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Carlo Piano anteprima. Il torto

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Oggi esce in libreria l’ultimo libro di Carlo Piano Il Torto, Edizioni E/O, pp. 288, € 18,00 che racconta la storia umana e criminale del serial killer Donato Bilancia.

Il libro racconta il serial killer che tra 1997 e il 1998 ha terrorizzato la Liguria, attraverso un’analisi dei suoi 17 omicidi tra cui quello del biscazziere, quello dei coniugi, quello degli orefici, delle prostitute, del portavalori, del metronotte, delle guardie notturne, delle donne sul treno e del benzinaio.

Un serial killer che ha iniziato ad ammazzare mosso dal rancore verso due persone ritenute amiche e che lo avevano tradito ma poi ha continuato a farlo per denaro o per il gusto di uccidere, scegliendo le vittime spesso a caso.

Sono certo che convivano in me due personaggi, che chiamo Bila e Ancia. Fino al mio primo delitto, fortunatamente, Bila è sempre riuscito a controllare, anche se parzialmente, Ancia, quello crudele”.

Una discesa verso l’inferno che getta nuova luce su di una vicenda tra le più inquietanti della letteratura criminale italiana.

Carlo Tortarolo

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«Volevo morire già allora che ero bambino, e di tempo ce ne ho messo parecchio. Sto morendo solo adesso. Appena ho potuto. Nel momento in cui, pensando se oltre la grata ci fosse qualcuno, ho detto ho freddo, e non mi ha risposto anima viva.

Sentivo pizzicare dentro il naso, in profondità. Come da piccolo, prima che mi uscisse il sangue per via di un’epistassi».

«Va là, Vecio, l’erba cattiva non muore mai» disse con musicale cadenza veneta don Marco Pozza. Il sorriso che gli illuminava il viso non sembrava quello di un sacerdote qualunque. Così come il maglione dolcevita nero e attillato che rimpiazzava l’abito talare.

«Ne spari di belinate, don Marco: sto per traslocare dove Satana affila il forcone. Così ha deciso il tuo principale».

«Vedo un angelo risvegliarsi in te, non il diavolo: lo vedo che spiega le ali a colpi d’amore, di pentimento e di vergogna. Vedo pure…».

«Ma che vuoi vedere? Non ci credo nel tuo dio e non ho paura della morte. Non sono di quelli che passano la vita a peccare e all’ultimo si cagano sotto e s’inchinano ai piedi del crocefisso. Troppo comodo quando si stanno per tirare le cuoia».

La voce aspra e cavernosa dell’ergastolano sembrava venir fuori da un pozzo.

«Mòleghe, Vecio, smettila. È Dio a spronarti a fare del bene o chi altri, secondo te? Devi ringraziare lui se aiuti con i soldi della pensione quel ragazzo disabile».

«Avrei voluto conoscerlo, andare a trovarlo di persona ma i giudici me lo hanno impedito. Sanno tutto, loro. Hanno deciso che sono un soggetto pericoloso e indegno di fiducia. Non chiedevo mica la luna, chiedevo solo un minuto per riscattarmi».

«Ci riuscirai, abbi fede, l’avvocato briga per farti ottenere il permesso. Bisogna credere che esista una luce, tu vedi solo tenebra».

«Non c’è più tempo, rien ne va plus. Se un dio esiste allora che mi conceda un istante prima di sbattermi a rosolare in eterno tra gli assassini. Devo passare a chiedere scusa».

«Con chi vuoi scusarti?».

«Con quelli che ho ammazzato, qualcuno di loro era innocente. Come l’infermiera che ha lasciato una bambina, la prima a cui ho sparato nella latrina del treno. Sono straziato dal dolore, la sogno tutte le notti. Il rimorso mi martella dentro» disse sollevando un angolo delle labbra.

«Dio non ha mai abbandonato nessuno, neppure Caino,anzi…».

«Ci sarebbe voluta la pena di morte per uno come me, occhio per occhio. Morire è una liberazione, ma in Italia la forca è illegale. A cosa serve vivere così… a chi serve? Vallo a raccontare a quella bimba che sua mamma è stata uccisa nel cesso da una testa di cazzo. Vaglielo a spiegare… che quella te sta di cazzo sono io. Vaglielo a spiegare cos’è la coscienza per una testa di cazzo come me».

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