Chi è davvero l’uomo Antonio Moresco? Perché ha scritto in silenzio – per 38 anni – e solo dopo questo lungo ed estenuante apprendistato è apparso sulla scena letteraria, pubblicando libri di riconosciuto valore letterario? Viaggia nel tempo Moresco? Se sì, per caso è compagno di ventura del famigerato John Titor? Vengono in mente queste e molte altre domande, leggendo l’ultimo libro di Moresco pubblicato dalla casa editrice di Pomigliano D’Arco Wojtek Edizioni. Perché il percorso di questo apprezzato autore ha a che fare con l’incredibile vita da lui vissuta, ovvero parte della materia atomica di cui sono fatte le sue storie. Il testo in questione, “Diario del caos”, non è solo un libro, è un biglietto utile a salire su un mezzo a energia letteraria, che conduce nel passato (e talvolta nel futuro) del percorso autoriale di questo Scrittore sincero e coraggioso. Su Antonio Moresco, nel tempo, è stato detto e scritto di tutto.
Definito talvolta Geniale Scrittore di un’altra epoca (futura, probabilmente), talaltra autore immondo che doveva tornare nella cripta di anonimato in cui era stato recluso per lunghi anni, prima del suo silenzioso esordio letterario. Per quanto mi riguarda, io, mi sono sempre fidato del Moresco uomo e scrittore (a mio avviso entità, in questo caso, strettamente connesse se non indissolubili), fin da quando ho letto i primi frammenti di Canti del Caos (mi riferisco al primo volume nell’edizione pubblicata da Feltrinelli), testo che ho scoperto grazie allo scrittore di Pomigliano D’Arco Salvatore Toscano. Toscano, nella sua prima vita da profondo lettore, ha seguito Moresco in ogni sua fase creativa e ha portato in giro i suoi testi, per diffondere la poetica di Moresco e farlo conoscere a molti, quando il grosso dei lettori ignorava vita (tumultuosa) e opere (meditate, ma ancora inedite) di uno scrittore italiano che sarebbe diventato – negli anni a venire – un autore da canone letterario (nella piena inconsapevolezza, ovvero facendo letteratura senza sapere dove lo stesse portando quella decisione). Salvatore Toscano era mosso solo dalla pura passione letteraria. La stessa che lo ha animato negli ultimi tempi, quando ha deciso di intervistare Moresco, per trarne materia che l’autore stesso del Diario ha deciso di includere nel libro. Alcune righe fa parlavo di viaggi nel tempo: c’è una ragione precisa, definita e che voglio condividere con chi mi legge. Io ho incontrato Antonio Moresco, di persona intendo, in varie fasi della mia vita.
Quando abitavo a Torino (2003), quando mi sono trasferito a Roma (2008) e quando lui è venuto fino a Caserta per presentare un suo libro (2012). Ad ogni incontro con Antonio, di conversazione in conversazione tenuta con lui, scoprivo qualcosa che ci accomunava in quanto uomini destinati a lavori precari e duri, fatiche disumane che nella vita nessun individuo oserebbe mai immaginare quale parte del proprio percorso di vita. Quando abitavo a Torino, ed ero portiere notturno a Moncalieri, Moresco mi raccontava del suo essere stato portiere notturno in un condominio borghese milanese, molti anni prima del nostro incontro. E nel raccontarmi delle sue disavventure mi invitava a resistere, a non mollare, a prendere nota degli incontri tragici e comici che si fanno svolgendo certi lavori pur di sbarcare il lunario. Anni dopo, quando ormai ero diventato un commesso di libreria, Antonio mi invitava a non dimenticare i lavori svolti (il cameriere, lo strillone di giornali ai semafori, l’edicolante, il lavapiatti, il magazziniere e tanti altri) perché in quei lavori c’era parte del mio percorso umano, un vissuto che mi aveva portato secondo lui – anche – a scoprire i libri, fino a ritrovarmi affezionato in modo fedele a quelle creature di carta e inchiostro che lasciandosi leggere mi parlavano, col fine di indicarmi una rotta utile a vivere. Antonio Moresco è stato per me esempio e uomo da imitare, per la sua profonda tenacia nei confronti di una vita a dir poco scostumata. Del resto, a dirla tutta, questa sua idea – tenere traccia e memoria delle vite passate della propria persona e della gente incontrata in un arco di vita – a me sembra essere il filo conduttore dell’intero Diario del caos. Un libro in cui Moresco, in modo peculiare e minuzioso, ha mostrato sulla pagina quei materiali conservati su frammenti di carta (dispersi e ritrovati, odiati e amati) che raccoglievano appunti e spunti embrionali delle sue storie, quelle che portava nella mente e nel cuore prima che diventassero fuoco vivo per le corpose narrazioni che poi userà attivamente in forma scritta, fino a farne letteratura cartacea di riconosciuto valore filosofico e narrativo. Non ho la fortuna di poter contattare Moresco, non ho né la sua mail né il suo numero di telefono e lui non frequenta in alcun modo i social, ma quando mi mancano le conversazioni avute con lui provo a entrare in contatto con questo caparbio scrittore, lasciandomi avvolgere da quei momenti narrativi di potentissima forza moreschiana. Lo faccio leggendo e rileggendo la sua opera letteraria. Eppure, per affrontare i suoi testi, c’era bisogno di una chiave interpretativa che nel tempo era mancata.
Un libro delle origini e fonte di tutto quel vivere e scrivere. Libro che ora è a disposizione di tutti i lettori di Moresco, nuovi e vecchi. Perché questo diario, coraggiosamente pubblicato dalla Wojtek Edizioni, è proprio quel biglietto necessario per compiere un viaggio nel tempo: tra le sue pagine vi è condensata la Storia (le storie) di un uomo che ha fatto dello scrivere una ragione di vita essenziale e straordinaria. Un inventore di mondi che ha creduto, sempre e solo, nella parola scritta come un predicatore vero crederebbe nella sua fede. Bisogna dare atto a Moresco che questo atto di fede assoluto ha avuto luogo anche quando il suo percorso umano e autoriale sembrava condurlo verso un’esistenza sconosciuta, se non addirittura cieca, rispetto al futuro dell’orizzonte degli eventi esistenziali. In definitiva: questo piccolo libro è un documento che aiuta ogni lettore a compiere un viaggiare nel tempo, ma è – soprattutto – una porta di accesso all’intera opera-mondo creata da Moresco. Inoltre l’intervista contenuta alla fine del libro ha un prezioso valore dalla duplica consistenza: documentaristica e filologica. Solo un grande conoscitore dell’opera di Moresco poteva osare intervistare un autore tanto grande quanto importante. Intervista da cui affiora la grandezza di Moresco, che come un corpo celeste che emana luce attraverso le ere, continuerà a brillare nel firmamento della letteratura immortale. Evento scatenante, quest’ultimo, che realizza così, pienamente, il tentativo concreto e finalmente riuscito, di “Andare verso una forte rottura linguistica, stilistica, scoprire come avrei voluto scrivere da tempo, senza saperlo.”
Leggere (tutto Moresco) per credere.
Mario Schiavone
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Antonio Moresco
Diario del caos
Wojtek edizioni
16 euro
161 pagine