In quel preciso momento l’uomo disse: che cosa non darei per la gioia di stare al tuo fianco in Islanda sotto il gran giorno immobile e condividerlo adesso come si condivide la musica o il sapore di un frutto. In quel preciso momento l’uomo le stava accanto in Islanda.
Continua a leggere >Uno spettacolo che non dice più nulla
Quando mi capita di incontrare un sapiente, non uso a caso la parola, come Federico Ferrari non mi dico altro, solo che faccio il lavoro più bello possibile. Lavoro poi non è la parola, parlerei più di tigre che mi divora e mi salva. Federico scrive (e l’abbiamo impaginato in quarta, in prima di copertina…
Continua a leggere >La mancanza di Erisictone
La voce magistrale di Ermanna Montanari Teatro delle Albe dice la mia traduzione di Erisìctone tratta dal Libro VIII delle “Metamorfosi” di Ovidio (il testo latino cui si è fatto riferimento è l’edizione a cura di William S. Anderson, Publii Ovidii Nasonis Metamorphoses, Stutgardiae et Lipsiae,1996). “La mancanza di Erisictone” è nel secondo volume di…
Continua a leggere >Noi siamo o abbiamo il linguaggio?
Noi siamo o abbiamo il linguaggio? In greco gli ausiliari avere e essere sono intercambiabili, ma il primo significa che abbiamo uno strumento con cui agire, il secondo che noi siamo lo strumento. Non è domanda retorica, ma essenziale (a proposito anche Hegel diceva che “la lingua è il corpo del pensiero”), è in quel…
Continua a leggere >Borges non è mai esistito
• Ogni tanto riemerge l’historiette che Borges non sia esistito; un argentino di origine italiana mi scrive che ha le prove inoppugnabili (sic!) della veridicità sull’inesistenza, dice (lo sprovveduto) di chiamarsi Aquiles Scatamacchia, figurarsi! • La storiella è vecchia, ma siccome anche uno stolto ti può accompagnare da un genio, mi è tornata alla mente…
Continua a leggere >La delicata sofferenza di Mario Benedetti
Mi capita spesso di pensare alla delicata sofferenza di Mario Benedetti, gli occhi, un poeta verso cui provo un rimorso immedicabile per non essergli stato vicino quando ha tradotto per noi Michel Deguy e poi alla fine quando la combustione bianca delle parole sfiorava l’incomprensibile. Quella sera che gli dissi (al Teatro Elfo a Milano)…
Continua a leggere >Due romanzi che precedono Kafka
Stanotte mi è capitato fra le mani un libro scritto dal grande editore Wagenbach del 1995, Feltrinelli lo pubblicò malino l’anno successivo, io lo rifarei molto meglio, e forse lo rifarò. E mi è venuto in mente quel testo di Roberto Calasso a proposito di Bazlen sui “libri unici”: «Fu allora che Bazlen, per farsi…
Continua a leggere >Parole morte, parole doppie
Oggi alle 12:46 (vietandomi di fare l’elemosina a una persona che aveva dimenticato il suo nome) ho capito una ovvietà, che comunque non avevo mai compreso: ciò che è fondante conta e ciò che viene fondato è nulla, pertanto ho “visto” che la mistica non sa che farsene della teologia, di qualsiasi diologia di ognidove….
Continua a leggere >No, non ho mai imparato a vivere
Michel de Montaigne scrive nei “Saggi” (Libro I, capitolo XX): “La meditazione sulla morte è meditazione sulla libertà. Chi ha appreso a morire ha disimparato a servire.” Ricordo, me la girò Federico Ferrari, l’ultima intervista (uscita su le Monde) a Derrida: l’intervistatore gli ricordava un suo libro cruciale, “Spettri di Marx” che si apre con…
Continua a leggere >Per Roberto Calasso
Proprio stanotte ho terminato di leggere il suo “Bobi”: «Primavoltità, invece, era una parola che Bazlen aveva inventato e usava. Significava il legame fra qualcosa che era successo e chi gli dava un nome. Se questo avveniva subito, il suo carattere abrupto e irripetibile gli conferiva una qualità ulteriore, una forza d’urto che poi si…
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