Quella dei Sex Pistols è stata e, considerando la longevità della loro “lezione”, continua ad essere un’epopea che merita e continuerà a meritare ancora per molto tempo ancora tutto l’interesse e la grande quantità di approfondimenti che da tanti anni a questa parte il mondo dell’editoria del settore (e non solo) provvede a tributargli.
Il perché, anche per chi non li ama alla follia, è piuttosto facile (e accettabile) da capire: stiamo parlando non soltanto dell’”istituzione” punk per eccellenza, tanto in ambito musicale (al di là di quello che potranno obiettare alcuni “specialisti-puristi” del genere) quanto a livello di costume, ma di una congrega di individui che hanno, niente di meno, tracciato una linea netta, profonda come un fossato nel mondo delle sette note e non solo. C’è un pre-Sex Pistols e un post-Sex Pistols, e penso che su questo, al netto delle preferenze di ciascun appassionato, ci sia poco da discutere, tanto più che anche molti loro illustri colleghi (per non parlare di una pletora sterminata di critici e presunti tali) dopo averli inizialmente snobbati, se non apertamente derisi, sono stati costretti con il passare delle stagioni a tributargli il giusto encomio e a riconoscerne l’enorme impatto sulla cultura di massa dai tardi anni Settanta del secolo scorso fino ai giorni nostri. E proprio su quest’ultimo aspetto molto spesso, e giustamente, si “batte” quando devono essere ripescati per l’ennesima volta aneddoti e curiosità riguardanti questa picaresca ciurma, ‘ché la loro capacità di saper anticipare i tempi e, anzi, di saperli in qualche modo proprio definire attraverso la loro (anti) arte e attraverso la loro (anti) etica non si è certo esaurita.
Questa volta tocca ad un’interessante e agile opera edita dalla Diarkos, “Sex Pistols. Dio salvi la Regina (e il punk)” (2023, pp. 220, € 18) di Antonio Bacciocchi, che molti appassionati di musica alternativa italiana conosceranno per essere un’autentica colonna portante del movimento con i suoi Not Moving, nonché un infaticabile agitatore della scena grazie al suo curato e aggiornatissimo blog, nonché all’ormai lunga militanza nel giornalismo musicale, che lo ha visto collaborare con innumerevoli testate tra le quali ricordiamo “Classic Rock” e “Il Manifesto”.
Dopo una rapida carrellata in aperura dei protagonisti della leggendaria stagione delle Pistole Sexy (che comprende, oltre ai componenti della band, anche i celeri profili dei “membri aggiunti” Malcolm McLaren, Vivien Westwood, Nancy Spungen e di alcuni appartenenti al famigerato Bromley Contingent, il primo zoccolo duro di fan londinesi), Bacciocchi ci propone un sintetico per quanto molto accurato resoconto dei ventisei mesi di vita del combo capitanato da John Lydon (novembre 1975 – gennaio 1978), che costituisce un utile fonte di “ripasso” per gli amanti della materia e un perfetto prontuario per il neofita, tanto più che in poche pagine dice davvero tutto quello che c’è da sapere sullo svolgimento delle vicende musicali e non, consentendo dunque di non dover rimettere mano ad altri libri ben più ponderosi per mantenere viva la memoria o per documentarsi.
A seguire, il libro collaziona una serie di articoli (e qualche recensione) dedicati dalla stampa estera e nostrana alla band, la cui lettura, interessantissima, aiuta a farsi un’idea chiara delle proporzioni che, nonostante la brevità della loro carriera, assunse il “fenomeno” da essa creato. Particolarmente intriganti risultano gli scritti riguardanti l’attività on the road di Lydon e compagni, le cui performance, per quanto esigue a livello numerico (perlomeno per quanto concerne la prima, originale incarnazione del gruppo), si rivelarono sempre dei veri e propri “terremoti”, generando disordine e scandalo in ogni angolo dell’Inghilterra e dell’Europa, facendo continuo proselitismo tra i ragazzi disposti a scommettere la propria vita nell’avventura musicale (Joy Division, Smiths, Buzzcocks, tanto per citarne alcuni) e rinfocolando anche nella più periferica città in cui si esibirono il mito della loro proverbiale intemperanza, della loro irriducibile particolarità. Più in generale, piace constatare, fin dall’inizio della loro avventura, la percezione mai neutra, mai banale rivoltagli dalla stampa specializzata e non, che gli dichiarò amore puro e altrettanto puro odio senza mai mezze misure, a testimonianza di una proposta, musicale ideologica e di appeal, mai, mai di comodo.
L’opera si chiude con brevi dichiarazioni sui Sex Pistols rilasciate nel corso degli anni da alcuni loro illustri colleghi, anche in questo caso caratterizzate da opinioni sempre molto viscerali, a dir poco “di pancia”. Ovviamente chi vi scrive si guarda bene dal rivelarvi di chi siano per non rovinare il piacere della scoperta!
Insomma, riassumendo, una pubblicazione che per capacità sintetica e, nello stesso tempo, per ricchezza di informazioni ci sentiamo assolutamente di consigliare.
Domenico Paris