“Nel pomeriggio di Capodanno, ho passato una mezz’ora o giù di lì a discutere di Stephen King con il mio collega David Lazarus al Patt Morrison Show. Lo spunto era la decisione del New York Times di includere il nuovo romanzo di King, ’11/22/63′, nella lista dei 10 migliori libri del 2011. Ma la domanda più grande aveva a che fare con i meriti di King come scrittore, che, quasi 40 anni dopo che lo scrittore ha iniziato a pubblicare, rimane un’argomento di conversazione, se non proprio di dibattito. Per la cronaca, non ho un gran parere di ’11/22/63′, l’ho trovato tortuoso e vago – per non dire troppo lungo. E tuttavia, credo anche che, come molti scrittori di genere, King abbia scontato il fatto di essere molto popolare, mentre il suo lavoro ci parla molto e con grande acutezza di chi siamo noi oggi. Al di là della meccanica, della trama, d’orrore, io che ci offre il re sono interazioni domestiche, fette di vita familiare e civile. Egli scopre le nostre ansie, le nostre preoccupazioni, le nostre ossessioni – l’oscurità interiore che tutti conosciamo. Ecco perché, per me, alcune delle sue opere più toccanti sono quelle più realiste: ‘Il Corpo’, ‘Misery’ o la recente raccolta di racconti del 2010 ‘Notte buia, niente stelle’. Lì, il re affronta una desolazione soprattutto umana, la desolazione di un’anima vuota. Questa è la chiave della sua scrittura, che quando è ai massimi livelli, ci rivela la realtà ordinaria del male, il modo in cui i nostri incubi emergono dalla nostra esperienza quotidiana, dalle nostre paure e dalle nostre frustrazioni, la nostra invidia e la nostra rabbia.
(David L. Ulin, The Los Angeles Times, 11 gennaio 2012)