Ora so come immaginare l’inferno. Nell’inferno c’è la notte. Nell’inferno ci sono fili di lampadine tra i rami che colorano l’aria d’arancio. Poi c’è un’orchestrina che suona musiche allegre, tenere, buffe: le canzoni della tua vita passata. Tu balli e torni indietro nel tempo, balli e sei costretto a ricordare, perché c’è una voce che ti segue e non ti molla, una voce che ti elenca in rima, come una filastrocca, tutte le colpe che hai cercato di nascondere. Questo inferno lo vivono Checco e Renata. A vederli dall’esterno, formano un’elegante coppia di cinquantenni abbronzati che dopo trent’anni di matrimonio si concedono un ballo fuori città, come due fidanzatini sorridono, scherzano, si corteggiano ancora. A osservarli nell’interno, invece, sono due condannati: ognuno (all’insaputa dell’altro) deve ascoltare la voce che riporta a galla la trama delle cose passate, marcite, nascoste, con sette mandate dietro a tre porte. Cose maledette che riguardano loro e noi tutti. La Ballata era nata come spettacolo teatrale. «È un testo piccolo, prendetelo per il testo piccolo che è», dice Davide Longo nella nota finale. Il libro si chiude. Cala il sipario. Sentite qualcosa? È un lungo, rabbioso, commosso applauso.