L’estate per quanto mi riguarda è sempre tempo per letture d’oltreoceano, preferibilmente di stampo orrorifico/inquietante, non so, sarà per il caldo… quale miglior sorpresa quindi poter leggere quest’anno, in mezzo alle onnipresenti uscite prolifico maestro dell’horror, un romanzo inedito finora in Italia di un autore che non conoscevo e che ora, grazie al lavoro lungimirante editore Valecchi Firenze, sarò molto curioso di riscoprire.
Bentley Little, nato nel 1960 a Mesa, Arizona, è un autore americano scoperto da Dean Koontz che pubblica in media un libro all’anno ma preferisce evitare il caos promozionale che ne deriva. Vincitore del prestigioso premio Bram Stoker Award e molto apprezzato dallo stesso King che più volte l’ha definito “un maestro del macabro”, esordisce nel nostro paese con questo The Revelation, una storia di possessione e misticismo che attinge dalle radici del folklore americano per detonare in un’epopea incontrollata di sangue e violenza. Un perfetto connubio tra atmosfera e azione che più di una volta mi ha riportato alla mente le atmosfere e le influenze delle migliori saghe horror americane. Tendo sempre a essere molto scettico quando mi si presentano fascette e citazioni rilasciate da autori di fama internazionale ma fortunatamente questo non è il caso di The Revelation. Le influenze dei maestri del genere si sentono tutte, a partire dalla location: Randal una piccola cittadina del nord Arizona circondata dalle montagne e dallo stridore incessante delle segherie, un rifugio per anime semplici, tavole calde e piccole fattorie che non ha nulla da invidiare alla miglior Castle Rock: location perfetta per qualsiasi anima demoniaca che voglia trascorrere qualche giorno indisturbata sulla terra scatenando apocalissi.
L’eterna lotta tra bene e male, un concetto vecchio come il tempo e, proprio per questo, difficile da maneggiare in un’epoca come la nostra, dove la tecnologia sembra aver abbattuto ogni limite e le credenze popolari possono essere smentite a colpi di tastiera. In questo risiede l’abilità maggiore dell’autore e di conseguenza del romanzo: quel suo modo così “genuino” di attingere dalla tradizione del genere, per imbastire un contesto di certo non originalissimo ma ricco di quel fascino anacronistico che, nelle sue quattrocento pagine abbondanti, riesce a catturare il lettore, trasportandolo in una dimensione letteraria che attinge da anni di suggestioni ereditate dai migliori horror movie intrisi di cattolicesimo e blasfeme simbologie provocatorie.
Preghiere e pallottole come armi contro il maligno. Una concezione tipicamente americana che potrebbe far storcere il naso ad alcuni ma che si riappropria di tutta la sua fragile credibilità in un paese di anime semplici, dai buoni principi; un luogo di confine in cui gli eroi chiamati a compiere l’impresa salvifica sono persone semplici dall’animo puro: Gordon, un onesto cittadino che si spacca la schiena tutto il giorno consegnando di casse di Pepsi nei ristoranti e Jim Weldon, il classico sceriffo che si prende a cuore l’incolumità dei propri compaesani anche a costo di rimetterci la pelle. A loro si uniranno un sinistro predicatore chiamato fratello Elias, un ragazzino dai sogni premonitori e Padre Donald Andrews, il parroco chiamato in sostituzione dopo l’inspiegabile sparizione del precedente prete del paese e la profanazione della sua parrocchia con parole blasfeme disegnate con sangue di capra.
Fin da questa premessa è chiaro l’intento dell’autore di volerci inquietare gradualmente attraverso immagini dal forte simbolismo religioso: scenari in cui ogni credenza e rassicurazione è profanata destabilizzando i cardini del lettore attraverso un crescendo di situazioni sempre più macabre e inquietanti. In questo, la penna di Little è magistrale nel suddividere il romanzo in un trittico di macro atmosfere perfettamente calibrate. Si parte appunto dai classici turbamenti che possono suscitare scricchiolii incomprensibili e minuscole figure che si muovono nell’ombra di un sottoscala per poi arrivare a un’esplosione orgiastica di lampi rossi e cataste di feti deformi le cui carni sono state martoriate da secoli di supplizi, il tutto senza risparmiarsi un paio di scene che da sole meriterebbero di entrare nella storia del genere (il parto dell’anziana signora è già da antologia).
Nonostante una foliazione importante, le pagine scorrono con piacere, merito di uno stile asciutto, consapevole, sempre in grado di mantenere alta l’attenzione e soprattutto la tensione. Un approccio quasi cinematografico che non perde il focus nemmeno nei momenti di maggior dinamismo, merito anche dell’ottimo lavoro di traduzione a cura di Ariase Barretta. Il lettore è quindi trascinato in una successione di eventi che coinvolgono una buona fetta della popolazione di Randal per poi restringersi e focalizzarsi, con il procedere della narrazione, sulle vicende dei protagonisti principali, quattro personalità profondamente diverse tra loro che, volenti o nolenti, saranno chiamate all’azione coordinata da una forza maggiore, in un percorso di accettazione, consapevolezza e sacrificio i cui risvolti si comprenderanno appieno solo nel suggestivo finale.
The Revelation è una lettura corposa, soddisfacente e ricca di immagini potenti. L’opera di un autore consapevole che attinge dal genere per rivitalizzarlo senza stravolgerlo, facendo leva sui punti cardine di un filone rodato, quello dell’horror classico appunto, che nonostante il passare degli anni non ha ancora perso il suo fascino ancestrale.
C’è ancora voglia di spaventarsi, se il male è rappresentato così bene.
Stefano Bonazzi
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The Revelation
Bentley Little
Valecchi Firenze
18 euro
416 pagine