È successo qualcosa di orribile, di abominevole ad Anna. Qualcosa che lei stessa non ricorda. Non del tutto. Non bene. Ora è in un bosco immerso nella nebbia e forse è legata, nuda, ferita. Forse è stata violata. Forse è morta. Ma non può essere morta perché la sua voce vibra nel silenzio e nell’oscurità. E allora, prima che sia troppo tardi, questa voce di giovane donna prende a parlare per fare la sua confessione. Al suo aguzzino, a sé stessa, a noi che ne restiamo subito sedotti. Come se la sua voce fosse un canto o un discanto di sirena.
Inizia così Quante bugie hai detto questa sera di Alessio di Girolamo, pubblicato a novembre del 2018 da TerraRossa Edizioni, nella collana “Sperimentali” diretta da Giovanni Turi. Con un prologo nel quale veniamo gettati anche noi lettori insieme ad Anna. Noi, ciechi come lei. Noi che, sempre come lei, non capiamo e che per salvarci non possiamo fare altro che aggrapparci alla sua voce per dipanarne i fili, perché a parlare non sembra essere soltanto Anna, ma anche altre presenze, entità, che vivono dentro e fuori di lei. Perché, per esempio, c’è una voce che la rimprovera a ogni passo, e questa è quella della sua coscienza; ma ce n’è un’altra che si insinua nel corpo della narrazione con brevi domande, ammonizioni riportate in corsivo: di chi è quest’altra voce e da dove proviene?
Anna è inafferrabile. Lo è anche quando inizia a raccontare della sua infanzia a Torino, dell’assenza del padre, della scuola materna a Villa Genero; della madre, della figura della nonna e delle estati passate con lei a Voli, in Liguria; di Chicca, un’amica che poi però per anni scompare e del dispiacere di non poterla rivedere. Perché questa non è una storia consolatoria. Se cercate una storia consolatoria, guardatevi bene dal leggere questo libro. D’altronde è scritto nella bandella, perché TerraRossa Edizioni ha scelto questa modalità: di inserire nella bandella un breve profilo del “Lettore ideale”. Per Quante bugie hai detto questa sera, il lettore ideale è: «Chi pensa che la letteratura non debba ammettere censure, né pudori; chi ama le opere di Nabokov e Palahniuk; chi accoglie la sfida di un romanzo che si presta a molteplici (ri-)letture; chi non ha della propria giovinezza un ricordo idealizzato».
Che ricordo avete voi della vostra giovinezza e quante bugie vi siete detti e continuate a dirvi sulla vostra giovinezza per rendervela meno greve? Anna è soltanto una ragazza, niente più di una ragazza, e non sembra avere della sua infanzia e pubertà un bel ricordo. È dura con sé stessa. Dura e spietata e un po’ malinconica, forse un poco triste. Forse le cose non sono andate come lei avrebbe voluto. Forse a un certo punto c’è stato un trauma, forse ha subito violenza. E forse è stato per questo che la sua scoperta del sesso è stata così precoce, spudorata, frettolosa. Bruciare tutte le tappe e farlo il più in fretta possibile – continuare a fare sesso più volte possibile – e ricordare tutti i ragazzi avuti e quelli che non erano soltanto ragazzi. E così ecco il Primo, ecco il Secondo, ecco il Terzo: uno di loro è l’aguzzino; uno di loro è colui che l’ha legata e stuprata. Perché non poteva dimenticarla. Non poteva accettare di essere stato lasciato. Ma potrebbe anche darsi che nessuno dei tre sia mai esistito – non in questo modo – e che forse quanto sta raccontando Anna non sia quanto è davvero accaduto. Perché tra i fatti e la loro confessione c’è sempre uno scarto. Maggiore se a parlare direttamente è la protagonista di un romanzo, se è la sua voce, il corpo della sua voce che da solo alza architravi e colonne ed edifica chiese a simboleggiare quanto sia infinito lo spirito ma perituro il corpo. Il corpo di una giovane ragazza afflitta dalle sue paure e incertezze e rabbia e foga e forse anche da qualcos’altro che resta sottotraccia e che si manifesta con i sogni e con i suoi poteri. Perché Anna è convinta di avere dei poteri. Anna, che in continuazione si guarda le mani per esprimere un desiderio, e vede che sono piccole, con tutte le linee al posto giusto, e questa cosa la rassicura. Forse perché segue la linea della vita e quella linea è lunga, ininterrotta, infinita…
«Poi mi guardai le mani e vidi che erano piccole: con tutte le linee al posto giusto. Con l’indice disegnai un cuore nella condensa, un cuore pieno, e guardai attraverso il vetro ma non vedevo più la mamma e mi agitai. Allora asciugai un’ampia porzione del vetro e la ritrovai nella folla. La mamma era bellissima: una bambola con neri capelli crespi e denti regolari e bianchissimi, e di fianco a lei c’era –
Attenta, Anna.»
Alessio Di Girolamo è nato nel 1981 a Torino, dove vive. Dopo aver lavorato in ambito editoriale e in altri campi, anche selvatici, come quello che circondava il magazzino di cassonetti che doveva conteggiare (quasi sempre precariamente e con retribuzioni e contratti di dubbia decenza), attualmente è un operatore del CAS di Alpignano. È stato membro del collettivo sparajurij e della redazione della rivista «Atti impuri». Questo è il suo secondo romanzo. Il primo è andato perduto e ci teneva a farlo sapere.