L’arte dada è l’arte dell’anti-arte.
A Zurigo, nella neutrale Svizzera, nell’ambiente intellettuale cosmopolita e illuminato formato da coloro che vi avevano trovato riparo dai sanguinosi orrori della Grande Guerra, nasce l’idea di dada. Sul significato della parola dada, i dadaisti ne hanno dette tante, in assenza di vere certezze risulta comunque chiaro il valore di non senso che la parola esprime. All’inizio “Dada” è anche l’idea di una rivista. Ne progetta il tutto, lo scrittore e uomo di teatro tedesco, Hugo Ball, nella pagina di una pubblicazione di carattere artistico e letterario apparsa nel maggio 1913, con il nome di “Cabaret Voltaire”. “Il piccolo fascicolo che pubblichiamo oggi è frutto della nostra iniziativa e della collaborazione dei nostri amici in Francia, in Italia e in Russia. Esso deve indicare l’attività e gli interessi del cabaret, la cui intenzione è di ricordare, al di là della guerra e delle patrie, quei pochi indipendenti che vivono di altri ideali. Lo scopo degli artisti qui riuniti è l’edizione di una Revue Internationale”. Il Cabaret Voltaire, del cui spirito tale fascicolo esprime tutta la sprizzante energia, era appunto un cabaret letterario e artistico, aperto, vissuto e animato a partire dal febbraio 1916 da Hugo Ball, trovatosi subito accompagnato dalle energie dei giovani letterati come il poeta rumeno Tristan Tzara, il tedesco Huelsenbeck, il pittore Hans Arp, Marcel Janco e la poetessa, compagna di Ball, Emmy Hennings, che recitava e cantava. Il riferimento a Voltaire, la figura dell’illuminismo più conosciuta nel globo terrestre, è in rapporto al romanzo “Candide” (in italiano Candido), da lui scritto, vero e autentico manifesto delle potenzialità rischiaranti e risucchianti della ragione secondo un punto di vista nichilista. A tale orientamento Ball e il suo cabaret intendono richiamarsi. Nel diario di Ball si legge una frase esplicativa e chiarificante. “Gli ideali della cultura e dell’arte come programma per uno spettacolo di varietà, questa è la nostra variante del Candide dei nostri tempi”. Lo spirito del gruppo si evince dalle iniziative che caratterizzano il Cabaret Voltaire che si possono sintetizzare come una derivazione della cultura Kandinskijana. Ball, infatti, proveniente da Monaco aveva avuto intensi e stretti contatti con Kandinskij e il Blaue Reiter. Essi avevano pensato di fondare una società internazionale per l’arte moderna che avrebbe dovuto basarsi proprio sul teatro, in quanto nell’azione teatrale vedevano una potenzialità di sintesi delle arti e dei linguaggi che avrebbe consentito all’uomo di avviare una profonda e sentita rigenerazione. L’attività del cabaret è intrinseca di incroci, tra letture di poesia, brani di musica classica, canti popolari e momenti sommi di puro “rumorismo”. Ampio spazio alla danza, quindi allo spirito e al corpo, ma prepotente priorità del gruppo è il rapporto di provocazione con il pubblico e la sperimentazione di una poesia dai suoni secondo onomatopee astratte. Da queste premesse nascerà la favolosa storia dell’avanguardia, che non si propone come altra avanguardia, di Tzara, che farà il suo ingresso nella storia con il “Manifesto Dada 1918” pubblicato da Tzara nel dicembre del 1918.
“Scrivo un manifesto e non voglio niente, eppure certe cose le dico, e sono per principio contro i manifesti… ”