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Cucina vigliacca. Ricette per rimanere in vita. Intervista a Stefano Tarquini

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Cucina vigliacca, ricette per rimanere in vita, è un ricettario poetico di Stefano Tarquini edito da Affiori nel 2024 e appunta, come in un variegato taccuino transmateriale, gli elementi che fanno il contorno del reale, del corpo. I simboli stessi sono materia plasmata dalla parolacibo – digerire, metabolizzare, tornare a un diverso inizio – che ripete differenziando melodia e armonia: «un cambiamento radicale di vita privata è stato l’innesco per tornare a scrivere». La scrittura di Tarquini è viscerale e esterna allo stesso tempo, corpo condiviso: «godo quando scrivo soprattutto con gli altri», un buio che viene a pelle e rischiara la solitudine umana. Soprattutto è poesia che si colloca come un gesto «fatto insieme» un collettivo che scolla il soggettivo e lo desidera compresente. Un feroce atto di amore e ribellione sembra costruire il luogotempo dei ricordi, degli oggetti, dei gesti e delle mattine. «Sono stato, sono e sarò sempre punk» scrive il poeta e il desiderio anarchico non è caos fine a sé stesso ma liberazione dalla formalità borghese che spinge l’atto poetico a scuotere, rompere lo status quo, a inclinare l’orizzonte dell’omologazione verso una plurivoca dimensionalità diagonale…

Gianluca Garrapa

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Qual è stata la genesi del tuo libro e perché hai desiderato scriverlo?

L’idea di questa raccolta, chiamata proprio come l’ho chiamata, nasce in piena post adolescenza. Attorno agli anni 2000 e attorno ad un locale, che fortunatamente esiste ancora, il Dissesto, nasceva una crew di amici che suonava e scriveva. La prima stesura della cucina infatti, era formata da una ventina di testi, fotocopiati, ciclostilati e poi regalati a questa brigata di mezzi matti. Poi nel 2003 ho smesso di scrivere testi poetici per dedicarmi completamente alla stesura delle canzoni di un gruppo musicale con cui ancora suono, i Palkosceniko al Neon, l’attività live del gruppo era infatti talmente copiosa, da togliermi le energie necessarie da dedicare alla poesia. Poi a quarant’anni un cambiamento radicale di vita privata è stato l’innesco per tornare a scrivere non solo testi musicali e a parte una prima parentesi ( “I giorni furiosi”, Transeuropa 2021), mi sembrava opportuno ripartire da questo titolo che rappresentava il punto esatto in cui mi ero fermato.

Quando scrivi, godi?

In linea di massima godo di più quando edito, che è partecipare alla scrittura degli altri, là do proprio il massimo. Mi spiego. Il mio sogno è editare per lavoro, ma questa figura in poesia è ancora all’acqua di rose, contrariamente alla narrativa in cui un buon editor è ormai importante quanto l’autore. Un editor adatto sposta di molto il risultato editoriale di un libro anche mediocre. Quindi ecco penso di aver risposto, godo quando scrivo soprattutto con gli altri.

Un estratto dal libro che è risultato più difficile o particolarmente importante: perché? Lo puoi trascrivere qui?

Educazione

Splendiamo di un buio feroce

stilando una retta in tre punti

le viscere innescano il vuoto

al netto del tuo disincanto.

Mi avrebbe fatto piacere riportare qui le varie fasi di stesura di questo testo, ricordo solo che si chiamava disincanto. Il cambio di titolo è esplicativo. Per me significa una presa di coscienza maggiore rispetto la direzione del libro, volutamente più coraggioso rispetto l’allineamento allo spezzare, al benessere nel vuoto piuttosto che nel pieno, attitudine da seguire invece di esserne spaventati.

Se non fosse scrittura, cosa potrebbe essere il tuo libro?

Non so, penso a qualcosa di artigianale. Qualcosa di fatto a mano, da un piatto di pasta ad una parete di cartongesso. Un qualcosa di fatto insieme.

Che rapporto hai con la censura?

What’s censura? Non è una parola che sta nelle mie corde. Non censuro né voglio essere censurato. Mi censurano quindi? Ti faccio io questa domanda. Forse dico quello che penso, e quando non si hanno filtri puoi non essere ben visto, non so. Forse cerco di vivere tendendo alla libertà al contrario di quelli che in gabbia ci si mettono da soli. Il fatto che le mie scelte personali e la mia attitudine non mi permettono di arrivare ovunque è legittimo, può capitare, ne sono cosciente e mi rende orgoglioso. Non soddisfatto, bada bene, ma orgoglioso quello sì. La mia confort zone è stare ai margini, non nei salotti letterari, le kermesse abominevoli, la logica degli inviti per fare pubblico, le recensioni, facebook. Sono stato, sono e sarò sempre punk.

Per te scrivere è un mestiere o un modo di contestare lo status quo?

Senza ombra di dubbio la seconda. Ci dovremmo riabituare a certe pratiche, seppur scomode.

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Stefano Tarquini, Cucina vigliacca, ricette per rimanere in vita, Affiori ed. 2024

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