Ricordo Milano di notte L’ insegna luminosa dell’hotel fuori dalla mia finestra. Come una finta luna. E gli uccelli cantavano nel buio per farmi compagnia.
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Il rimpianto si posa sul ricordo di ogni istante, quando eri bambino e trascorreva la notte Il tuo candido corpo estensione pura della mia carne. Baciavo incredula la tua fronte in un tempo che era muta adorazione d’amore.
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La notte spalanca i suoi occhi di luna come un faro ad indicare la rotta dei sogni. E nel buio cammino verso la cintura di Orione.
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Io ti ringrazio immaginando la tua voce Gli occhi neri, profondità in cui sprofonda il mio corpo leggero. Vangeli in cui la verità unica è Amore.
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La distanza segna la terra mentre cammino, unita la bocca alla tua senza chiedere meta fino a sentire la stanchezza canto. Ultima carezza prima di lasciare che tu vada.
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Vivo con un innato distacco dalle cose che mi circondano, riconoscendo tuttavia in esse una fedeltà che supera quella umana. Le cose, custodi mute di mille pensieri. Antiche cariatidi. Lunghi fili grigi di variopinti aquiloni.
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La mia libertà a volte ha bisogno di prendere un treno e camminare al mio fianco per strade che conosco, con addosso il suo abito nero.
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Si rigenera l’attimo tra la nascita e il pianto del primo respiro che separa e poi unisce per sempre tra le braccia d’Amore di madre.
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Amami come fossi la manica della tua camicia o la luce che ti accarezza lo sguardo nella penombra. Ama una sola mia parola che sfidando l’attesa, viola ogni distanza e ti sfiora.
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L’amore perduto non concesse tregua. Nascosto il viso si negò allo sguardo da allora e per sempre. Quel dolore si radicò nel suo animo e prese possesso di tutto lo spazio. Decise di prestare il volto al male che gli viveva dentro. Mentre oltre il buio ascoltava i Pink Floyd.
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