«Là fuori è meglio che non sappiano di noi».
S. Hawking
«In quella che chi ne abusa ama chiamare Vita Reale, l’Evasione è chiaramente, di regola, molto positiva e può persino essere eroica».
J. R. R. Tolkien
«Le loro insegne brillavano livide alla luce stridente di lampade racchiuse in vetro blindato».
B. Sterling, Noi la pensiamo diversamente
Venticinque anni fa mi capitò tra le mani Two Years before the Mast (Due anni a prora), uno splendido libro dell’americano Richard Henry Dana Jr. (Cambridge, 1º agosto 1815 – Roma, 6 gennaio 1882), che mi aprì le porte al mondo delle baleniere, dei viaggi oceanici, e preparò in me il passaggio a quell’eterno capolavoro di Herman Melville che è Moby Dick. Questo straordinario scrittore instillò nella mia testa un’espressione che si è depositata e che è ancora viva dopo tanti anni, un’espressione essenziale di un concetto di bellezza, che i marinai usano quando vedono le vele gonfiarsi senza alcun fremito alla superficie dei teli, né balbettio agli estremi orli: «Come lavorano tranquille! Oh come lavorano tranquille!».
Questo stupore, oggi si è nuovamente innescato di fronte a una pila di libri che sono davanti ai miei occhi e che sono la materia dei miei sogni.
La Mondadori, nella collana Oscar Draghi Urania, presenta i Racconti di Arthur C. Clarke, e ci preannuncia l’uscita dei volumi Esperimenti e catastrofi di Frank Herbert (padre del Ciclo di Dune), Visioni pericolose di Harlan Ellison e Il Ciclo della Cultura di Iain M. Banks.
Queste opere, vanno ad aggiungersi ai Draghi già usciti finora, che rappresentano, nel panorama editoriale italiano, un sicuro punto di riferimento e che sono, tra gli altri, Halloween di Ray Bradbury, illustrato da Joseph Mugnaini e curato da Massimo Scorsone, Atlantide e i mondi perduti di Clark Ashton Smith, a cura di Giuseppe Lippi e con i disegni di Greta Grendel, e, nella collana Oscar Baobab Moderni, Cento racconti di Ray Bradbury.
Queste raccolte hanno il merito di focalizzare l’attenzione sul racconto, un genere poco amato dal pubblico italiano ma che in realtà è un luogo dove certi concetti possono essere maggiormente salvati dalla fuga del tempo. Per me, i racconti sono il modo migliore per approcciare a un grande autore, per conoscerlo e imparare a fidarsi, quel tanto che basta, di lui. Se penso cosa siano stati La boutique del mistero o Stagioni diverse, penso che sempre più persone dovrebbero aprirsi a quelle feconde suggestioni, che, come affermava Mark Fisher, ci fanno guardare con coraggio all’inaspettato e al futuro, con un animo che non ha paura di porsi la domanda: «Che tipo di essere ha prodotto quel grido inquietante?».
Sir Arthur C. Clarke, come si diceva per i marinai di lungo corso, è stato “davanti all’albero”, ha viaggiato come un cursore del tempo nella notte dove viaggiano il sole e le stelle, nel profondo delle galassie e tra le nostre città a volte così desolate. Egli sembra volerci dire “i fatti che narro, sono fatti che ho tutti vissuto”.
«Scuotiti prontamente!», grida il Trigeo di Aristofane alla pecora sacrificale e “scuotiti prontamente” è il miglior invito che si possa fare a un lettore del futuro.
Queste Collected Stories, questi racconti, rappresentano la più completa raccolta organica delle opere brevi di Clarke. Si tratta di 104 racconti che abbracciano un arco temporale decisamente ampio, dal dicembre 1937, con il racconto Travel by Wire! (Viaggiare via cavo), fino al 1999, con Improving the Neighbourhood (Migliorare l’ambiente) primo racconto di science fiction a uscire sulla prestigiosa rivista Nature.
Completano il volume uno scritto di Fabio Feminò dal titolo Arthur C. Clarke, l’uomo che guardava al futuro, alcune brevi annotazioni dell’autore e una bibliografia di tutte le opere, curata da Andrea Vaccaro.
Le architetture narrative delle storie, il loro seguire sempre e comunque il metodo scientifico, pur nella finzione narrativa, sono state e saranno, come affermava Isaac Asimov, «un potente strumento di divulgazione e di ispirazione scientifica».
Avere tra le mani questo volume, significa essere ispirati dalla curiosità e stimolati dai più profondi interrogativi, di fronte all’imprevedibile compiersi della vita.
«La divina inquietudine del nostro essere – scriveva Clarke – fa parte del nostro destino, ed è forse uno dei maggiori, se non il massimo dono che abbiamo ricevuto dal mare sempre inquieto nel moto ondoso intorno alla Terra. Sarà questa irrequietezza che guiderà i nostri discendenti verso miriadi di inimmaginabili mete, quando il mare sarà diventato calmo e la Terra un’antica leggenda dimenticata tra le stelle».
Pensare alla fantascienza è pensare di muoversi in un mondo che fin dai tempi più antichi (pensiamo alla visione di Ezechiele, nella Sacra Bibbia) ha sentito di fronte a sé l’ignoto e ha creduto che l’uomo potesse e dovesse penetrarlo. Pensare alla fantascienza è credere sia nella ragione sia al proprio cuore, sentire dunque nel proprio essere irrazionale il valore dello studio, del sacrificio e della dedizione.
Come ben scritto da Giuseppe Lippi, «la via intrapresa da Clarke è una delle poche strade capaci di portare a qualcosa: non solo sul piano letterario, ma su quello cognitivo in generale».
Edoardo Rizzoli
Riferimenti letterari:
Mark Fisher, The Weird and the Eerie. Lo strano e l’inquietante nel mondo contemporaneo, minimum fax
Stephen King, Stagioni Diverse, Sperling & Kupfer
Dino Buzzati, La boutique del mistero, Mondadori
Recensione al libro Racconti di Arthur C. Clarke, Mondadori, a cura di Franco Forte, 2020, pagg. 1008, euro 28.