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Elena Stancanelli anteprima. Il Tuffatore

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Il Tuffatore, il nuovo libro di Elena Stancanelli, edito da La nave di Teseo, esce ora in libreria. L’autrice ripercorre, con abilità intima e aggiornata sui fatti, le trame del “maschio romagnolo” e dell’ imprenditore Raul Gardini e di un’epoca, la Sua. In principio era Ravenna, piccola città di provincia e città della Romagna. Poco dopo, appresa dal padre Ivan l’arte di camminare “nella maniera giusta”, il tuffo. Dall’ascesa alla discesa nell’industria e nella finanza italiana e internazionale la figura di Raul Gardini si intreccia alla storia del capitalismo del dopoguerra. Un viaggio nella memoria di giorni, di aneddoti trascorsi in costante movimento con incursioni musicali, poetiche e cinematografiche per meglio gettare luce su quei visionari che “visti da vicino fanno un po’ paura, e non solo ai bambini” perché “ci vuole tempo per apprezzarli e distanza per non temerli”.

Claudia Caramaschi

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Il giocatore di poker

Renato Ugo, il chimico chiamato da Schimberni come responsabile dell’area ricerca di Montedison, si dimetterà durante la

Roma, 23 01 2021
Elena Stancanelli – Ritratti
©Chiara Pasqualini, Riccardo Musacchio/MIP
light ass. Alessandro Fucilla/MIP

presidenza di Gardini. Ha parole molto dure contro di lui. Non si piacciono, non si capiscono, e il professor Ugo considera Raul inadatto alla guida di Montedison. Gardini trattava Montedison come fosse roba sua, racconta Renato Ugo, come fosse un ufficio o un’azienda locale. L’unico che aveva libero accesso alla sua stanza era Angelo Vianello, l’amico marinaio, con cui ogni giorno pranzava con l’amata piadina. “Uscii da Montedison senza neppure andare a salutarlo […] Me ne andai così, senza aver di fatto capito quest’uomo verso cui provavo pochissima affinità sia culturale che umana […] Sono un uomo pratico, però la Montedison era la Montedison, aveva cultura industriale, manageriale; lui non aveva neanche la cultura contadina, sebbene lo chiamassero il Contadino. La sua era la cultura del giocatore di poker – lampi improvvisi e grandi rischi basati sull’intuizione, senza analisi. L’ho sempre avvicinato al personaggio interpretato da Vittorio Gassman nel film Il sorpasso di Dino Risi…” Gardini era un uomo inquieto. Un’inquietudine intellettuale e fisica. Dormiva pochissimo, era pungolato da ossessioni che lo spingevano a fare, a tentare nuove strade, ad aggirare gli ostacoli. Non conosceva la parsimonia, quando sarà il momento di sbagliare sbaglierà con incomprensibile e inutile abbondanza. Rilanciava sempre, si fidava di chi aveva idee innovative, voleva andare dove nessuno era mai stato, raccogliere quello che gli altri buttavano e trasformarlo in oro. Bruno Cortona, il personaggio del Sorpasso a cui si riferisce Renato Ugo, è un uomo di quarant’anni, bello, simpatico.

Roma, 23 01 2021
Elena Stancanelli – Ritratti
©Chiara Pasqualini, Riccardo Musacchio/MIP
light ass. Alessandro Fucilla/MIP

Una mattina di agosto, in una Roma deserta, fa amicizia con un ragazzo, Roberto Mariani (Jean-Louis Trintignant), rimasto in città a studiare. Mariani, attirato dalla vitalità di quello sconosciuto, sale in macchina con lui, sulla famosa Lancia Aurelia B24S. Bruno Cortona è romano, romanissimo. Volgare, seducente, fancazzista. Sempre scherzoso e sempre malinconico, capace di sfangarla anche all’ultimo momento facendo pagare agli altri le colpe della sua sventatezza. Un Alberto Nardi (il protagonista dell’altro film di Dino Risi, Il vedovo) più atletico e fortunato. Non mi pare somigli a Gardini, e non solo per 120 il fatto che Raul detestava quel tipo di romanità. Gardini era, al contrario, ossessionato dal lavoro. Non si fermava mai, non dormiva mai per portare a termine quello che aveva in testa. Bruno Cortona, come Alberto Nardi, non ha invece voglia di fare niente, e non ha mai fatto niente. Però è vero quello che dice Renato Ugo, Gardini era un giocatore di poker. Quando litigava con Serafino minacciava di lasciare tutto e mantenersi giocando a carte. Aveva bisogno di far scorrere l’adrenalina e non temeva l’azzardo. E il suo demone era la velocità, in questo sì come Bruno Cortona. Poco importa se uno corre per arrivare in tempo da qualche parte, se lo fa perché non riesce ad andare piano o se corre perché dietro di lui sente il fiato fetente di chissà quale mostro. Il risultato è lo stesso, il rischio è sempre quello di schiantarsi.

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