L’ululato di un’ambulanza di passaggio risveglia un coro di ululati canini – quadrupedi da salotto e da guardia, bastardi e di razza, e introduce nella prima scena de L’invenzione del suono, romanzo di Chuck Palahniuk che Mondadori oggi propone in libreria nella collana “Strade blu” (traduzione calibratissima di Gianni Pannofino). Fin dalle prime battute il sistema letterario ad orologeria costruito da Palahniuk, prima ancora della storia, degli accadimenti, del dispiegarsi delle personalità dei singoli personaggi, rivela nel suo tessuto la presenza di qualcosa che sembra informare la realtà, conferendole una nota precisa, e che sommariamente potremmo catalogare come perturbante. Perturbarte è anche la vicenda di Gates Foster, che da diciassette anni cerca Lucy, la figlia scomparsa, e quella di Mitzi Ives, apprezzata rumorista che impiega i segreti un tempo appartenuti al padre per sonorizzare scene di violenza e di orrore di molti film di Hollywood. Improvvisamente un indizio circa il destino della figlia si offre a Gates Foster, la fama di Mitzi va consolidandosi con la creazione di sempre più agghiaccianti urla di scena così ben elaborate da sembrare reali, mentre è il loro rapporto a entrare in crisi sullo sfondo di una città del cinema la cui violenza sotterranea tracima superando la facciata di patinata perfezione, segnando più o meno profondamente le esistenze dei singoli individui. Assecondando queste cadenze, il romanzo svela ancora una volta la geniale vena di Palahniuk, che raggiunge uno dei più significativi vertici della sua sorprendente produzione letteraria.
Paolo Melissi
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Dalla strada giunse il lamento di un’ambulanza, e tutti i cani si misero a ululare. Pechinesi e border collie. Pastori tedeschi, Boston terrier e whippet. Bastardi e di razza. Dalmata, dobermann pinscher, barboncini, bassotti e bulldog. Cani da guardia e da salotto. Domestici e randagi. Meticci e col pedigree, ulularono tutti insieme al passaggio della sirena. E per quel lungo momento furono tutti membri dello stesso branco. E gli ululati di tutti quei cani divennero un unico ululato. Così forte da sovrastare la sirena. Finché il suono che li aveva uniti svanì, ma l’ululato continuò ad autoalimentarsi. Nessun cane, infatti, poteva rassegnarsi ad abbandonare per primo quel raro momento di comunione.
A letto, Jimmy si sollevò su un gomito e si mise in ascolto. Domandò: «Perché?». Accanto a lui, Mitzi si riscosse. Prese un bicchiere di vino dal pavimento e domandò: «Perché che cosa?». Nel palazzo per uffici dirimpetto c’era un’unica finestra illuminata. In quella cornice, un uomo fissava lo schermo di un computer, la faccia inondata dalla luce cangiante delle immagini in movimento. La luce gli danzava sugli occhiali da vista e faceva scintillare le lacrime che gli scorrevano sulla guancia. I latrati proseguivano, non solo all’aperto, ma anche nei palazzi circostanti. Tra i peli del pene umido e moscio di Jimmy, una vescica purulenta sembrava sul punto di esplodere, un ponfo saturo di pus bianco-rosaceo. Lui domandò: «Perché i cani ululano così?». Quando lei allungò una mano in direzione del ponfo, risultò che non era una malattia. Era una cosa appiccicata alla pelle, questo sì: una pasticca. Medicina. Un sonnifero vagante. Un Ambien, che lei prese, si mise in bocca e buttò giù con un sorso di vino.
Rispose: «Risonanza limbica». «Che roba è?» domandò Jimmy, alzandosi dal letto.
Un gentiluomo non era, Jimmy. Un cavernicolo, sì. A piedi nudi sul pavimento di legno levigato, afferrò un bordo del materasso e lo tirò giù dalla rete, con Mitzi sopra. Non la prese per i capelli, almeno quella volta, ma la trascinò con tutto il materasso dall’altra parte della stanza fino alla finestra che si affacciava alta sulla città. «Risonanza limbica. È il mio lavoro.» Posò il calice di vino vuoto sulla mensola della finestra. Le file di lampioni sfolgoravano sotto il caos aleatorio delle stelle. Gli ululati andavano smorzandosi.
«Il mio lavoro» disse Mitzi «consiste nel far gridare tutti nello stesso preciso istante.»
Invece di un avvocato, Foster chiamò Robb, il coordinatore del suo gruppo. I poliziotti non erano neanche veri poliziotti. Solo dipendenti dell’aeroporto. Quanto a Foster, lui aveva soltanto toccato la bambina: di reato era un’esagerazione parlare. Era in stato di fermo, ma soltanto in una sala mensa dietro la biglietteria della compagnia aerea. Su una sedia pieghevole di metallo. Un’intera parete era occupata da distributori automatici. La mano gli sanguinava da un piccolo morso a forma di mezzaluna.
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Copyright © 2020 by Chuck Palahniuk
© 2021 Mondadori Libri S.p.A., Milano
Titolo dell’opera originale
The Invention of Sound
I edizione giugno 2021