“Visione e preghiera e altre poesie scelte” di Dylan Thomas (Giometti & Antonello – Macerata, 2023 pp. 219 € 27.00), nella cura e traduzione dall’inglese di Tommaso Di Dio, è il dono illuminato e magico di una complessa e impetuosa raccolta di testi, avvolti nell’orizzonte intangibile della parola poetica, nel confine inviolabile di ogni profezia, nella dimensione spirituale e terrena, consacrata nella congiunzione della componente mistico religiosa della vita e della morte. La poesia di Dylan Thomas nutre l’incontenibile e apocalittica visionarietà, nella tensione verso un orizzonte premonitore, disteso nella natura divinatoria delle anime, nello stupore inafferrabile di dolorose e tremanti immagini. “Adesso il mio dire sarà il mio disfacimento e ogni pietra/sarà srotolata come un mulinello.”.
Il poeta insegue l’epifania di una visione essenziale e prodigiosa, rintraccia l’efficacia della creatività incessante e l’apparizione di un rovente fuoco trascendente, motivo ispiratore dell’incandescente canto mistico, nella dimensione solenne e profonda della preghiera. I versi di Dylan Thomas concentrano, nella persuasiva inclinazione metaforica, la conoscenza di un desiderio struggente e implacabile, diffondono il significato immaginifico della poesia, interpretano il pensiero di una realtà sensitiva che si scontra con la mutevolezza tormentata di un disordinato girovagare, affidano agli squarci improvvisi dei naufragi interiori il lirismo oscuro e irrequieto dell’esaltazione di un talento bruciato troppo presto. “Apri una via, /attraverso la lenta vela triste, /lancia/vaste al vento le porte della nave vagante/perché il mio viaggio cominci alla fine della mia ferita, /abbiamo ascoltato e visto farsi canto il mare e racconto il foglio di sale.”. Trascrivono la qualità distillata del vortice emotivo e dell’abisso distruttivo, nel richiamo sublime e simbolico verso una sensibilità devota alla spontaneità di una religiosità obbediente alla sequenza biblica e misteriosa dell’esistenza, nel percorso enigmatico della creazione, nell’allegoria della capitolazione e della rinascita. “Giro l’angolo della preghiera e ardo/nella benedizione dell’improvviso/sole. Nel nome dei dannati io/vorrei tornare indietro e di corsa/verso la terra nascosta/ma il sole rumoroso/battezza a testa in giù/il cielo.”.
Dylan Thomas attraversa la sua vertigine compositiva sostenendo le corrispondenze di pensieri e ossessioni nel passaggio inatteso della coscienza incendiaria, tra l’irriverenza della tenebra e il rispetto della luce, percepisce lo smarrimento nell’oscillazione emblematica dell’ombra, irrompe nel rovesciamento e nel disfacimento provocatorio della lingua, esorta il movimento ritmico della devastazione per generare l’intima meditazione. Il libro è abitato dalla volontà inestinguibile del poeta di osservare l’impeto e il fervore dell’intensità, quando l’estinzione e la salvezza oltrepassano la decadenza delle stagioni e assediano l’estensione del tragitto in un volo sulle ferite. “…prima che tu ti muova a compiere/gesti del cuore o della testa, tutto/è riunito e rovesciato in una/vorticante oscurità/come la polvere di un morto.”
Rita Bompadre