Da una decina di anni come suggerisce la legge italiana n. 177 del 2000, che ha istituito il Giorno della Memoria — ricordiamo “l’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, le leggi razziali,la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche incampi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, e a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati” (così l’articolo 1). Lo facciamo “in modo da conservare nel futuro dell’Italia la memoria di un tragico e oscuro periodo della storia del nostro Paese e in Europa, e affinché simili eventi non possano più accadere” (articolo 2). Ricordiamo perché — come sta scritto nel lager di Dachau — “Coloro che dimenticano il passato sono condannati a ripeterlo”. È giusto; ma dobbiamo fare i conti con le trappole della memoria, che sono numerose. La memoria a comando, negazione del ricordo personale; il dovere della memoria, routine burocratica come i nomi delle strade nelle città; la memoria falsa, per nascondere o creare conflitti; quella ufficiale, priva della critica e dell’analisi storica; quella rancorosa, fonte di risentimenti e divisioni, anziché di coesione.
(Giovanni Maria Flick – L’ Osservatore Romano – Pag. 4 -24/01/2012)