Quando in Italia si afferma il fascismo, Benedetto Croce è già un filosofo conosciuto nel mondo. Senatore del Regno dal 1910, fiero oppositore della dittatura, nel 1924, dopo il barbaro assassinio di Giacomo Matteotti si schiera apertamente contro Mussolini.
Croce è stato uno dei più grandi e influenti pensatori del Novecento. Le sue intuizioni sulla politica e sull’etica oggi possono aiutarci a capire l’attuale fase di stallo istituzionale dell’Italia. Benedetto Croce è il portatore sano di una visione politica oggi in crisi.
Il filosofo napoletano ritiene che la libertà sia la categoria fondamentale della storia. Più che un filosofo liberale, Croce è un filosofo della libertà. La libertà per Croce si identifica con il bene e con l’etica e quindi con la lotta del positivo contro il negativo.
La storia è lotta per la libertà. Questo è fulcro del suo liberalismo che è stato sempre pragmatico soprattutto quando il suo pensiero si soffermava a discutere ampiamente di politica.
La libertà come significato generale della storia. Questo era il cuore delle sue idee. Senza questa teologia della libertà la vita politica di una nazione non esiste.
La lezione di realismo storico e politico di Benedetto Croce è oggi di estrema attualità. Nelle pagine dedicate alla politica, il filosofo mantiene intatta tutta la sua attualità profetica.
Quando Croce pubblicò gli «Elementi di politica» nel 1925 volle da un lato redigere il migliore compendio del suo liberalismo e dall’altro offrire la sua visione del rapporto fra morale e politica.
Il filosofo nelle sue riflessioni pensava all’esperienza del mondo moderno e contemporaneo in cui il liberalismo non era una pura idea dottrinaria.
«L’amoralità della politica, l’anteriorità della politica alla morale fonda, dunque, la sua specificità e rende possibile che essa serva da strumento di vita morale. Ma, come la cerchia della politica non è la sola, così neppure basta a sé stessa; e questo è necessario avvertire affinché la specificità non sia mal concepita e travisata in una sorta di partenogenesi e non s’immagini che possa darsi un politico privo di coscienza morale; il che varrebbe ammettere che si possa essere uomo politico senza essere uomo».
Questo sue parole ci aiutano a comprendere che Croce era pervenuto a una concezione della storia etico- politica, ossia una storia il cui rapporto con le forze morali fosse intrinseco e immanente, e che forniva anche « la bussola per l’educazione politica dei tempi nostri,come di tutti i tempi».
La formazione di una classe dirigente passa imprescindibilmente dal considerare il problema etico.
Leggendo le pagine crociane di «Elementi di politica», e in seguito di «Etica e politica», il pensiero del filosofo si avvicina ai nostri tempi di basso impero.
Benedetto Croce occupa ancora un ruolo centrale nella cultura italiana soprattutto per la fase pratica del suo pensiero che si distingue in due categorie: economia e etica. La prima riguarda la volontà di raggiungere determinati scopi, la seconda è costituita dalla morale, che è l’attività che tende a finalità più ampie, generali e universali.
Il Croce ch amiamo di più è quello che ha un rapporto con la realtà e la concretezza.
Giuseppe Galasso a proposito del pensiero immanente di Croce scrive:« Nessuna condizione o volontà di benessere materiale può annullare l’intrinseca e immanente tendenza liberale della storia. La libertà può dare anche il benessere, ma la reciproca non vale. Peggio ancora è per i sogni di potenza e il potere. E, comunque, l’avversione alla libertà non può che tradursi in violenze e oppressioni, traviamenti e illusioni, destinate a essere sconfitte dalla storia».
Il pensiero e l’azione liberale, per Benedetto Croce, si modellano in istituzioni, prassi e costumi a seconda delle circostanze e dei periodi storici.
La libertà si svincola da ogni dottrina particolare. La libertà esisteva prima del liberalismo, del capitalismo, del liberalismo, del giusnaturalismo. L’uomo prima di tutto nasce libero e combatte sempre per affermare la sua libertà.
Promuovere la libertà come spirito animatore e concreto della vita politica e sociale.
Per difendere questo principio scrisse il «Manifesto degli intellettuali antifascisti», che uscì sul «Mondo» nel 1925 e che fu firmato anche da Sibilla Aleramo,, Corrado Alvaro, Amendola, Einaudi, Montale, Momigliano, Salvemini, Matilde Serao.
Fu la sua intenzione di fare della libertà un valore sostanziale e eticamente ispirato a renderlo fiero avversario convinto di tutti i totalitarismi che aggredivano gli anni Venti.
La libertà come fede e come forza storica capace di dare impulso e dinamicità, motivazione ultima e positiva delle vicende dell’uomo, lo portò a schierarsi in difesa dello Stato laico all’Assemblea Costituente.
Nonostante la lotta politica dei comunisti abbia isolato Benedetto Croce, la sua influenza morale oggi è ancora riconosciuta.
Come filosofo ha creduto sempre nel rapporto tra conoscenza e azione. Questa convinzione lo ha portato a impegnarsi in prima persona per il suo Paese e per la libertà, principio indirizzato a promuovere la vita spirituale e morale nella sua interezza.
Nicola Vacca