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Cristina Di Giorgi, Bianca Penna (a cura di). Ignoto Militi. Le donne raccontano il Figlio d’Italia

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Quattro novembre 1921-Quattro novembre 2021. A cent’anni esatti dalla tumulazione della salma del soldato sconosciuto presso il sacello del Vittoriano, Idrovolante Edizioni tenta il colpaccio con una raccolta di saggi interamente al femminile.

Perché se il Milite Ignoto, che da un secolo veglia – vegliato a sua volta da una fiamma perennemente accesa e da militari che si danno il cambio 24 ore su 24 – sull’Italia dall’Altare della Patria, è per antonomasia il figlio prediletto della Nazione, allora pare più che ovvio che tutte le donne italiane ne siano, siano state e saranno le madri (oltre che sorelle, fidanzate, mogli, amiche…).

Dunque, questa raccolta di saggi di giovani autrici italiane contemporanee casca, come si suol dire, “a fagiuolo” al fine di meglio far passare un concetto che la storiografia del settore ha iniziato a vagliare da relativamente poco tempo.

Alludo alla presunta passività delle donne durante la prima deflagrazione mondiale. Eccezion fatta per chi, fra loro, scelse di essere presenti al fronte come crocerossine, infermiere, volontarie di vario tipo.

Ebbene, il coraggio più ardimentoso lo dimostrarono invece le semplici donne di popolo, animate da un amor patrio se possibile ancora maggiore rispetto a quello dei loro uomini. Donne che, in una trasposizione laica della Pietà michelangiolesca, sapevano di non potersi opporre al destino in cui i loro padri, mariti, amati, fratelli avrebbero potuto impattare. Altresì erano mosse dalla convinzione – gelosamente conservata nel segreto dei propri cuori – che il loro sangue non sarebbe stato versato invano, avrebbe anzi irrigato e reso fertile il suolo dell’Italia ventura.

Racconti di estensioni diverse, tutti basati su fatti realmente accaduti e focalizzati su personaggi davvero esistiti e operanti durante la Grande Guerra, alcuni anche rielaborazione di narrazioni famigliari ascoltate direttamente dalle voci di genitori o nonni. Quasi tutti possiamo infatti vantare, a distanza generazionale più o meno ampia, un Fante d’Italia in famiglia, ma in pochi lo sappiamo. Fra questi pochi, c’è ancora chi se ne vergogna.

Ma che senso può avere la vergogna all’interno di una dinamica come questa? A maggior ragione se il nostro avo soldato nel Primo Conflitto in guerra c’è morto o, ancora, risulti nel numero paurosamente alto dei dispersi. Non è quasi un ammazzarlo un’altra volta, o caricare la sua anima che già non può godere dell’unico diritto che spetta a tutti i defunti, ossia dell’omaggio di qualche fiore sulla sua tomba, di un ulteriore, inutile dolore?

Pensiamoci bene, l’ascendente disperso in guerra di cui non parliamo volentieri – per paura che venga considerato, e di conseguenza l’accusa venga estesa a noi in quanto discendenti, un guerrafondaio, un violento, un imperialista – può essere quel Milite Ignoto che da un secolo, da Roma Madre delle Genti, veglia sulla Nazione.

Arricchito da tre succulente appendici, la prima di approfondimento storico, la seconda di valore politico-sociale, l’ultima di marca squisitamente letteraria, Ignoto militi raccoglie 14 saggi. Undici sono dedicati ad altrettanti militi ignoti caduti negli 11 principali campi di battaglia della Quarta Guerra d’Indipendenza. A questi se ne aggiungono altri tre (una storia dall’Italia del passato, una da e per quella del futuro, una che trascende il tempo e lo spazio). Una antologia che va annoverata sotto la dicitura, forse banale ma certo non banalizzante, di “non il libro che l’Italia merita, ma certamente quello di cui ha bisogno”. Quest’Italia volutamente ignara, dimentica, che tutto vuole (e fa) fuorché i conti col proprio passato, glorioso o misero.

Ricordare la Grande Guerra e soprattutto farla ricordare, prendendo magari spunto da spiragli di storia poco approfonditi, può sicuramente avvicinare molti di noi alla convinzione che, durante quel tremendo conflitto – come speriamo non ce ne siano mai più, e anzi di nessun tipo – prima di un ventennio abbondante di divisioni e lotte fratricide, gli italiani si sentirono davvero, forse per la prima volta, parti più o meno grandi di un organismo unico chiamato Nazione, da preservare, proteggere e far prosperare.

Se ne convinse anche l’internazionalista Peppone, allorquando l’amico/nemico Don Camillo fece risuonare sulla piazza di Brescello le note della Canzone del Piave!

Alberto De Marchi

Recensione al libro Ignoto Militi. Le donne raccontano il Figlio d’Italia (a cura di) Cristina Di Giorgi e Bianca Penna, Idrovolante Edizioni 2021, pagg. 200, € 18,00

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