Lo scarabeo d’oro di Edgar Allan Poe, pubblicato nel 1843 sulla rivista “Dollar Newspaper”, viene riproposto da Elliot ne La scrittura segreta. Una scelta che si ricollega al fatto che lo scrittore americano fu tra i primi a proporre il tema della crittografia al grande pubblico dei lettori. In un’epoca in cui questa materia era considerata alla stregua di una scienza esoterica, Poe sfidò sfidò i lettori del settimanale di Philadelphia a inviargli messaggi in codice che lui, prontamente, avrebbe decifrato. L’iniziativa ebbe un successo clamoroso, e lo scrittore in pratica fu costretto a occuparsi solo di codici e di decifrazioni. Da quella esperienza Poe trasse Qualche parola sulla scrittura segreta, proposto nel piccolo volume subito dopo il racconto, testo che illustra con piglio divulgativo gli elementi fondamentali della disciplina, tracciando un rapido percorso tra metodi di codifica e di decodifica, oltre alle curiosità storiche più interessanti e curiose.
Lo scarabeo d’oro è ambientato sull’isola di Sullivan, nella Carolina del Sud, ed è narrato in prima persona da un amico di William Legrand, ultimo discendente di una famiglia ugonotta ridotta in miseria, che vive in miseria in una capanna. Girovagando tra i boschi sulla costa, un giorno Legrand trova uno scarabeo di color oro, e riceve la visita del narratore, a cui racconta del ritrovamento anche se l’oggetto non è più con lui, avendolo prestato a un amico. Lo disegna però su un foglio per mostrarne l’aspetto e,avvicinato accidentalmente al fuoco del camino, il foglio rivela in trasparenza il disegno di un teschio. Dopo un mese, Legrand fa richiamare presso di sé l’amico, e lo convince a seguirlo, insieme al servitore Jupiter, sulla terraferma. Qui l’uomo si aiuta seguendo le indicazioni di una mappa e con sé porta lo scarabeo d’oro, trovando il luogo dove sarebbe stato nascosto il tesoro del Capitano Kidd. La scoperta era il frutto dell’esame da parte di Legrand del foglietto su cui aveva disegnato lo scarabeo, e sul quale poi aveva decrittato il messaggio che vi era tracciato, dilungandosi nella descrizione del metodo utilizzato per interpretare il messaggio cifrato.
Il volumetto, quindi, è una preziosa occasione per accostarsi a quella parte complessa e affascinante dell’opera di Edgar Alla Poe che, probabilmente, è meno conosciuta dal pubblico, e che costituisce una vera e propria “avventura intellettuale”. A rendere ulteriormente affascinante il tutto è poi la proposta, dopo i due testi citati, di due quesiti crittografici proposti dallo scrittore e rimasti irrisolti per centocinquanta anni, le cui due soluzioni oggi sono reperibili cercando con attenzione in rete.
Paolo Melissi