«Fu uomo solitario, bizzarro, schivo non per timidezza, ma per una sorta di disdegno, di furore, di irrisione. Era nato a Pico, un borgo aspro, un poco banditesco, tra Roma e Napoli, ma poi era andato a vivere a Sanremo, dove poteva indulgere al suo grande e violento vizio, il gioco, che visse con ira e devozione dostoevskiane. Nella letteratura italiana di questo secolo è certo tra i massimi, con Savinio, finalmente scoperto, con Delfini, ancora da scoprire. Non è mai stato scrittore popolare, ma il suo prestigio tra chi ama la letteratura è sempre stato assai alto. Ebbe elogi anche da chi gli era criticamente e intellettualmente estraneo. Ebbe la gloria di essere uno scrittore inutile. I suoi libri affascinano perché contengono attente contraddizioni, e la sua prosa magra, senza sorriso, ma in nessun caso «parlata», si porta appresso immagini di orrore, di sgomento, di decadenza, di spregio».
Giorgio Manganelli
Tommaso Pincio “Ritratto gotico di Tommaso Landolfi” 2012, tecnica mista su tavola cm. 65 x 60