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Dror Mishani anteprima. Fede

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Preoccupazioni segrete: –: «Non sai quanto sia angosciante presentarsi a un appuntamento a Beirut e non ricordare se sei un commerciante di scarpe tunisino o un uomo d’affari svizzero alla ricerca di investimenti immobiliari. Hai un black-out. Non ricordi con che nome ti sei presentato alla segretaria che ti ha fissato l’appuntamento e che ti ha accolto e sai che ogni tuo errore può costarti la vita».

Ricordi d’infanzia: “La maggior parte degli anni, a quel tempo, non erano belli. Avraham, però, non lo confessava a suo padre, e nemmeno gli chiedeva come fosse stato il suo. E adesso era tardi per fargli quella domanda. Suo padre non era più in grado di rispondere e i suoi pensieri, sempre che ne avesse, si riflettevano in sguardi disperati, prigionieri del silenzio”.

Una prospettiva lucida: «Quando sei al piano terra non riesci a vedere l’intero quadro di una situazione, né cosa accade all’ultimo piano. E io e te viviamo e lavoriamo al piano terra, Avi. È questo il nostro posto. Se allunghi il collo ti farai solo male. O peggio, ti verranno le vertigini».

È in libreria Fede di Dror Mishani (Edizioni E/O 2024, pp. 272 € 18,50 con traduzione dall’ebraico di Alessandra Shomroni).

Dror Mishani noto per i suoi romanzi gialli con protagonista l’ispettore Avi Avraham: Un caso di scomparsa (Guanda 2013, trasposto in un film con Vincent Cassel) e Un’ipotesi di violenza (Guanda 2015), da cui sarà tratta una serie tv. Oltre a essere scrittore, Mishani è un esperto di letteratura, specializzato nella storia del romanzo giallo. Tre è diventato un fenomeno letterario con decine di migliaia di copie vendute, è stato pubblicato in dieci paesi ed è rimasto per 10 settimane nella best seller list dello Spiegel.

Il protagonista del libro è Avraham Avraham, capo ispettore della polizia di Holon, una città a sud di Tel Aviv. Desiderando affrontare casi più intriganti, Avraham si trova a indagare sulla sparizione di un turista svizzero e sul ritrovamento di una neonata abbandonata. Durante le sue ricerche, sospetta che il turista sia un agente del Mossad e che la sua morte sia collegata a una relazione con una giornalista libanese. Parallelamente, la detective Esti Wahaba segue un’indagine sull’abbandono della neonata, che svela intricate dinamiche familiari. Mentre Avraham cerca di svelare la verità dietro la morte del turista, si confronta con interessi politici e segreti di stato. Con una trama complessa e ricca di sfumature psicologiche, il romanzo esplora temi di giustizia, identità e relazioni familiari, offrendo una storia avvincente di investigazioni e scoperte.

L’autore, con uno stile piacevole e dettagliato, realizza un romanzo sorprendente che è anche un viaggio nelle contraddizioni della società israeliana.

Carlo Tortarolo

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Il commissario Benny Saban, comandante del distretto di Ayalon, non tentò di nascondere il proprio sbalordimento. Aprì con fare nervoso il cassetto della scrivania e ne trasse una custodia di velluto blu dalla quale sfilò un aggeggio di vetro scuro, simile a una penna. «Non ci credo, Avi. Non puoi dire sul serio».

L’ispettore capo Avraham Avraham invece era serissimo. Quella mattina aveva chiesto di parlare con il suo superiore. Programmava quell’incontro dall’inizio dell’estate e lo aspettava con ansia dalla fine delle ferie.

«La sigaretta elettronica non ti dà fastidio, vero?» domandò Saban, e Avraham scosse la testa.
La precedente commissaria, Ilana Lis, era solita prendere da quello stesso cassetto un bicchiere di plastica trasparente: vi versava un po’ d’acqua, lo piazzava sulla scrivania e chiedeva ad Avraham di accenderle una sigaretta, nonostante in commissariato fosse proibito fumare. Lui ubbidiva, le tendeva la sigaretta e se ne accendeva una per sé. Nei primi tempi, quand’erano giovani, se ne infilava in bocca due e le accendeva con una lunga fiammata.

Dalla sigaretta di Saban salì una nuvoletta rosa, dietro la quale lui continuò a parlare. «Sei qui da soli due anni, Avi… Non capisco. Quanti ne hai adesso? Quarantasei? Quarantasette?».
«Quarantatré».
«Davvero? Fa lo stesso. Dove pensi di poter andare alla tua età?».
L’ispettore capo non lo sapeva esattamente. Gli sarebbe piaciuto essere trasferito alla direzione investigativa centrale, al nucleo investigativo internazionale o al reparto anti-frodi. O magari a un altro corpo di sicurezza. E, a dirla tutta, aveva quasi quarantaquattro anni.

«Di quale corpo di sicurezza vai cianciando, Avi? Vorresti passare allo Shin Bet adesso?».
Saban sbatté le palpebre, come sempre quand’era agitato, e Avraham pensò che gli era più simpatico di quanto gli fosse sembrato in un primo momento, in quello stesso ufficio, quand’era arrivato a rimpiazzare Ilana Lis, costretta ad assentarsi per malattia. Come aveva previsto, Saban si era rivelato meno carismatico di Ilana (più che altro cercava di non sforare il budget e di “migliorare le prestazioni”), però non aveva mai mentito ad Avraham e la sua incapacità di nascondere l’agitazione e la tensione infondeva fiducia all’ispettore capo. In ogni caso lui non voleva rivelargli le ragioni per le quali aveva chiesto il trasferimento. Cosa avrebbe potuto dirgli? Descrivergli il momento in cui, in una foresta, davanti alle acque limpide di un lago, si era reso conto che voleva occuparsi d’altro?
«Non capisco davvero quale sia il tuo problema» insistette Saban. «Sei a capo della divisione investigativa a malapena da due anni, fai un buon lavoro, ottimo, direi. Resta con noi un altro anno, un anno e mezzo; magari io sarò promosso e chissà, lo sarai anche tu. Verrai nominato vicecommissario, potrai aspirare a essere capo distretto. Perché creare scompiglio adesso? Ti sei sposato da poco. Che bisogno hai di altri cambiamenti?».

Se su quella poltrona ci fosse stata Ilana, Avraham avrebbe parlato con lei per almeno un’ora di quello che aveva passato quell’estate. Ma Ilana non c’era, anche se per un nanosecondo gli era sembrato di vederla alzarsi e andare ad aprire una finestra. Una presenza eterea, impalpabile. Chiuse gli occhi, come per intrappolare quell’immagine fra le palpebre prima che svanisse.

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