“A molti giorni da ieri” di Elena Mearini (Marco Saya Edizioni, 2024 pp. 74 € 12.00) esce nelle librerie il 5 dicembre. L’autrice rende autenticamente riconoscibile l’intensità dei suoi versi attraverso una disposizione naturale verso la poesia, estesa nella vocazione alla riflessione inesorabile e indispensabile del destino esistenziale e della sua irrefrenabile e imprevedibile sfuggevolezza. Offre al lettore l’esposizione intima di un cammino interiore nella direzione di un approdo raggiungibile e disponibile, nella rivelazione delle prospettive umane, dona la consistenza dei messaggi, lanciati come strumento di testimonianza, rappresenta una realtà in dialogo con l’eco dei ricordi, addensa la suggestione di un linguaggio in una lirica rarefatta, distillata dalle disposizioni d’animo e dal carattere dell’uomo.
Elena Mearini conosce il talento della sua scrittura evocativa e assemblea le difficoltà del vissuto in un respiro più ampio, universale, dando voce e materia a una trasfigurazione del procedimento simbolico ed espressivo con la frantumazione dell’attualità, recupera, nell’esigenza di approfondimento e di evoluzione personale, le fratture del dolore, contrasta la solitudine dell’assenza, misura il senso del vuoto e della desolazione con la transitività delle esperienze. Se la poesia dispone la necessità di abitare il desiderio di manifestarsi ovunque, Elena Mearini occupa istintivamente l’opportunità di raggiungere il luogo dell’incisività nei testi e nei contenuti, comunica l’intonazione a ogni potenziale salvaguardia umana nella difesa di un’emergenza sentimentale, apre il passaggio esplorativo ed errante sulla soglia di ogni elemento intuitivo della vita, nel terreno del quotidiano, espone l’urgenza di accordare un archetipo con la finalità di ricomporre le lesioni profonde, affermare gli interrogativi dell’identità, il riscatto della sensibilità, l’ascolto e l’invocazione alla bellezza. La cifra poetica di Elena Mearini si nutre di una sincera accoglienza nei confronti dell’altro, ne ascolta l’insegnamento e l’abisso, sillabando il battito infelice dell’estraneità e il fremito confidente della vicinanza, confessa l’oscillazione emotiva, in conflitto tra l’esitazione del presente e la perplessità delle colpe del passato, consuma l’espiazione della mobile continuità, intesa come privata resistenza nella geometria inafferrabile e incomprensibile dell’essere nel mondo. Rimuove la polvere indefinibile dei giorni, nell’alternanza della fragilità delle stagioni e nella reperibilità della memoria.
“A molti giorni da ieri” restituisce il calendario delle date sospese tra la riservatezza della distanza e il ritorno alla quiete, percorre strade inghiottite dal sentore di un’oscurità che raccoglie le tracce di incroci tormentosi, rintraccia la spigolatura sospetta delle reliquie, su cui innalzare l’ombra dell’incomunicabilità, annulla la lontananza al cospetto della luce. I versi di Elena Mearini sprofondano dentro ogni equivoca carezza della temporalità, identificano il divenire nell’insieme contraddittorio tra rammarico e imperturbabilità, restituiscono alla presenza dell’orizzonte fiducioso l’elogio della grazia, riaprono lacerazioni nelle ipotesi angoscianti del silenzio, nel disagio della paura, stringono segretamente al cuore le evocazioni dell’altrove, oltre il male e il disamore. La poesia di Elena Mearini mette in salvo l’incontro, incoraggiato dal flusso spontaneo dell’ispirazione e dell’effettiva complicità dei destinatari. Coglie la speranza delle intenzioni caritatevoli della volontà, promuove il sentire con il generare emozioni, condivide lo sguardo poetico sul confine percettibile delle impressioni, interpretando la direzione di ogni accesso compassionevole dell’umanità, attua una preghiera indulgente nel verso trafitto, dove l’annullamento e la rinascita orientano la stessa natura del linguaggio vivo e illuminante.
Rita Bompadre
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Lo senti
questo grido di fondo
che mai s’interrompe
come allarme quando
il pericolo è ovunque
lo senti
– andare tra i giovani volti
scomparsi dietro
gli anonimi schermi –
è il verso ferito delle cose
che perdono
poesia dal taglio.
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Ti spargi come ruggine
sulla superficie dei giorni
segni il tempo mentre
scrivo parole da cancellare
percorro strade che dimentico
ripeto il perduto
per perderlo ancora
– non imparo mai
fino a quando poi –
tu accadi
appena emersa
dal fondo delle cose mai viste.
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La strada
screpola nostalgie
mentre i passi
tornano alle case
e le foglie
spostano l’autunno
sui marciapiedi
– un cane annusa
la profezia dell’assenza –
tu respiri aria
e ti domandi quale sia
l’odore della scomparsa.