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Chetna Maroo. T

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Una scrittura lenta, silenziosa, ma di una potenza strepitosa come l’acqua che corrode la roccia: esce per Adelphi il romanzo di Chetna Maroo scrittrice angloindiana, nata in Kenia che vive a Londra… T questo è il titolo di un voce che non dimenticherete tanto facilmente.

Una storia di formazione, di elaborazione di un lutto e della necessità di crescere e mano, mano che leggiamo, la scrittura si potenzia diventa vissuto e trascendenza, ma soprattutto diventa una inesorabile parabola dove non è il dolore a farla da padrone, ma la delicatezza, il fluire del ricordo che si fa presente e aspetta di diventare futuro.

Un campo di squash – nel punto T – dove tutto può essere perfetto, un confine dal quale si prova a uscire per segnare il punto di una partita che diventa speculare a tutto quello che è accaduto prima affinché la protagonista possa trovarsi esattamente in quel punto, superarlo e alzare la racchetta in segno di vittoria. “Eravamo in tre, tutte femmine. Alla morte di mamma io avevo undici anni, Khush tredici, Mona quindici. Giocavamo a squash e a badminton due volte alla settimana da quando eravamo abbastanza grandi per impugnare la racchetta, ma non era nulla in confronto al regime che sarebbe arrivato dopo”.

La voce narrante è di Gopi, la piccola di casa. Gopi ha solo undici anni quando muore la madre. Per la zia Ranjan, le tre sorelle non sono che delle “selvagge” così dice al padre di Gopi, palesando che non rispettano le regole della comunità indiana alla quale appartengono. Per questo il padre decide che hanno bisogno di una passione che dia loro la forza e la disciplina, diventare grandi e tutto questo sarà allenarsi e giocare a squash. Non funzionerà per tutte. Ma forse questo ha poca importanza. Ben altri sono i messaggi nei quali scoprire come il punto T sia solo punto di partenza di un viaggio fatto di sentimenti delicati e di rossori improvvisi.

T è un romanzo sulla sorellanza e sulla lotta di una adolescente per arrivare alla età adulta con la consapevolezza dei propri sentimenti… “in campo, la mente non è rivolta solo al colpo che stai per eseguire e a quello con cui l’avversario potrebbe rispondere, ma anche ai due, tre, quattro colpi che seguiranno. Osservi la posizione dell’avversario e il suo gioco, fai i calcoli. E’ così che scegli da che parte andare. Anche se la mente percorre più strade allo stesso tempo, non c’è scissione, ma una espansione avanti e indietro nel tempo, talmente rapida da sembrare istintiva. A volte non ti accorgi nemmeno di pensare”.

La mancanza della madre diventa il perno di un sentimento più alto; il dolore che prova il padre diventa desiderio di ritrovare se stesso attraverso le voci delle figlie, attraverso anche una lingua che pare dimenticata ma che è frutto di memoria antica. Il gurajati la lingua preferita e con la quale si esprimeva la madre. Gopi ha paura di dimenticare, di non aver fatto abbastanza attenzione per questo sostituisce la parola con il gesto. E ogni punto che riesce a segnare è una parola nuova guadagnata che le permetterà di attraversare il confine per ricongiungersi al padre e poi essere libera di volare a sua volta. Una scrittura lenta, silenziosa, dicevamo, ma che si alza potente di ali e superba nel volo.

Maria Caterina Prezioso

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