In pochi in Italia conoscono Louis-Ferdinand Céline come Stefano Lanuzza, il quale ha dedicato alla figura dello scrittore “maledetto” ben otto libri (due dei quali con Marco Fagioli), tra cui il primo, indimenticabile Maledetto Céline (appunto) apparso nel 2010 per Stampa Alternativa. Argotier. Louis-Ferdinand Céline, l’argot, il Novecento (Jouvence 2018) è l’ottava tappa delle ricerche del critico sullo scrittore francese, indispensabile per arginare la damnatio memoriae che continua a dipingere Céline come un collaborazionista al soldo dei nazisti, così come insinuato da Sartre e da tutti quegli intellettuali che cercarono in lui il perfetto capro espiatorio contro cui combattere le colpe comuni (ultimi nella lista la storica Annick Duraffour e il sociologo Pierre-André Taguieff che nel loro Céline, la race, le Juif. Légende littéraire et verité historique del 2017 “inquisiscono” Céline scambiandolo per ideologo. Argotier, infatti, non è solo un libro che apre nuovi orizzonti di ricerca (potenzialmente infinita) sulla rivoluzione linguistica apportata da Céline – degno di nota in particolare l’ultimo capitolo “Lessico dell’argotier”, in cui Lanuzza traduce in italiano e spiega alcuni neologismi dell’intraducibile argot celiniano –, ma soprattutto il tentativo di incarnare una delle maggiori opere letterarie del Novecento nella realtà storica, una delle più controverse e contraddittorie mai esistite. Contraddittorio come fu l’uomo Céline, antisemita (solo de plume) conclamato (caduto nella semplificatoria e assurda riduzione ebrei = capitalismo) che si definiva però comunista “in ogni fibra” (e non certo à la Stalin), ma che, nonostante le calunnie, non fu mai minimamente coinvolto, e né avrebbe voluto esserlo, nelle atrocità naziste. L’anarco-individualismo nichilista di Céline, la sua protesta contro le brutture del mondo esemplificate dalla guerra, passa attraverso un’aggressività linguistica e poetica che va letta, appunto, in chiave poetica, sia nelle opere più propriamente letterarie sia nei pamphlet che tanto hanno fatto discutere. L’utilizzo dell’argot (fenomeno letterario e prodotto sociale, come spiega Hugo) non è mai casuale, ma tutto volto a “esprimere i veri sentimenti della miseria”, dalla cui parte Céline si è sempre schierato. Tuttavia, il prezzo di questa libertà espressiva Céline lo ha ampliamente pagato in vita (tra fuga, condanna e incarcerazione). Ecco perché è importante, o perlomeno sensato, non scindere in questo caso opera e uomo. Al netto delle sue vicende esistenziali, l’opera di Céline conserverà sempre il suo inestimabile valore letterario, è vero, eppure il libro di Lanuzza, per il semplice e indomabile amore per la verità che lo guida, appare oggi più che mai necessario.