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Brevevita letters. Vito Riga e altre persone

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Diciamocelo: maneggiare letterariamente la provincia italiana non è un’operazione adatta a tutte le penne. Non basta esserci nati, non basta avere con lei un rapporto viscerale d’odio o d’amore, non basta, a volte, neanche lo spenderci e l’averci speso da sempre la propria quotidianità credendo di conoscerne infallibilmente i suoi particolari bioritmi: restituirla ed essere credibili su carta necessita infatti di un equilibrio di veduta ab origine che molto spesso sfugge ai più. Ci sono quelli troppo innamorati, che si abbandonano a trite elegie di “amenità” poco aderenti a quello che i luoghi aviti sono diventati all’alba -e all’ombra- del terzo millennio (o forse anche ben prima). E ci sono invece quelli che, animati da un pervicace cinismo contestatore (molto spesso poco più che un fastidioso “spirito di patata”) magari dovuto a qualche troppo “illuminante” soggiorno metropolitano di lunga o breve durata, non sanno andare al di là della mera rappresentazione negativa a tutto campo della piccola realtà territoriale che pure gli ha dato i natali.

No, utilizzare la provincia come “sfondo” di un’opera senza farla sembrare una ridicola quinta teatrale presuppone innanzitutto un atteggiamento di umiltà nel cercare di coglierne il battito mai troppo regolare, mai troppo scontato, che sempre la caratterizza e la rende unica. Bisogna lasciarla parlare davvero in libertà, la provincia, se si vuole che riveli tutto il suo potenziale letterario, se si vuole che fornisca davvero allo scrittore degli spunti per un’affabulazione efficace e per un ritratto di una everyday life così come davvero si consuma.

Esattamente quello che accade in questo notevole “Vito Riga e altre persone” di Brevevita letters (aka Natalino Capriotti), in principio uscito per la casa editrice Fila 37 nel novembre 2023 e ora di nuovo distribuito in Italia dalla stesso autore attraverso questo link: https://www.amazon.it/dp/1068682604

Nei ventuno episodi che costituiscono questa sorta di romanzo di racconti, la Vallata del Tronto, una striscia di terra che fa da confine tra le Marche e l’Abruzzo, è innanzitutto un posto uguale a nessun altro: se è vero, infatti, che da alcune descrizioni dell’autore, in particolare quelle relative a certi bar della zona o a certe dinamiche “paesane” all’interno delle quali i protagonisti si muovono, ogni provinciale di nascita saprebbe riconoscere casa propria, nondimeno ci si trova di fronte a un contesto d’azione, sociale e individuale, unico, le cui regole di funzionamento o di mal funzionamento, se così le vogliamo definire, per quanto possano somigliare a quelle di tante altre zone del centrosud, valgono davvero soltanto per chi si trova a vivere da quelle parti e soltanto sulle di lui scelte (o non scelte) sanno incidere. E di questa accurata caratterizzazione geosociale, non soltanto geografica, beneficiano anche Vito Riga e gli altri quattro personaggi principali del libro che l’autore sa far districare e affondare benissimo all’interno del loro contesto di provenienza (anche quando non sono fisicamente presenti), rendendoli assai ben connotati, mai delle squallide macchiette.

Ci si affeziona presto e con convinzione, a Vito e ai suoi sodali, anche perché -altra notevole peculiarità di queste pagine- parlano una lingua nello stesso tempo vera eppur letteraria, piena di sangue: lo stile di Brevevita letters infatti è molto peculiare, con dei dialoghi che spesso si presentano come fulminanti sticomitie che ammiccano al vernacolo (e indulgenti al turpiloquio), salvo poi lasciar spazio nella riga immediatamente successiva a delle descrizioni interiori, ma anche di paesaggio, di struggente lirismo e di emozionata raffinatezza.

Date una chance a queste pagine, immergetevi con fiducia nella loro originale e vitalissima fattezza. Non ve ne pentirete!

Domenico Paris

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