Sogni erotici inusuali: “Una bambolina di plastica più piccola di un pugno gli cadde sulla patta e prima che avesse il tempo di reagire ne piovvero altre. Si tappò la bocca per soffocare un grido, intanto con l’altra mano si sbottonò i pantaloni per controllare se fosse tutto a posto. Stava per alzarsi quando le bamboline si strinsero attorno al suo coso. Senza dire una parola, tirarono fuori la lingua, che era lunga e spessa (ah, spropositata rispetto al resto del corpo!), occupandosi della sua erezione”.
Bambole che chiedono di essere salvate: «Professore, sii buono, solo tu puoi portarmi in salvo, liberami da questo mucchio di cianfrusaglie».
Le vestigia del colonialismo: “L’isola di Vitria, nucleo originario dei primi insediamenti dei colonizzatori, era il quartier generale delle multinazionali. Ci vivevano ancora parecchi stranieri con gli occhi chiari, i capelli biondi e l’aria allegra”.
È in libreria Il professore e la ballerina del carillon di Dorothy Tse (E/O Edizioni, pp. 208, € 17,50 tradotto dal cinese da Antonio Paoliello).
Dorothy Tse, una delle voci più originali della letteratura contemporanea in cinese, è nata a Hong Kong, dove attualmente risiede e insegna scrittura creativa presso la Hong Kong Baptist University. La sua prolifica carriera letteraria include numerose raccolte di racconti che le hanno conferito vari premi, tra cui l’acclamato Hong Kong Book Prize e l’Unitas New Fiction Writer’s Award di Taiwan.
Il Professor Q, un accademico di mezza età, vive una vita lavorativa frustrante e sperimenta insoddisfazione nel suo matrimonio con Maria. Le sue giornate monotone prendono una svolta inattesa quando incrocia il cammino di Eilis, la ballerina del carillon, che diventerà l’oggetto del suo profondo amore, trascinandolo in un vortice di emozioni sorprendenti. Incoraggiato da Fugo, un misterioso amico di gioventù, il professore cinquantenne si ritroverà coinvolto in un intenso rapporto sentimentale, oscurato dal desiderio per la figura di Eilis, a tal punto da perdere di vista gli eventi circostanti, dalle proteste degli studenti alle oscure minacce che incombono sulla città.
La storia si svolge a Never, una località fittizia che richiama chiaramente Hong Kong, rientrata sotto il controllo della “madrepatria” dopo essere stata una colonia occidentale. Il romanzo affronta temi universali e attuali, come l’apatia delle società contemporanee e il pericolo rappresentato dai regimi totalitari: “Non ti spieghi per quale motivo esseri umani liberi di muoversi abbiano deciso di fingersi pupazzi inanimati”.
Il protagonista è così impegnato a divertirsi con la sua bambola ballerina che non si accorge che i suoi studenti hanno smesso di frequentare le lezioni, che la polizia sta facendo irruzione nei loro dormitori e che i candidati alle elezioni vengono squalificati senza motivo.
Emerge la visione di una civiltà in crisi: “Te ne saresti dovuta accorgere dai suoi farfugli deliranti: impossibile che sia una voce umana. E anche gli studenti sono solo una visione: sono più morti che vivi, fingono di scrivere, inchiodati sulla sedia. Le lezioni a cui ogni settimana ti presenti puntuale sono una farsa, una messinscena collettiva di docenti e studenti. L’obiettivo è quello di tenere in piedi l’elegante facciata dell’università, un’istituzione ormai incapace di fornire stimoli e produrre nuovo sapere”.
Un libro che affronta le tematiche dell’amore, dell’erotismo e dei rapporti sociali e politici in una società in preda a un profondo turbamento, dove innamorarsi dell’impossibile diventa una forma di ribellione.
Carlo Tortarolo
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Dicono che l’amore renda ciechi. Nel caso del professor Q sarebbe stato più corretto dire che l’amore aveva modificato la sua percezione della realtà.
Era un pomeriggio d’inverno. L’aria pesante e vischiosa faceva venire il mal di testa. Lui gettò uno sguardo oltre le grate in acciaio inox della finestrella del soggiorno – un gesto consueto – ma non vide il mare. Non vide la distesa d’acqua frantumata dai raggi del sole affilati come lame. Non vide le navi dai colori sgargianti che dragavano minacciose il fondale della baia con i loro bracci meccanici. No, vide la città nella quale viveva da anni lievitare, trasformandosi a poco a poco in un’enorme testa che si girava flemmatica mostrandogli un’altra faccia. Il professore sulle prime non notò quella faccia.
Era occupato a pensare a un numero a cinque cifre, con la sensazione che fosse di un vecchio amico. Qualcuno a cui era stato molto legato ma che ora era una presenza evanescente, un minuscolo scarafaggio che si puliva le antenne nei bui recessi della memoria. Compose cautamente il numero sulla tastiera dello smartphone: muoveva l’indice con circospezione, come se digitasse il codice di una cassaforte, anzi, no, come se stesse innescando un ordigno esplosivo. È impossibile che sia un numero di telefono – si disse – e anche se lo fosse, sarà inattivo da un pezzo: i numeri attualmente in uso a Never hanno tre cifre in più. Ma appena fece partire la chiamata, rimase spiazzato dal segnale di linea libera. Il cuore gli batteva a mille.
«Finalmente ti fai vivo!» disse una voce fredda e lontana, con una risata che riecheggiò come se provenisse da una grotta con le pareti che trasudano umidità. La faccia a quel punto si era girata del tutto. Gli occhi allungati, penetranti come quelli degli uccelli, una massa di capelli arruffati, la bocca che si apriva in un ghigno: Fugo! Ma è Fugo, vero?! Come aveva fatto a dimenticarsi di lui per così tanto tempo?
«Sì, beh, ho avuto un po’ di problemi». Il professore riconobbe una nota di allegria nella propria voce. Avere ritrovato l’amico forse cambiava le carte in tavola. D’accordo, a cinquant’anni suonati si era invischiato in una complicata relazione extraconiugale, però, tutto sommato, non era una tragedia. Anzi, forse era una fortuna che qualcosa d’imprevisto fosse arrivato a rompere la monotonia della sua vita. E ora aveva una persona con cui confidarsi! Raccontò all’altro della sua sbandata e quello, dopo una bella risata, gli scodellò una lista di soluzioni che a lui non erano nemmeno lontanamente passate per la testa.
«Bisogna trovarti un nido d’amore».
Un nido d’amore? Nella sua mente comparve la mappa di una città familiare. Assomigliava a Never, anche se i nomi delle strade e dei quartieri erano completamente diversi. E poi Never lo faceva pensare al cemento, alle vetrate polverose, all’odore dei soldi, mentre il luogo descritto da Fugo profumava di salsedine, muschio e panni umidi. Con il telefono in mano, lanciò uno sguardo al lembo di mare oltre la tenda verde scuro. L’immagine dell’amico tornò a essere sfocata e il riverbero del sole sull’acqua lo accecò. Strizzò gli occhi.
«Sì, sì, proprio lì. Ci pensi? Un posto dove custodire tutti i tuoi segreti! Qualunque segreto inconfessabile, non solo l’amante!».
Mentre ripeteva tra sé e sé l’indirizzo datogli da Fugo, il professore aveva l’impressione che fossero suoni senza senso in una lingua sconosciuta. Prese al volo una biro senza il tappo dal portapenne e lo appuntò su una rivista di arredamento, nello spazio vuoto della pubblicità di un orologio. Aveva riagganciato quando si accorse che non c’era alcuna traccia d’inchiostro sulla pagina: la cartuccia era esaurita! Tuttavia i caratteri scritti di getto erano rimasti impressi sulla carta patinata, in rilievo sul retro del foglio. Accarezzò i segni sporgenti con i polpastrelli callosi percorso da un voluttuoso brivido erotico.