Dal 7 aprile in libreria Neve Rossa, edito da HarperCollins, il romanzo d’esordio della sceneggiatrice e produttrice esecutiva Barbara Petronio. Sue le sceneggiature di serie televisive di successo, dai primi anni duemila ad oggi, tra cui R.I.S. Delitti Imperfetti, Romanzo Criminale, Suburra, A casa tutti bene; come quelle per il cinema: Mozzarella Stories, ACAB – All Cops are Bastards, Indivisibili, pellicola che le ha aggiudicato nel 2017 il David di Donatello e il Ciak d’Oro per la miglior sceneggiature in originale. Il thriller in pubblicazione mette in scena il lato nascosto, oscuro di Dario e Giordana, giovane coppia alle prese, in “quel mese troppo corto, troppo freddo, e che nella vita gli aveva riservato solo brutte sorprese”, con la morte del loro unico figlio, Giovanni, di “tre anni, appena.” La perdita ed il ricordo si annidano feroci nelle loro vite, nelle loro coscienze, sporche di sangue “come quella neve carica della sabbia rossa che arriva dal Sahara”. Abbandonata la vecchia dimora, troppo assillante, troppo carica di cose non dette, la giovane coppia si trasferisce a Sestola, “un borgo a circa mille metri d’altitudine, in mezzo un parco naturale di raro incanto”, in cui Dario era nato e cresciuto. Tuttavia quel “posto giusto dove fuggire e ritrovarsi”, non riuscirà a celare “tutta quella neve che nascondeva in petto.” Il testo va alla ricerca, riuscendoci, di un’immediatezza tipica dei dialoghi capace di portare il lettore proprio lì, accanto ai personaggi della narrazione, in una dimensione che abbandona talvolta la razionalità, per giungere al paranormale dove “i mostri sono reali. Stanno dentro le teste della gente, e lui a volte li vedeva entrare come ospiti dell’hotel. Anche se fuori sembravano uomini e donne perbene, o normali…era dentro, in quel posto che lui riusciva a vedere, che si rivelavano un’altra cosa.”
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Non era una brutta donna. Per niente. Una mano scivolò lungo il ventre ancora bagnato disegnando lunghe carezze sulla pelle bianca, appena arrossata dall’acqua bollente. In effetti, brutta non lo era mai stata, nemmeno da ragazza, e non lo era diventata col passare degli anni.
Sì, certo, c’erano stati dei momenti in cui si era sentita imperfetta, o stanca, o fragile, ma aveva sempre saputo di essere una donna avvenente. Giordana, però, adesso non ne era più così convinta. Le dita sfiorarono i seni dai capezzoli scuri e scesero lungo le gambe ancora umide. Dentro la cabina doccia, le luci della cromoterapia proiettavano aloni prima gialli, poi verdi, poi rossi sopra quel corpo nudo. I capelli castani erano incollati alla schiena e la pelle, morbida, sembrava cedere sotto le dita.
Il suono rilassante della pioggia usciva dagli altoparlanti e si concentrò su quello, respirando piano, senza fretta. Ricostruire, dove il tempo aveva demolito. Riparare, dove la vita aveva segnato una cicatrice. Contava quello, nient’altro. Poi un sospiro le s’incagliò in gola; uno soltanto. Il pensiero di suo marito che baciava un’altra donna – una più giovane, più preparata, più simile a lui – la
sorprese, e ci mancò poco che quel sospiro si spezzasse sulle labbra. No, non avrebbe pianto. Non un’altra volta. Aveva già gridato abbastanza. Aveva già minacciato a sufficienza. Aveva già perdonato per entrambi. Non poteva pensare di ricominciare a rimuginare su ciò che Dario
aveva fatto. Giordana aprì il box doccia e rimase a fissare il suo riflesso nello specchio lungo quanto l’intera parete del bagno. Con una mano levò la condensa. Eccola lì. Eccola ancora. Una bella donna, si disse, sicura. Sei ancora tu, Giordana. E si guardò cercando in quelle iridi castane la verità.
Poco dopo, una luce blu si riflesse nello specchio. Giordana scosse la testa e spense la cromoterapia, ma la luce continuò imperterrita a balenare sulle piastrelle bianche del bagno, sugli asciugamani e sul soffitto ridipinto solo l’estate precedente. Quella luce non arrivava dalla doccia, ma da fuori, da qualche parte in mezzo alla nevicata che imperversava da ore. Si avvicinò alla finestra e vide la neve cadere. Le strappò un lungo brivido. La luce blu arrivava da là fuori.
Poi, limpido, le giunse il suono del campanello di casa.
«Dario?» si mise a chiamare. Stretta nell’accappatoio bianco, si precipitò giù dalle scale. Aveva i capelli umidi ravvolti in un asciugamano e le pantofole da casa che aveva infilato in fretta. «Dario, hai sentito?» Arrivava della musica dal suo studio: suo marito aveva acceso lo stereo. Lanciò un’occhiata all’orologio a muro appeso in salotto. Mancavano dieci minuti alle nove. «Dario, vai tu?» Ma il campanello continuava a suonare con insistenza. Giordana scosse la testa. Quando si chiudeva in quel dannato stanzino, non lo smuoveva più nessuno. Avrebbe dovuto saperlo. In realtà, nelle ultime settimane aveva scoperto ben altro su quel “dannato stanzino”, come aveva preso a chiamarlo lei. Non era più soltanto un posto in cui suo marito lavorava, ma era anche il luogo in cui
per certi versi lo aveva perso. Lasciò correre quei pensieri e raggiunse l’ingresso.
«Arrivo, eccomi. Solo un momento» si scusò aprendo la porta. Il sorriso le morì sulle labbra. L’uomo che si trovò davanti doveva avere una cinquantina d’anni, la neve sulle spalle gli macchiava l’uniforme di servizio. «Signora» disse con il viso sprofondato nella giacca a vento pesante. «Scusi l’ora.» Il carabiniere si riparò sotto il portico ma Giordana il freddo non lo sentiva più. «È da sola in casa?» «Mi scusi?» «È sola?»
Lei scosse la testa e guardò fuori, quasi a cercare nella neve che cadeva con insistenza la risposta a quella strana domanda. Dalla strada arrivava ancora la luce blu. Lampeggiava senza sosta.
«No» riuscì a dire Giordana, senza staccare gli occhi dalla volante ferma davanti casa. «No, c’è anche mio marito. Dario?!» chiamò ancora, reggendosi più forte alla porta. «Ma che è successo?» chiese guardando oltre le spalle del carabiniere. «Si metta un cappotto e venga con me.»
«Come?» «Venga con me, signora.» Giordana contemplò la neve che cadeva. E alla fine decise di seguirlo.
Dopo essersi infilata un cappotto, Giordana si era incamminata dietro al maresciallo, lungo il vialetto coperto di neve, stando attenta a non scivolare. Ora sentiva freddo e l’aria era gelida. Si muoveva in mezzo alla neve come in un sogno. Il cielo gravava sulle sue spalle, sopra i rami spogli
degli alberi che conducevano al piccolo cancello d’ingresso. Si strinse nel cappotto quando il vento si fece feroce e granelli di ghiaccio le corsero lungo il collo ancora umido. La strada era quasi deserta, tranne che per due volanti e quella che, a una rapida occhiata, le parve una Citroën C3 grigia finita nel canale di scolo davanti alla sua proprietà. «C’è stato un incidente?» domandò Giordana, intorpidita. Il fiato si condensava contro la schiena del carabiniere, ma l’uomo non le rispose. Si fece da parte e le indicò un’ambulanza ferma poco più avanti. Non l’aveva nemmeno vista: era dietro le volanti. Due ragazze sedevano all’interno, strette l’una all’altra, illuminate solo da una luce crudele. Il portellone aperto le mostrava in quell’abitacolo, intente a tremare e a piangere, sconvolte dai singhiozzi. Una di loro guardò Giordana, scosse la testa e gemette
qualcosa. Poi portò i guanti al viso soffocando altre parole senza senso. «Signora, purtroppo c’è stato un incidente.» Giordana non seppe cosa dire al secondo maresciallo, più giovane del primo, che la raggiunse sul ciglio della strada. «Le devo chiedere di seguirmi. Abbiamo bisogno del suo aiuto, venga.» «Io…» «Ha sentito, signora?» «Sì, ma…» «Venga.» «S-sì.» «Mi segua.»
Giordana non riusciva a staccare gli occhi dalle due ragazze. Tutta quella violenta disperazione le scivolò dentro, e muoversi nella neve si fece troppo complicato. Rischiò di scivolare su una lastra di ghiaccio e il più giovane dei due carabinieri la tenne per un gomito. «Si faccia forza.»
Giordana colse quelle parole, ma da lontano. La neve cadeva più lenta? Era così, o almeno le parve.
«Cerchi di essere forte» la esortò ancora il maresciallo. Giordana superò la Citroën nel canale, raggiunse il centro della strada, ma a passi sempre più brevi. C’era qualcosa a terra sotto la neve. Qualcosa che quel velo bianco aveva riparato con una leggera coperta di fiocchi.
«Gio’!» Era Dario. Suo marito arrivò di corsa dal vialetto di casa. Indossava solo una maglietta e i pantaloni di una tuta. «Gio’! Gio’!» ripeté senza sosta. Poi la travolse in un abbraccio e la strinse più forte a sé. Qualcuno stava gridando in modo feroce. Era lei. Era lei a gridare così. Un ruggito spaventoso, un verso nero che le usciva dal grembo. Si accasciò di colpo dentro la stretta di Dario.
Adesso sentiva quelle parole, sapeva. «Giovanni, no!» gridava.
C’era un corpicino fragile in mezzo alla strada.
Là dove cadeva la neve.
Tutta la neve del mondo.
Il corpo di un bambino. Tre anni, appena.
Il suo bambino.
© 2022 Barbara Petronio
Pubblicato in accordo con MalaTesta Lit. Ag. Milano.
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