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Dylan Thomas. Se anche gli amanti si perdono

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Ogni tanto esce qualche scrittore che si definisce rock n’roll.

Una definizione assai stupida, quando viene applicata alla letteratura tranne che in un caso, un caso unico e isolato, irripetibile: Dylan Thomas.

Dylan Thomas stava alla poesia come Lester Bangs alla critica, come John Coltrane al sassofono e alla musica in generale e tutti noi che scrivevamo, a distanze siderali di anni, chilometri e talento, volevamo essere lui.

È stata un’icona, resta un’icona, anche per chi non ha mai letto una sua poesia. Per Dylan Dog, certo, per Dylan Mckay, per Bob Dylan. Tutti sbiaditi derivati, tutte amorevoli e devote citazioni.

Scrisse molto, non moltissimo, morì presto. Sebbene avesse un talento straripante, le poesie di Dylan Thomas era tutto tranne che istintive. Lo dimostrano le lettere di questa raccolta preziosa, finemente curata dal titolo Se anche gli amanti si perdono, pubblicata dalla Nuova editrice Berti, con la traduzione di Barbara Bellocchio e Cecilia Mutti.

In questa raccolta ho trovato il Thomas migliore, quello meno impostato, libero dal dover dimostrare di essere il più grande poeta del mondo, anche se lo era. Poeta sempre, diremmo di Thomas, come successe a Huidobro ma personaggio controverso, autodistruttivo come pochissimi letterati.

Importanti sono le date, in questa raccolta, per capire come riuscisse a sopportare tanto ciò che lo uccise.

Se la sua mente era vecchia, il resto dei pezzi: il fegato, i polmoni, erano nuovi di zecca. Morì bruciato da una fiamma invisibile come il metanolo. Ustionato dall’interno dalla febbre alcoolica.

Vaneggiava nel letto di ospedale chiamando Caitlin, l’amore di tutta la sua vita, amore che tradì innumerevoli volte, anche all’inizio.

Ognuna di queste lettere può essere letta come un racconto e, dentro di esse, possiamo trovare spunti per racconti nuovi, riflessioni sulla poesia. Sono piccoli saggi, alcune volte, saggi lucidissimi su cosa significhi scrivere versi, saggi tracciati da un ragazzo che poi diventa un uomo, un bugiardo, un poeta.

Scrisse a molte donne, a Caitlin che amò per sempre, a Pamela Hansford Johnson, che amò per poco, a Wyn Henderson che solo finse di amare.

Una lettera dopo l’altra lo vediamo crescere, lo ascoltiamo cambiato, diventare famoso, restare povero, volare lontano e poi, sempre rovinosamente e col sorriso, cadere.

Pierangelo Consoli

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Se anche gli amanti si perdono, Dylan Thomas, Nuova editrice Berti 2024, Pp.150, euro 16

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