“Nella piega perenne della sua bocca/non c’era solo disincanto:/c’era amarezza, risentimento./A volte – avresti detto – paura.”(Umberto Fiori, Il conoscente). Questa iscrizione è inserita in epigrafe, in ingresso all’oscura e irresistibile attrazione per le conseguenze suscettibili della realtà e riassume il pensiero premonitore del mondo concreto e simbolico animato nel romanzo di Edoardo Zambelli “La coincidenza” (Laurana Editore, 2024 pp. 240 € 18.00). L’autore manipola, con prestigiosa competenza e talentuosa facoltà inventiva, l’intelaiatura intrigante di una trama dominata nella perfetta perizia delle predisposizioni e delle interazioni tra l’uomo e gli ambienti, nella sequenza criptica e immateriale delle ambiguità, persuasa dalla provocante capacità deduttiva di equilibrare la tensione delle espressioni in un’efficace e misteriosa formula letteraria, dall’impronta presunta tra la finzione e la verità delle cronache. Il protagonista Massimo, avvolto nel riflesso di un intenso gioco di specchi con i personaggi della storia, prende parte, suo malgrado, alla coinvolgente combinazione di eventi, tra azioni delittuose, tattiche ingannevoli, sottrazioni confuse di indagini, con accanto figure misteriose e subdole. Affina la propria coscienza, spingendo i sentimenti contrastanti tra il desiderio di comprendere e il timore di consumare la malinconia pungente della nostalgia, rivisita il tempo, scandito inesorabilmente nella vertigine delle sconfitte generazionali, insegue, tra speranza e tormento, l’amore per Sara, il suo ricordo, distingue il disincanto degli affetti offesi, la tenerezza perduta delle amicizie.
Edoardo Zambelli miscela la congettura dell’intreccio fatale e inesorabile degli avvenimenti con gli irrevocabili appuntamenti con il destino, traduce la sorte avversa delle alleanze emotive, l’accordo inquieto del disinganno nelle relazioni delle coincidenze. Tesse le fila di ogni imperscrutabile destinazione di un’umanità alla deriva, nella sua criminale e ambigua condanna, nel perimento incidentale dell’anima, sospinge l’incontenibile assegnazione del raggiro nel confine crudelmente beffardo dell’esistenza. Accoglie lo spirito dell’esperienza in un resoconto allegorico, intenzionale, svelato attraverso l’evidenza consapevole, l’ipotesi del senso, l’interrogativo contorto.
Il romanzo mette in luce il disegno introspettivo dell’accadere, la corrispondenza esatta dell’imprevisto che dilata l’efficacia interpretativa dell’istintivo e la casuale concatenazione insolita dell’investigazione. La formula accattivante del giallo in Edoardo Zambelli si consuma sull’archetipo di una decorazione narrativa insinuante, carica di richiami letterari colti e raffinati, seduce l’acuto e fantasioso svolgimento del racconto nella ricostruzione di una scrittura abile, solitaria e imperturbabile ma che traccia il carattere leggibile della indecifrabilità umana. Edoardo Zambelli rincorre la deviazione conturbante dei comportamenti irragionevoli e inattendibili dell’uomo, definisce l’incredibile insidia dell’equivoco, le intenzioni provocanti del caso e dell’assurdo, risveglia la tenace necessità di un’integrità psicologica da controbilanciare nei confronti dello sconcerto, delle disillusioni. Stuzzica ferite che non si rimarginano, sfida insistentemente il sospetto imprevedibile del dolore, genera una ricerca psicodinamica nel conflitto tra il vincolo destabilizzante della conoscenza e la repulsiva, nichilista decadenza della natura irrecuperabile. La carezzevole e affascinante imponderabilità sigilla tra le pagine l’impresa della vita accidentale e inaspettata e la congiunge all’inevitabile probabilità della suggestione immaginativa.
Rita Bompadre