In quella stessa terra, dopo oltre settant’anni, si diceva che l’epidemia nazista fosse tornata e che fosse responsabile dello scoppio della guerra in Donbass. Ma ricordo che di quell’epidemia qui nessuno parlava. Nell’estate del 2014, infatti, la televisione italiana informava sull’importanza di bere molta acqua, evitare il sole nelle ore più calde, mangiare frutta e verdura, e disquisiva su quale fosse il tormentone musicale del momento. Non si faceva cenno al conflitto ucraino e gran parte della popolazione italiana ignorava quanto accaduto a partire dal fatidico novembre 2013, quando si erano conclusi senza risultato i negoziati tra l’allora presidente ucraino Viktor Yanukovyč e gli incaricati dell’Unione Europea, cui spettava il compito di far sottoscrivere accordi che avrebbero rappresentato un ulteriore passo dell’Ucraina in direzione dell’integrazione europea. Nei tanti servizi televisivi di quella estate, continuavo a vedere gente spiaggiata oppure ombrelli sotto la pioggia: giugno caldo record, luglio piovoso, agosto perturbazione atlantica.
“Donbass. La guerra fantasma nel cuore d’Europa”, Sara Reginella , Exòrma Edizioni
Il libro edito nella Collana Scritti Traversi si apre con uno scambio di mail tra l’autrice e l’amico russo Mark, dalla sua città ai confini con l’Ucraina. Amico conosciuto all’epoca in cui in Italia e nel resto del mondo occidentale la guerra del Donbass conduceva un’esistenza spettrale e nessuno ne parlava.
Domenica 13 giugno su quella guerra abbiamo provato a fare il punto sulla pagina Facebook della casa editrice insieme proprio a Sara Reginella, psicologa a indirizzo clinico-giuridico e psicoterapeuta. L’autrice ha raccontato cosa accade in Donbass e come lei è arrivata a scoprirlo, vederlo con i propri occhi e la propria telecamera e infine scrivere di questa guerra fantasma. Sara ci ha raccontato come nel 2015 ha avviato la sua carriera di documentarista in territori di guerra e nel 2016 si è diplomata in Regia e sceneggiatura. La guerra Sara la aveva vista, per la prima volta, proprio con gli occhi di questo amico virtuale, mai conosciuto nel reale. L’autrice decide di partire per capire cosa sta succedendo davvero nel Donbass, visto che non si fida di quel poco che i media trasmettono e dopo aver visto i post dell’amico, che dallo scoppio del conflitto si era impegnato a far conoscere in occidente, attraverso la Rete, quello che accadeva in quei territori, con tanto di video dei bombardamenti in corso. Nel 2014 nell’anziana Europa non si faceva cenno alcuno al conflitto ucraino e gran parte della popolazione italiana ignorava quanto era accaduto a partire dal fatidico novembre 2013. Il libro, in uscita il 17 giugno, prova a raccontare la dimensione umana di un conflitto al confine russo-ucraino che tuttora non fa rumore: migliaia di morti e un fronte di combattimento ancora aperto, ma nessuna notizia nei nostri rotocalchi, al punto che la scarsa attenzione dei media occidentali ha reso quasi invisibile questa guerra combattuta da miliziani atipici: persone comuni che si sono opposte al cambio di governo del 2014. Nel pieno stile di uno Scritto Traverso, con quella scrittura meticcia, questo reportage ci catapulta nella regione del Donbass e ci offre una panoramica del contesto economico e strategico che precede e accompagna il conflitto: dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica alle rivolte di Euromaidan, dal golpe che ha visto l’Ucraina spezzarsi in due (da quando le popolazioni del Donbass si sono opposte al cambio di governo avvenuto a Kiev, da una parte ritenuto un golpe, dall’altra una rivoluzione democratica) alla nascita delle Repubbliche Popolari di Doneck e Lugansk. Dallo scoppio del conflitto, vediamo, attraverso il racconto dettagliato di Sara, come le milizie separatiste delle autoproclamate Repubbliche popolari continuano a scontrarsi con l’esercito ucraino del nuovo governo di Kiev. Un reportage narrativo nella geopolitica dell’Est Europa, dove l’America e i paesi occidentali perseguono lo scopo di minare la potenza russa, alimentando tensioni religiose, etniche e sociali. Un documento che raccoglie le analisi, le testimonianze di chi vive quella guerra sulla propria pelle e scritto da una persona che da anni viaggia in quelle aeree geografiche. Sara ci mostra come siamo tornati indietro con gli orologi e i calendari ai tempi della guerra fredda, dove il ruolo dei cattivi però viene assegnato agli abitanti del Donbass, accusati di terrorismo e colpevoli di essersi opposti a quei movimenti filoeuropeisti e filoamericani.
Tra i ricordi di una poltrona vellutata dei nonni nelle Marche e la musica del leader dei Kino nelle orecchie, Sara, in più occasioni e con lunghi viaggi fatti in treno e in autobus, sceglie di raggiungere l’area di confine del Donbass. Subito dopo il confine e i posti di blocco, dopo lunghi interrogatori come esami scolastici da superare, e con lo smartphone che non funziona più e rende isolati, si giunge a vedere i primi edifici lesionati o crivellati di colpi di mortaio. La sensazione di straniamento che assale Sara in quei territorio di guerra, tra quartieri bombardati e la vita dei bambini negli scantinati, è la stessa che investe il lettore che legge e si trova a percorrere quelle terre del bacino del Donec. Sara incontrerà i comandanti della brigata “Fantasma” Prizrak, il commissario politico Aleksej Markov, che poi morirà in un incidente stradale nei pressi di Lugansk, e ancora Nemo con quelle armi vintage e a capo di un esercito di combattenti vestiti con abiti scombinati che somigliano più a tute da boscaiolo o cacciatore che agli equipaggiamenti di un terrorista. Molto toccante il racconto di Igor, superstite alla strage del 2 maggio 2014 a Odessa, consumata nella Casa dei sindacati, dove ha visto morire i suoi compagni nel terribile rogo. In Occidente quel massacro era passato in sordina e in alcuni casi la notizia diffusa era stata quella di un incendio in cui erano morte solo alcune persone. Le cifre ufficiali parlano di 48 morti trucidati, ma nella realtà sono molti molti di più. Sara Reginella ci mostra tutta la deformità del male quando descrive il senatore americano John McCain che nel 2013 dal palco di piazza Maidan incitava il popolo e lo istigava contro il proprio governo. Deformità del male che in tempi più recenti, attraverso il Congresso americano, ha autorizzato ingenti dislocamenti di armamenti in Ucraina. Impariamo dalle parole dei protagonisti i meccanismi che si celano dietro allo scoppio di una guerra, il terribile modello psicologico che si applica a questi conflitti geo-politici. In questo reportage, lo abbiamo detto, si racconta molto la dimensione umana di una guerra assurda più delle altre. La storia di anime in guerra attraverso i racconti della gente comune e delle milizie atipiche: Tanya, in colbacco e mimetica, è un’adolescente arruolata tra le truppe cosacche; Milagros è una giovane madre di origine argentina che da Mosca è giunta volontaria a Lugansk perchè non può accettare che quanto accaduto nel suo paese con Videla e i generali della dittatura militare possa accadere anche in Donbass; Boris, un tipo dall’aria nerd con borsa a tracollo ex programmatore informatico, che adesso impugna un kalashnikov col volto coperto da un passamontagna; Iana, eletta tra le donne più belle d’Ucraina, che con la sua amica Irina, sceglie di fare la volontaria nei quartieri più pericolosi di Donetsk per distribuire garofani e viveri alle anziane babuske sofferenti o nelle case dei veterani della grande guerra patriottica. Con gli amici ‘terroristi’ Anton e Maksim, il primo che fotografa la guerra e il secondo che tenta di fare controinformazione sul conflitto, insieme a Sara camminiamo pure noi per le strade di Donetsk( raggiunta attraverso villaggi devastati dai bombardamenti). Arriviamo, con lei, nei quartieri periferici, visitiamo il mercato popolare, colpito dalle bombe e in stato di abbandono, raggiungiamo il dedalo di case e stradine del Kievskij, fino ad arrivare all’aereoporto col suo terminal devastato e i palazzi intorno completamente sventrati dai colpi dell’artiglieria. Nel silenzio irreale di quelle abitazioni abitate non si parla più, ma si sussurra, o si fa uno strano giardinaggio con la vanghetta nell’aiuola di un palazzo sventrato per cercare di mettere ordine e riprendere a vivere. Già, perchè appena bombardano gli ucraini, la gente del Donbass ricostruisce come può, perchè nessuno è disposto ad abbandonare la propria terra, a costo di ricostruirla ogni giorno, ripartendo da zero. Tutto è distrutto in quel quartiere che Sara ci mostra insieme ai suoi due amici, tranne il santuario della Madonna di Iversk, le cui mura se pur ferite hanno resistito; mentre il cimitero che lo circonda, no ed ha le sue lapidi completamente distrutte con le foto dimezzate degli abitanti di Donetsk. In quello che è l’atelier di Lenin facciamo conoscenza con Svetlana Topalova, la stilista di Donetsk, e che col suo abito nero cosparso di grandi colombe simbolo di pace bianche cerca di rendere migliore quel mondo abbruttito dalla guerra, di creare con i suoi vestiti una realtà che non esiste. Avrebbe potuto lasciare tutto e scappare Svetlana, ma pur di non lasciare senza lavoro le ragazze che lavorano con lei è rimasta perchè spiega che esiste una realtà che la guerra non può uccidere. Sono tanti i personaggi chiave di questo racconto, come Padre Alexander, Sacerdote della Chiesa Ortodossa di Lugansk o le donne che accompagnano Sara nelle discese ai podvaly, le cantine dove trovano riparo mentre il mondo fuori esplode. Storie forti come quella di “Starij – l’anziano” che incontriamo nella spettrale colonia penale di Chernukhino, devastata dall’artiglieria, e che da ex prigioniero è passato al ruolo di recluso volontario che sforna pane tra le macerie. Il finale del libro ha tutta la dolcezza dell’’incontro in un sottopassaggio ferroviario con il “Maestro”, con la sua storia da raccontare di uomo che vive e dipinge per strada e testimonia la guerra attraverso disegni di Ufo, bombardamenti, alberi magici, uomini neri e dorati, in un racconto in cui frammenti di sé e del nostro tempo si uniscono in un’unica realtà fantastica, consacrata da una lucida follia. Al rientro da questi viaggi Sara Reginella ha scelto di raccontare questa guerra ancora in corso e che rischia di essere ignorata; ha realizzato un documentario nel 2018, Start Up a War. Psicologia di un conflitto, che ha vinto numerosi premi in festival internazionali; ha scritto questo libro/inchiesta con una lingua molto fluida.
E’ doveroso leggere questo reportage perchè offre numerosi spunti di riflessione. Tante sono le considerazioni fatte, anche fuori da certi schemi, anche oltre il solito “politicamente corretto”.
In ‘Donbass. Una guerra fantasma’ si racconta il dramma di un territorio, le difficoltà di un popolo in guerra e alla fine si finisce per parteggiare con consapevolezza per un popolo che resiste e fa resistenza attiva a nuovi nazismi e a nuovi nazisti. Leggendo Sara si finisce per essere dalla parte di chi ha preferito il rumore metallico di un Kalashnikov al silenzio che vorrebbe imporre un occidente distratto.
Antonello Saiz