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Claudio Sanfilippo, Il prigioniero

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Laddove spira più tagliente il vento, e alto si leva il mare e non lievi sono i pericoli da superare, mi sento a mio agio.

(Friedrich Nietzsche)

Su la docile sabbia il vento scrive
con le penne dell’ala; e in sua favella
parlano i segni per le bianche rive.

(Gabriele D’Annunzio)

Fino a cinquant’anni fa la casa ospitava transumanze, oggi è in affitto per chi ci passa; turisti, viaggiatori, residenti temporanei. Cambiata la destinazione come il valore, in tutti i  sensi. In mezzo secolo è rimasta la stessa soltanto esteriormente, è diventata una cosa diversa. Ha il fascino della costruzione rurale rimodernata, ma la sua origine era un’altra, pensata e costruita per ospitare pochi uomini (uno, due al massimo) e tanti animali.

Nello stesso periodo il maestrale è invece rimasto lo stesso e anche al netto dell’ozono la sua natura è rimasta intatta. Da queste parti le botte di maestrale sono imponenti, è quindi difficile, se si ama stare al vento, smarcarsi dal suo carisma e non lasciarsi spettinare. Era arrivato un tale colpo che mi sembrava di avere in testa una randa, pronto a salpare l’ormeggio, che tanto al resto avrebbe pensato lui.

Tra la rocca di Calvi e Ile Rousse ci sono centoquaranta gradi, davanti a me un paio di barche stringono di bolina, bordeggiando. Stappo una Colomba, mi lascio suggestionare dai sentori di macchia promessi sull’etichetta, al mirto e al ginepro forse ci arrivo per fiducia, ma al corbezzolo no, sono onesto: neanche con la liquirizia. Buona, il fondo è amaro, fa venir voglia di fumare. Penso: è un posto buono per ripararsi dall’assedio, un rifugio, che comunque è una buona notizia. Tre chilometri più avanti, nel nuovo centro commerciale che per fortuna da qui non si vede, ci sono banche-dormitorio, il parcheggio è una tendopoli per gli ex-dipendenti, ma il vento impetuoso soffia via il sogno, lontano. Mi sento come il cane al quale si scioglie la catena.

Qualche decina di metri più su un piccolo rapace si abbandona in una galleria invisibile, il maestrale ha un volume sonoro che cambia, porta quello che ha raccolto e che non ha perso per strada, dalla montagna al mare, qualche voce dal lungomare, qualche finestra aperta, gente che beve che parla e che scopa, voci nel cinema all’aperto a un passo dal primo spettacolo, pizzerie che iniziano a riempirsi. Prego un angelo, un dio, affinché il Kali Yuga lasci posto al crepuscolo, per i miei figli e i figli dei miei figli.

Corbara (Balagne), Corsica, Agosto 2014

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