L’origine dei mali: “Prima [che Pandora aprisse l’orcio] vivevano sulla terra le stirpi degli uomini lontano dai mali e dalla dura fatica e dai morbi penosi, che danno morte agli uomini. Ma la donna levò con le mani il grande coperchio”.
Una storia triste: “Filisco abitava presso le mura. Si mise a letto. Il primo giorno, febbre acuta; sudava; notte travagliata. Il secondo giorno, acutizzazione generale; sul tardi, dopo un clistere evacuava bene; notte tranquilla. Il terzo giorno, la mattina e sino a mezzogiorno sembrava sfebbrato; ma verso sera febbre acuta, con sudore; assetato; la lingua era secca; faceva urina nera; notte difficile; non dormiva; era completamente fuori di senno. Il quarto giorno, acutizzazione generale; urina nera; notte più sopportabile; urina di colore migliore. Il quinto giorno, verso mezzogiorno, aveva una leggera perdita di sangue puro dal naso; urina di vari colori, con materia in sospensione rotonda, simile a sperma e sparsa; non sedimentava; in seguito all’applicazione di una supposta, evacuava poco con flatulenza; notte travagliata; brevi appisolamenti; parole, delirio; estremità fredde dappertutto, e che non si riscaldavano più; faceva urina nera; si addormentava un poco all’alba; perdita della voce; sudava freddo; estremità livide; verso mezzogiorno, il sesto giorno, morì.”
È in libreria I Greci, i Romani e… la Medicina di Damiano Fermi (Carocci editore 2024, pp. 228, € 16,00)
Damiano Fermi si occupa di letteratura greca antica, con particolare attenzione ai modelli culturali delle narrazioni mitiche. Ha pubblicato saggi, curatele e la monografia Lo sventurato connubio. Ricerche sul mito di Koronis (Bari 2018). Ha curato la traduzione e il commento di due poemi epici tardi: (Quel che Omero non disse. «Il ratto di Elena» di Colluto e «La presa di Ilio» di Trifiodoro Roma 2023).
Grazie a un’ampia selezione di testi greci e latini, il volume illumina i grandi temi della riflessione medica nell’antichità classica: le concezioni di malattia e salute, lo statuto epistemologico della medicina e il suo dialogo con altri saperi, il ruolo sociale del medico e la natura della relazione con il paziente.
Un percorso affascinante nell’universo dei Greci e dei Romani, che esplora operatori, luoghi e strumenti della cura, intrecciando una polifonia di voci. Il risultato è una testimonianza della centralità della medicina antica, non solo come espressione di pensiero scientifico e filosofico, ma anche come pilastro della storia delle idee e della cultura.
Dalle leggende di Asclepio, il dio della guarigione, agli scritti pratici di Ippocrate, ogni capitolo ti guida attraverso le complesse dinamiche tra medicina, magia e filosofia. La struttura del libro, composta da piccole antologie tematiche, rende ogni lettura un’esplorazione mirata e coinvolgente.
I Greci, i Romani e… la Medicina non è solo un viaggio nel passato, ma una riflessione su come le radici della medicina antica continuino a influenzare le pratiche sanitarie odierne. È una lettura indispensabile per chiunque voglia comprendere le origini della scienza medica e il modo in cui le antiche civiltà hanno plasmato la nostra concezione della salute e del trattamento delle malattie.
Carlo Tortarolo
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Influssi ambientali
Ippocrate, Arie, acque e luoghi 1-2 e 14
Chi vuole cercare di conoscere l’arte medica in modo corretto occorre faccia tali cose: anzitutto bisogna considerare, a proposito delle stagioni dell’anno, quali effetti ciascuna sia capace di produrre; infatti, esse non si somigliano per nulla, anzi differiscono molto tra loro e nei cambiamenti; in secondo luogo i venti caldi e freddi, specialmente quelli che sono comuni a tutti gli uomini, poi anche quelli che sono propri di ciascuna regione. Poi si deve altresì considerare la proprietà delle acque: come esse differiscono in sapore e in peso, così pure le proprietà di ciascuna di esse sono molto diverse. Quindi, quando un medico arriva in una città di cui non ha esperienza, bisogna che esamini con attenzione la sua posizione, com’è collocata rispetto ai venti e al sorgere del sole. […] E anche il regime degli abitanti, quale sia loro gradito, se amino bere, pasteggiare a mezzogiorno e siano inattivi, oppure se amino la ginnastica e la fatica, se siano forti mangiatori e bevano poco.
E, partendo da questi dati, occorre considerare ogni caso. Se, infatti, un medico li conoscerà bene, preferibilmente nella loro totalità, altrimenti per la maggior parte, non gli sfuggiranno, al suo arrivo in una città di cui non abbia esperienza, né le malattie locali, né lo stato delle cavità interne degli abitanti, in modo che non sarà in imbarazzo nella cura delle malattie e non commetterà errori: le quali cose è normale accadano se non si può riflette anticipatamente su ciascun caso avendo conosciuto in precedenza tali dati. […]
[A proposito dei Macrocefali] Non c’è nessun altro popolo che abbia teste di forma simile. In origine, infatti, fu l’uso la causa principale della lunghezza della testa, ma ora anche la natura concorre all’uso.
Infatti, consideravano i più nobili quanti avevano la testa più lunga. Questi i fatti riguardo all’uso.
Appena il bambino è nato, con le mani modellano la sua testa, ancora tenera poiché il corpo è molle, e la costringono ad accrescersi in lunghezza, applicandovi delle bende e degli apparecchi appropriati, sotto l’azione dei quali la sfericità viene compromessa, mentre la lunghezza aumenta. Così in origine operò l’uso, in modo che si sviluppasse una natura siffatta per effetto di costrizione.