Non è da tutti narrare in modo romanzato il secolo splendido del Rinascimento, di Michelangelo, Leonardo, Raffaello, con sicuri effetti scenografici e il giusto misurato pathos che l’impresa richiede. Vi sta riuscendo magistralmente Antonio Forcellino con la sua trilogia edita da HarperCollins, ora al secondo volume “Il colosso di marmo” da cui promana tutto l’ardore di quel genio inquieto di Michelangelo. Forcellino è difatti uno massimi studiosi del Rinascimento e ha realizzato restauri di opere di grande valore, come il Mosè di Michelangelo e l’arco di Traiano. Alle sue doti di architetto unisce un’inusuale tecnica narrativa che ne fa un romanziere di eccezione, con occhio vigile rivolto ai contesti storici, alle tecniche e ai materiali, alle radici psicologiche e biografiche dei grandi capolavori. L’impresa letteraria di 554 pagine, dense di storia e di psicologia, ha un impatto emotivo che arriva ad effetto, trascinando il lettore dentro il secolo delle meraviglie rinascimentali con la sua storia di intrighi di palazzo e di Chiesa, in cui si stagliano dritte figure come quelle di Michelangelo alle prese con un enorme blocco di marmo che giace tra rovi. Siano nell’anno 1500 e da quel blocco per via di sottrazione nascerà il giovane David che si accinge a combattere contro Golia da erigere nella storica piazza fiorentina della Signoria per persuadere i cittadini che il nemico Cesare Borgia può essere annientato e che, così come è stato, Firenze rimarrà fiera della sua grandezza e potenza indomita. Infatti, come noto, Cesare Borgia ha mire spregiudicate sull’intero regno, ma l’arte di Michelangelo tutto plasma e vince, tirando fuori della materia lo spirito vitale. “Michelangelo guardava il gigantesco blocco di marmo bianco adagiato nell’erba, che vi si arrampicava sopra nascondendolo in parte. In silenzio cominciò a girargli intorno strappando con le mani i rovi che lo assediavano. Staccava le fronde incurante delle spine, i suoi palmi erano ricoperti da un callo nodoso che li rendeva insensibile ai graffi. L’inverno aveva tolto le foglie dai rami e solo le bacche di rosa canina resistevano punteggiando la pietra bianca”. Ecco, come la storia di un blocco di marmo può diventare potente letteratura, aprendoci ad una disamina psicologica di quel brivido intenso che solo un genio può provare di fronte ad una materia grezza, prefigurandone gli esiti artistici; l’andamento misurato dell’opera ci dà modo di cogliere tutti i battiti del cuore di quell’anno 1500 che non fu meno vario e memorabile del precedente, secondo la testimonianza di Francesco Guicciardini. Qui entrano in gioco dinamiche di potere che hanno segnato la storia; qui si distingue il talento dell’illuminato segretario della Repubblica fiorentina, Niccolò Machiavelli, ma l’arte può più del denaro; e lo vediamo dinanzi gli occhi, lo sentiamo nelle vene l’ardore di Michelangelo e la commozione legata alla consapevolezza di poter ribaltare le sorti della Repubblica grazie al suo genio: “Michelangelo continuava a fissare il marmo, estasiato, accarezzandolo con gli occhi”. Appare allora il segretario Machiavelli. Michelangelo alzò la testa e fissò il volto affilato che lo scrutava. “La Repubblica si interessa di questo blocco di marmo?” Chiese. “Questi sono tempi in cui la Repubblica si interessa anche delle foglie che cadono dagli alberi. Michelangelo, il parlar chiaro è fatto per gli amici, e tu sei un amico. I Buonarroti servono Firenze da due secoli e non possono non avere a cuore la libertà della propria città” replico Machiavelli……. “Va bene. Accetto. Portatemi il blocco di marmo all’interno dello stanzone” disse Buonarroti…. Machiavelli assentì con la testa. Non si era, quel ragazzo era l’uomo giusto per la Repubblica.
Così comincia la bellissima avventura del colosso di marmo che ci guida con animo febbrile ed attento nelle botteghe degli artisti e nelle alcove dei potenti, aprendoci con disinvoltura e levità a conoscere i segreti di alcune tra le opere d’arte che nulla e nessuno potrà cancellare.
Un libro consigliatissimo, approfondimento di un mondo fervido di spunti culturali, segnato dalla ambiguità del potere di ieri e di sempre.