Nel 1985, a seguito della denuncia di un lettore, il personale della Biblioteca Comunale di Nijmegen decise di rimuovere il libro di Charles Bukowski Storie di ordinaria follia dai loro scaffali perché considerato “sadico, a volte fascista e discriminatorio nei confronti di alcuni gruppi” (tra cui gli omosessuali). Nelle settimane seguenti, un giornalista locale, Hans van den Broek, scrisse a Bukowski chiedendogli la sua opinione. La risposta di Bukowski non tardò ad arrivare. Satisfiction pubblica questo incredibile documento per la prima volta in Italia, nella traduzione di Nicola Manuppelli.
Gian Paolo Serino
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Caro Hans van den Broek,
Ti ringrazio per la tua lettera che mi informa che uno dei miei libri è stato rimosso dalla Nijmegen Library. E’ accusato di discriminazione contro i neri, gli omosessuali e le donne. E che io tratterei di “sadismo” per il semplice gusto di essere sadici. La cosa che io temo di discriminare sono l’umorismo e la verità. Se scrivo male di neri, omosessuali e donne è dovuto a com’erano quelli che ho incontrato. Ci sono molti “pessimi esempi” in giro – cani cattivi, censura cattiva, anche “cattivi” maschi bianchi. Solo che quando si scrive di “cattivi” maschi bianchi nessuno si lamenta. Devo forse scrivere che ci sono neri “buoni”, omosessuali “buoni” e donne “buone”? Nel mio lavoro di scrittore mi limito a fotografare a parole ciò che vedo. Se scrivo di “sadismo” è perché esiste, non l’ho inventato io, e se parlo di qualche azione terribile è perché queste cose succedono realmente. Non significa che sono dalla parte del male, se una cosa come il male esiste. Quando scrivo non sempre sono d’accordo con ciò che accade, e non mi vado a ficcare nel fango solo per il gusto di farlo. Inoltre, è curioso che le persone che inveiscono contro il mio lavoro sembrino trascurare quelle parti che parlano di gioia e amore e speranza. E tali parti esistono. Le mie giornate, i miei anni, la mia vita hanno visto alti e bassi, luci e tenebre. Se scrivessi solo e continuamente di “luce” e non menzionassi mai il resto, come artista sarei un bugiardo.
La censura è lo strumento di coloro che hanno la necessità di nascondere la realtà a se stessi e agli altri. La loro paura è solo l’incapacità che hanno di affrontare ciò che è reale, e non riesco ad arrabbiarmi con loro. Sento solo questa tristezza spaventosa. Da qualche parte, nella loro educazione, sono stati schermati contro la totalità dei fatti della nostra esistenza. È stato loro insegnato a guardare in un solo modo quando ne esistono molti altri.
Non mi stupisce che uno dei miei libri sia stato preso e rimosso dagli scaffali di una biblioteca locale. In un certo senso, sono onorato di aver scritto qualcosa che ha risvegliato questa gente dalla sua imponderabile profondità. Ma sto male quando il libro di qualcun altro viene censurato, perché quel libro, di solito è un gran libro, di quelli che ne esistono pochi, e nel corso dei secoli è questo il tipo di libro che è spesso diventato un classico, e ciò che si pensava scioccante e immorale è diventato una lettura obbligatoria in molte delle nostre università.
Non sto dicendo che il mio libro appartenga a quest’ultima categoria, ma sto dicendo che di questi tempi, in questo momento in cui ogni momento potrebbe essere l’ultimo per molti di noi, è dannatamente irritante e incredibilmente triste che abbiamo ancora tra noi gente tanto mediocre e amareggiata, cacciatori di streghe e persone che declamano contro la realtà. Eppure, anche questi fanno parte di noi, sono parte del tutto, e se non ho scritto cose su di loro, dovrei forse farlo. Magari qui. E ora basta.
Un augurio che le cose migliorino, tuo
Charles Bukowski
(traduzione di Nicola Manuppelli)