Seminali come pochi altri gruppi in circolazione, i Misfits, nel corso di una carriera che, tra alti e bassi, cambi continui di line up, feroci split e acclamate quanto insperate reunion va avanti ormai da quasi mezzo secolo, hanno senza dubbio imposto il loro marchio d’autore nel panorama internazionale della musica “dura”, venendo riconosciuti come imprescindibile fonte di ispirazione da un numero pressoché infinito di colleghi e generando quello che, a tutti gli effetti, può essere ritenuto come uno dei culti più autentici e ben invecchiati nella storia delle sette note. Merito, è vero, di un particolare e personalissimo concept visivo introiettato e, spesso, spudoratamente plagiato da tante altre band, ma anche e soprattutto di un percorso creativo che ha vissuto il suo massimo periodo di fulgore nei primi (scarsi) sei anni di vita del combo di Lodi, quello che oggi viene definito come la cosiddetta “Danzig-era”. Ed è proprio su tale arco temporale che si concentra principalmente quest’ottimo “Beware! L’epopea Horror Punk dei Misfits dalle origini a Static Age” di Antonio Zuccaro (Tsunami Edizioni, Gli Uragani, pp 359, € 25), un libro in cui, è bene sottolinearlo subito, il trasporto emotivo del fan trova fin dalle prime battute un giusto, necessario bilanciamento nel rigore di una ricostruzione storica davvero non banale: l’autore, infatti, grazie ad un certosino lavoro di ricerca e di verifica delle tantissime e disparate fonti (molte delle quali, la maggior parte, ricavabili soltanto nel complesso mare magnum della rete) non si limita soltanto a fornire un esaustivo profilo biografico degli autori di Walk among us (tutto sommato e al netto di tante “leggende”, ormai già patrimonio consolidato per quegli appassionati che si sono presi la briga di praticare con costanza internet negli ultimi tre o quattro lustri), ma ha il grande merito di affrontare, razionalizzare e cronicizzare la loro vastissima discografia, composta sì da pochi ellepì, ma a dir poco strabordante di singoli e altre varie pubblicazioni su scala ridotta (spesso anche in diverse, contemporanee edizioni), che nel corso del tempo sono diventate tra le “prede” più ambite del collezionismo musicale, raggiungendo valutazioni astronomiche e assumendo un’aura quasi mitica.
Un lavoro molto importante questo di Zuccaro anche per comprendere meglio il particolare modus operandi dei padri del cosiddetto “horror punk”, i quali, fedeli a certa etica do it yourself del periodo ma anche, fin da subito, a dir poco refrattari a certi diktat imposti dal mercato, scelsero di seguire una propria personale e, non di rado, problematica strada nella “giungla” discografica dell’epoca, costruendo invece la propria minacciosa leggenda grazie principalmente ai loro (spesso) sensazionali live act, in cui manifestavano un’attitudine divenuta proverbiale e in grado di trasformarli in una sorta di fenomeno underground (almeno in un primo momento) dalla presa irresistibile. Risultato, ça va sans dire, conseguito grazie anche alle a dir poco complesse personalità che caratterizzavano (e che ancora caratterizzano) il sodalizio, a partire naturalmente da quella dell’istrionico leader della prima ora, quel Glenn Danzig a cui si deve massimamente l’originalità della loro proposta ma che viene riconosciuto ancora oggi come una delle figure più controverse e difficili da digerire nell’intero panorama del rock. Anche in questo caso, Zuccaro centra il non facile obiettivo di restituire al lettore un’idea piuttosto definita e articolata dei vari clash (verbali, ideologici e legali) che, nel corso di ormai tanto tempo, hanno fatto sì che i “Disadattati” (come imporrebbe una traduzione all’impronta del loro nome) si rivelassero per l’esplosiva entità che effettivamente sono e che fin da subito è stata in grado di mettere in campo un’energia compositiva differente dalle band coeve.
Piace infine sottolineare la ricca appendice che correda l’opera dopo l’esaustiva trattazione di cui si è detto poc’anzi, nella quale l’autore, sempre conducendo un approfondito studio delle fonti, licenzia una gran quantità di schede biografiche di tutti quei gruppi (perlomeno fin dove è stato possibile recuperare parametri identificativi) che hanno incrociato la strada dei Misfits tra il 1977 e il 1983, creando una sorta di utile Bignami della scena di riferimento dei tempi, visto che gli alfieri del Crimson Ghost (la loro famosissima mascotte, immortalata in tante foto e in tanti film, ma soprattutto ritratta sui giubbini di pelle o di jeans di milioni di ragazzi in ogni angolo del globo) hanno avuto modo di suonare davvero con tantissimi colleghi eccellenti, a maggior gloria, verrebbe da dire, del loro già eccezionale curriculum.
Amici appassionati, non lasciatevelo scappare!