Lo scarabeo nel formicaio dei fratelli russi Arkadij e Boris Strugackij viene pubblicato per la prima volta nel dicembre 1979 ed è un romanzo di fantascienza con il ritmo inaspettato del genere poliziesco. Siamo nel giugno 2178 e in cinque giorni Maksim Kammerer, collaboratore del Comcon, Commissione di Controllo, su ordine del direttore del Comcon Rudolf Sikorski, soprannominato Sua Eccellenza, dovrà rintracciare Lev Abalkin, proveniente dal pianeta Sarakš che, giunto sulla Terra senza autorizzazione e senza essersi lì registrato, ha fatto perdere le sue tracce. E Maksim dovrà cercarlo con la massima discrezione e tempestività, tanto che, quest’urgenza e l’atteggiamento enigmatico da parte di Sua Eccellenza sulle reali motivazioni di questa caccia all’uomo, faranno nascere il lui dubbi sul vero obiettivo della sua ricerca: chi è davvero Lev Abalkin e perché potrebbe essere pericoloso per l’intera umanità?
Il fuggitivo, si verrà a scoprire, è uno dei tredici “trovatelli”, ossia nato da una delle tredici ovocellule rinvenute per caso in un sarcofago-incubatrice in un lontano pianeta quarant’anni prima e Sua Eccellenza lo sta monitorando fin dalla sua nascita seguendo anno per anno la sua crescita e tutte le sue vicissitudini. Queste ovocellule sono state abbandonate dai Viandanti, esseri superiori che vagano trai pianeti ma di cui non è rivelata la missione: nessuno può sapere se siano alleati o nemici dei terrestri.
Abalkin da adulto è diventato un progressore, uno specialista per l’evoluzione delle razze aliene più arretrate che garantisce al contempo la sicurezza dell’Umanità nei rapporti con razze extraterrestri, ma è stato obbligato a questa professione contro la sua volontà. La sua indole e il suo amore profondo per la natura, infatti, lo avrebbero portato a essere uno zoopsicologo sulla Terra mentre, in qualità di progressore, ha dovuto partecipare a missioni su pianeti molto lontani.
“Lui aveva anche molte altre cose sue. Tutto il bosco intorno al convitto era suo. Ogni uccello del bosco, ogni scoiattolo, ogni rana del fossato. Dettava legge ai serpenti, dava inizio e metteva fine alle guerre fra le formiche, sapeva curare i cervi”
Con un ritmo avvincente delle pagine, importanti sono gli argomenti proposti, argomenti del tutto attuali anche per il lettore dei nostri giorni. Per esempio, far sì che egli abbia un proprio approccio morale nel domandarsi quale sia il perimetro che la sperimentazione scientifica non dovrebbe mai varcare, ossia il limite del diritto incondizionato che gli scienziati assurgono a loro nel condurre continue e le più svariate ricerche sull’essere umano in nome del progresso scientifico. E a seguire, se sia da considerarsi pregevole la condivisione con la comunità tutta delle scoperte perseguite nel tempo.
Rilevante anche il tema della drammaticità delle mutazioni genetiche causate da una guerra in cui sono state utilizzate sostanze radioattive, e rappresentate dai personaggi dei Testoni che, simili ai cani ma derivanti da una società non umanoide, hanno subito metamorfosi a seguito di una guerra in cui sono state usate sostanze radioattive: hanno la testa prominente, fiuto e udito molto affinati e dialogano con l’uomo.
Il riuscire a identificare e chiarire il ruolo del personaggio Abalkin è di certo il punto focale del romanzo e non verrà svelato neanche dopo il suo ritrovamento. Lui potrebbe essere un autonoma appositamente creato dai Viandanti per mettere in serio pericolo la Terra con i suoi abitanti, ed è per questo che sta facendo perdere le sue tracce, oppure rivelarsi un essere umano innocuo al quale, per ordini superiori, è stato proibito di seguire le proprie aspirazioni con la conseguenza di avergli creato disordine interiore e provocato un esaurimento nervoso, da cui deriva la sua necessità di fuggire. Metaforicamente, in quest’ultima ipotesi, rappresenterebbe uno scarabeo nel formicaio che porterà molto scompiglio alla società delle formiche ma non farà loro danni. (Da notare che gli autori seppur non manifestando nitidamente nel finale la loro idea a riguardo – motivo per cui si arriverà a un finale aperto del romanzo – fanno sì che il titolo scelto per l’opera sia, senza titubanza alcuna, Lo scarabeo nel formicaio)
E non identificando la sua missione di vita, sorge spontanea un’altra riflessione che il personaggio di Maksim farà propria quando finalmente ritroverà Abalkin: non saprà se potrà fidarsi della propria esperienza personale e della propria filosofia di vita per avvicinarglisi e valutarlo, e capire finalmente la sua vera identità, o quanto invece il suo giudizio potrà essere contaminato dalle esperienze e dal volere dell’organo di controllo superiore a cui deve riferire: siamo quindi davvero liberi nei nostri giudizi e nelle valutazioni di tutto ciò che ci circonda?
Il finale volutamente non dà le risposte che cerchiamo e che vorremmo leggere, e non vuole optare per una soluzione perentoria perché, qualsiasi sia la risposta che il lettore farà sua, essa porterà comunque a un finale drammatico per l’essere umano: se Abalkin è un robot allora l’umanità è totalmente sconfitta e il Mondo per come lo conosciamo con la peculiarità dei suoi abitanti non esiste già più; se invece lui è a pieno titolo un essere umano, la sua sottomissione a ingiusti e frustranti ordini superiori l’ha portato ad annientarsi e a perire per l’insopportabile malessere interiore che in lui si è generato.
“Uno scarabeo nel formicaio… Ah, come sarebbe bello! Che voglia di crederci! Persone intelligenti, per pura curiosità scientifica, hanno introdotto uno scarabeo nel formicaio e con grande diligenza registrano tutte le sfumature della psicologia delle formiche, tutti i particolari della loro organizzazione sociale. E le formiche sono spaventate a morte, le formiche corrono di qua e di là, sono preoccupate, sono pronte a dare la vita per il formicaio natio, e non si rendono conto, poveracce, che lo scarabeo alla fine striscerà fuori dal formicaio e riprenderà la sua strada, senza aver fatto il minimo danno. (..) Ma se non si trattasse di uno scarabeo nel formicaio? Se si trattasse invece di una volpe nel pollaio? Lo sai, Mak, che significa una volpe nel pollaio?”
Chiara Gilardi
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Arkadij e Boris Strugackij, Lo scarabeo nel formicaio, Carbonio Editore, traduzione di Claudia Scandura, pp. 256, € 18,50, eBook € 9