La letteratura non è matematica e anche se uno scrittore è quasi sempre alla ricerca di equilibrio e simmetria, due mezze storie non ne fanno, precisamente, una.
Capita spesso, a chi scrive da molto tempo e con perseveranza, di avere due mezze storie in giacenza come un incubo consolante che infesta la fantasia di uno scrittore il cui grande desiderio è veder pubblicato tutto quello che ha pensato e scritto. Non è per soldi, mai, piuttosto per congedare, per liberarsi di presenze che aspettano dentro una sala d’attesa, gelida e desolata, di essere congedati. Per questo si prova, in tutte le forme, di incastrarle queste mezze storie, l’una con l’altra, attraverso più e meno marcati espedienti ma, per quanto e con accuratezza le si incolli attraverso i più perversi e millimetrici collanti drammaturgici, di fatto, si vede.
Charles Baxter ne Il collettivo del Sole, edito da Mattioli 1885 e tradotto da Francesca Cosi e Alessandra Repossi, mischia due storie così distinte che si potrebbero scindere: una su una coppia di mezza età che ha smarrito il figlio; e una seconda dove un collettivo rivoluzionario minaccia di uccidere i ricchi per sovvertire l’ordine economico.
Quattro personaggi: Brettigan e sua moglie Alma; Ludlow e Christina. A tenerli insieme è Il Collettivo del sole e soprattutto il mistero di Timothy e della sua scomparsa.
La prima anima è riconducibile, stilisticamente, a Sportwriter di Ford; la seconda, concettualmente, a Fight Club di Palahniuk.
Naturalmente parliamo di massimi sistemi per cui non aspettatevi mai che queste due storie siano simili a quelle citate che restano come archetipi. Del resto è ormai, a ventisei anni di distanza dalla sua pubblicazione, impossibile immaginare una storia di settarismo urbano che miri a sovvertire l’ordine economico attraverso una sottrazione che esalti il valore dell’essere umano e dei suoi primordiali istinti, senza immaginare, senza pensare, a Tyler Durden, alle dieci regole – le cui prime due sono identiche – e alla dissociazione della personalità.
Anche quando tutte queste cose, precisamente, non ci sono, come in questo caso, la tua mente tornerà sempre a quella storia lì, come alle esili creature della notte di Millhauser o i fantasmi di Kim Ki-duck che abitano le case vuote in Ferro 3.
E quando il leader poi evaporato di questa setta dice “noi non siamo il Fight Club” produce una sorta di excusatio non petita perché Baxter è cosciente di pagare un dazio concettuale al Club di Palahniuk.
Per Ford il discorso è più insidioso e complesso perché si basa sullo stile di scrittura di Baxter che ha dentro di sé quel realismo, fatto di lunghe e dettagliate descrizioni, di dialoghi privi di laconicità, che possiamo ritrovare in Ford, appunto, come in Irving o addirittura in Philip Roth. E lo stesso vale per quei personaggi tipici della Middle-Class illuminata e un po’ critica nei confronti del capitalismo e del consumismo che abitano i capolavori di questi scrittori tanto grandi.
È questa una storia un pochino folle, magica, dove alcune persone parlano con cani e gatti, dove c’è un dottore che si occupa di analitica del protone che ogni tanto compare per suggerire incantesimi singolari, dove lo stesso figlio sperduto dei Brettigan si considera vittima di una fattura funesta dovuta ad una tragica morte (difficile non pensare a Pastorale Americana e a Lo Svedese, che ritrova sua figlia nascosta tra i derelitti dopo aver abbracciato la fede giainista.)
Non dovete però immaginare il magico surrealismo esotico alla Marquez o alla Allende – che talvolta trovo persino stucchevole – ma un esoterismo all’americana, che ha a che fare con una pacata e innocua forma di schizofrenia borghese che rimane confinata nel buon senso anche quando impone, come a Timothy, di rivoluzionare la propria vita e rinunciare ad una brillante carriera da attore.
Dei due libri che io intravedo, quello della famiglia Brettigan, che insegue il figlio scomparso, è molto interessante e preferibile di gran lunga a quello del Collettivo del sole di Ludlow e Christina.
Per questo mi è rimasta una sensazione di leggera incompiutezza perché Baxter con la sua voce in pacata dissonanza rispetto al resto degli scrittori americani più famosi, è in grado di raccontare la solitudine urbana e il senso di abbandono tipico delle società liberali.
Nelle sue pagine migliori, Il collettivo del sole è una riflessione efficace sulla desolazione della società del consumo e, soprattutto, sull’essere genitori, su quel senso di impotenza e dissociazione che si prova di fronte a quel mondo a cui si è ancora legati anche se non ci appartiene più.
Pierangelo Consoli
#
Il collettivo del Sole, Charles Baxter, Mattioli 1885, Pp. 320, Euro 20