È tutto così triste, alla fine.
Triste?, chiese l’uomo.
Sì, triste. Prima o poi vanno tutti a letto, dico bene? Sono cose che succedono la notte. Le persone spariscono, sempre che ci siano mai state.
Un uomo e una donna, marito e moglie, viaggiano su un treno diretto in una località senza nome, presumibilmente da qualche parte nei Balcani. È notte, fuori dal finestrino c’è solo buio e neve. Lei è malata, forse sta morendo, lui è stanco, sfinito. Con qualche difficoltà riescono finalmente ad arrivare dove devono, in un grande albergo semi deserto. Si avvia così Cose che succedono la notte, ultimo romanzo di Peter Cameron, edito da Adelphi 2020, traduzione a cura di Giuseppina Oneto.
La prima scena – il treno, l’albergo – rappresenta l’approdo ad un mondo di vaghezza e presenze sfuggenti. Dei due protagonisti non sappiamo – e non sapremo – il nome, così come non sapremo quello del paese in cui la storia si svolge. Sappiamo però che sono partiti da molto lontano, da New York, per recarsi in un orfanotrofio e adottare un bambino. A fare da contorno alla loro storia, c’è la bizzarra umanità che abita l’albergo e i luoghi lì vicino: una vecchia attrice, un ambiguo uomo d’affari, un barista silenzioso, un misterioso guaritore.
L’uomo e la donna, così distanti da casa, iniziano a perdersi. O forse a ritrovarsi. Cameron mette in piedi una specie di teatro dell’assurdo in cui i due protagonisti si muovono sul filo sottile di cose non dette, di sentimenti e pulsioni tenuti a lungo nascosti. Proprio l’incomunicabilità emerge come uno dei temi portanti del romanzo. Cosa è possibile dire nell’amore? L’amore, semplicemente l’amore, può bastare a comunicare la fragilità del vivere, il morire? La risposta, come forse è giusto che sia, rimane ambigua. Fuggono verso due desideri opposti, l’uomo e la donna: l’una cerca solo riposo, la pace; l’altro invece cerca in qualche modo un movimento, il ritorno alla vita. È in definitiva l’analisi di un rapporto di coppia, filtrato attraverso una messa in scena a metà strada tra l’allucinazione e la fiaba. Contribuisce a dare l’idea di spazio interiore anche la rappresentazione degli ambienti. Il paese senza nome pare quasi non esistere, fatto com’è di pochi luoghi – l’albergo, l’orfanotrofio, la casa del guaritore – e di neve a perdita d’occhio. Domina, nel libro, un’atmosfera di sogno, tutto sembra svolgersi seguendo una logica indecifrabile: le cose in apparenza sono casuali e insieme pregne di significato. Qui risiede anche il fascino del racconto – e la bravura di Cameron narratore -, nella capacità cioè di non sbilanciarsi mai, di riuscire a mantenere intatta l’atmosfera fino alla fine, senza concedersi facili spiegazioni o risoluzioni consolatorie.
Cose che succedono la notte è un romanzo intenso, si legge velocemente, forte di una scrittura piana e senza impennate. Lavorando su una materia vasta e complessa – l’amore, la sessualità, i segreti, la morte -, Cameron costruisce una storia che ha anche il merito di continuare a lavorare nella mente del lettore a libro chiuso.
Edoardo Zambelli