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Chandra Candiani. Pane del bosco

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Privi di ridondanza o facile retorica, i versi di Chandra Candiani, così discreti, nitidi, furiosi, limpidi come un ruscello, entrano nel cuore come una lama appuntita, imbastiscono trame identificative, innestano il meccanismo selettivo della memoria personale. Ogni passaggio è prezioso, non scivola , si sedimenta, si fa spazio tra i pensieri, ci offre una diversa prospettiva del reale, un modo differente di stare al mondo, muoversi, comprendere e parlare.  Essere amata da un bosco// è una lunga strada/ per stare al mondo: fare di sé omaggio/ decapitare i pensieri/lasciare i sapienti, zoppicare e balbettare/rinascere vegetale/un battito un fruscio/il tempo che si fa vento/e nessuna malevolenza/quando la perdita/allaga il petto . In questa nuova raccolta “ LEI” entra in un bosco: un puma al fianco sinistro, un lupo al fianco destro: la accompagnano al passo, vigili e muti ma senza costituire minaccia; sono piuttosto animali custodi, protettori della parola, alleati, maestri di vita nel leggere segnali, tracce. Il puma è simbolo di forza, saggezza, intelligenza; le sue caratteristiche sono la pazienza, la forza, l’energia spirituale. Grande quasi come un leone di montagna, il puma ha un cuore puro, magnetizza la pace e la percezione della responsabilità universale.

  Il lupo, nell’immaginario di tutti i tempi, ha spesso rappresentato il male, elemento con cui l’essere umano entra difficilmente in contatto profondo. La brama insaziabile di successo, di accumulo, di benessere, in fondo, non è la stessa brama di chi governa, chi invade, depreda, uccide? Ci sono momenti, nella vita, in cui bisogna imparare a tacere, mettersi in ascolto, come fanno i lupi, nel silenzio della tensione di chi è braccato, di chi fiuta il pericolo imminente. Bisogna tacere/come fanno i lupi/e le lucciole/come fa il noce/e le tasche/come quatti quatti/zittiti dal batticuore/fanno gli esseri/sotto tiro. (in La domanda della sete, 2016-2020 Giulio Einaudi Editore). Gli animali sono una medicina, trasformano le ferite in cicatrici, entrano nelle nostre esistenze, insegnano l’impermanenza. Allora senti/ci sarà un lupo/e sarà bianco/tu sarai bendata/e gli starai in groppa/ in piedi/ correrete insieme/slacciàti dalla ragione/legittimi alla /velocità dell’aria./ Non ci sarà bisogno di fidarsi/avrà fiuto e tu equilibrio. (da Allora senti…, AnimaMundi Edizioni)

Immagini di grande potenza visiva che giungono come luce abbacinante in una piazza deserta, sostenute dall’estrema precisione del lessico, da una ricerca approdata ormai ad una composizione elegante, attenta, misurata, da costruzioni sintattiche forti e solide come tronchi di alberi che popolano favole a tinte cinerine. Le attraversiamo in sogno, attanagliati da una stretta alla gola. La nostra crescita è stata segnata dalla convinzione che si debba lottare per sopravvivere, dall’idea che dobbiamo imparare a difenderci in uno spazio pericoloso e inospitale, ostile, costretti a servirci della violenza come strumento di sopravvivenza e di dominio, concedendo la nostra fiducia solo al nostro piccolo gruppo di appartenenza. Siamo cresciuti con la ferma convinzione che “l’Altro” è pericoloso, pronto all’aggressione, alla sopraffazione. Noi ci temiamo come animali/ che studiano di sottecchi/ le intenzioni dell’altro /ci teniamo a distanza /con uno sguardo sotterraneo/misuriamo la paura/con movimenti audaci e controllati/ci sottoponiamo a prove di avvicinamento/sguardi lanciati alle finestre/alle vie di scampo. […]. Eppure siamo solo noi a scrivere ed interpretare il copione della nostra vita; tutto dipende dal nostro atteggiamento, dalla direzione del nostro cuore. (Sia alto il tuo cuore!) e quando la determinazione cambia, tutto si muove nella direzione desiderata; ogni nervo ed ogni fibra del corpo si orienterà verso l’abbraccio, per ristabilire il senso della comune appartenenza, per circondare con le braccia gli alberi e l’universo. È percepire l’interconnessione, la non esistenza dell’Ego. Non ci salviamo da soli, non possiamo attraversare la vita in solitudine. Di fatto, è la comunità il luogo in cui costruire relazioni, legami, curare e guarire. Anche gli alberi del bosco intrecciano le loro braccia-radici in forme simbiotiche con altri esseri, costruiscono quella rete sotterranea di interdipendenza reciproca e di mutuo soccorso trasmettendosi linfa vitale, in una catena di solidarietà che appartiene a tutta la biosfera terrestre . La Terra e gli animali non sono “altro” rispetto a noi. Bisogna superare il principio della separazione che ci induce a considerare la Terra di nostra proprietà e le risorse naturali come passibili di sfruttamento, imparare a costruire una relazione di reciprocità con la Natura. Con Lei m’inoltro nel bosco ermetico per meravigliarmi ancora vivendo le sue stagioni, passando con commozione tra stati d’animo, interstizi di solitudine, crepe d’ infanzia, esplosioni, umiltà dei gesti. Le creature che incontro e che abitano queste pagine, (ma anche quelle delle raccolte precedenti), sono attraversate da inquietudini e per questo non permangono, sono in transito. Questo è il motivo per cui non ci sono posti sicuri ma luoghi custoditi da animali, quelli sì. E’ un’esplorazione, un’esperienza da compiere passo dopo passo: Vai nel bosco e lasciati amare/l’anima si rompe per nulla/c’è bellezza e addio in ogni cosa./ Conta sul nulla. Nel bosco, dopo l’abbandono della sua abitazione milanese e la scelta di trasferirsi con il suo compagno di vita in una casa situata in un alpeggio piemontese, lontana da sovraesposizioni, connessioni, dalla condanna alla visibilità forzata, la bambina pugile è diventata bambina uccello . Allieva del bosco, nella quiete degli ontani bianchi, sente arrivare la pioggia, ascolta il fruscio del vento, vede le nuvole disporsi in stormi, chiama a raccolta i morti, soldati in pigiama, i morti che sono così vicini/e così incamminati oltre le porte dei sensi …..il vento zufola dentro il loro guscio/le foglie sfiorano/le teste invisibili/e la primavera segna il passo /per non spaventarli . Per Chandra Candiani valorizzare la nostra umanità significa entrare in contatto con la fragilità, la sofferenza, il disagio, la solitudine, imparare a distinguere l’essenziale dall’inessenziale, a tradurre dalla lingua degli alberi che ci chiamano, ad avvicinarsi al mondo animale e vegetale. Chi sa o crede di sapere molto, sperimenta solo esperienze di seconda o di centesima mano, non è mai in intimità con niente, non trema davanti al non conosciuto e non si inoltra. (da Questo immenso non sapere, Einaudi 2021) .Un filo sottilissimo unisce le creature, anche le più piccole, al linguaggio e alla meditazione; là dove si è a un passo dal baratro, dal caos mentale, la poesia ci mostra la possibilità di un’ esplorazione che comprenda ogni conversazione con il cuore umano e non umano. Bisogna affinare le nostre capacità di percepire il mondo , di ascoltare il silenzio sacro di quello spazio dove nessun pensiero ha un cappio, dove c’è pane che sfama, che guarisce. C’è qualcosa che ci chiama e c’invita ad iniziare il cammino, passo dopo passo, per incontrare la volpe, l’usignolo ammutolito, l’asino bianco, gli artigli e le spine, aspettando che si schiuda il guscio di protezione. Noi, non possiamo che accogliere con gratitudine il messaggio di speranza che ci lascia: […] Che siate visitati dagli animali custodi /che i fiumi siano in piena confidenza con le lacrime, ci sia un pensiero /che ci pensa e rammenta/ come tener salda la terra /nel mondo che si abbuia .

Rossella Nicolò

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CHANDRA CANDIANI

PANE DEL BOSCO

(2020-2023)

Giulio Einaudi Editore

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