciproca.
Sapevate che c’è un libro di Lev Tolstoj anche nel catalogo dei nostri amici di Edizioni Clichy? Si intitola Ivan lo scemo ed è a cura di Alberto Schiavone. Una delle grandi “fiabe” di Tolstoj: lo Scemo è un uomo sfortunato, un diseredato che occupa il gradino più basso della scala sociale. Pacifista e anarchico di ispirazione cristiana, Lev Tolstoj tratterrà la sua frustrazione fino alla fine, trovando nella fuga finale e disperata il suggello ideale agli ultimi anni da emarginato di lusso, adorato dal mondo, combattuto in patria dalle istituzioni dominanti, ma amato dal popolo. Proprio dal popolo Tolstoj trasse quel linguaggio che fa di Ivan lo scemo una fiaba popolare, sia nella sua struttura, quanto mai semplice e ridondante, che nella lingua. Una delle grandi “fiabe” di Tolstoj: tutti ridono dello Scemo, lo strapazzano, lo picchiano per le cose strampalate che la sua dabbenaggine lo porta a fare. Ma la sorte lo prende in simpatia, ed egli diventerà vincitore.
A questo periodo complesso di crisi e paura deve corrispondere una rinascita forte e determinata che passi dalla Cultura e dalla conoscenza e anche dalla riscoperta di un classico, come il caro vecchio Lev Tolstoj.
Antonello Saiz