In una Milano che è monumento alla fierezza, sempre composta, pulita, discreta, ma anche città pensierosa, preoccupata, inquieta, si muovono sei personaggi in un momento di profonda crisi esistenziale. I due – apparentemente – principali sono Nero e Scura, coppia di larghe possibilità economiche, modelli di un successo profondamente voluto, costruito con accanimento, che vivono ora sprofondati nelle zolle paludose di un matrimonio frusto e stanco. Persi nel delirio della loro autoreferenzialità, faticano a entrare in contatto profondo con Ricola, straordinaria figlia adolescente stanca di combattere per una visibilità negata, che ha deciso di ritirarsi in un proprio mondo conchiuso e impenetrabile ai più – non a tutti, si scoprirà – fatto di rifugio nel web e terribile autolesionismo.
Le loro vite andranno a intrecciarsi con quelle di Grigio, amore di gioventù di Scura, musicista di passata fortuna che riappare per chiederle una seconda possibilità; e quella di Blanca, venuta dall’altra parte del mondo per pulire case altrui che con Nero – la simbologia dei nomi è evidente e dichiarata – trova pace per il suo animo tormentato e bisognoso (anche qui) di visibilità e di una forma di attenzione, di cura. Blanca ha un figlio, Manuel, adolescente come Ricola, come lei mosso da dubbi e incertezze ma animato anche da una profonda rabbia e dalla volontà di riscatto sociale.
Gli adulti di Affetti Collaterali (Giraldi editore), secondo, intenso, maturo romanzo di Eleonora Molisani – giornalista, scrittrice e docente di giornalismo e new media – si agitano in un universale quotidiano, sgranando il rosario dei sé, scomponendo e analizzando possibilità non prese, ipotizzando tardivi ripensamenti, illusioni di nuovi inizi (Nero con Blanca e Scura con Grigio, stavolta) e lasciando gli affetti sicuri a una franosa implosione.
Contraltare di un mondo adulto inquieto e irrisolto sono i due adolescenti: Manuel, dalla figura appena tracciata, ma sopratutto Ricola, chiusa nella sua cameretta, abbandonata alle sue di sofferenze, per le quali cerca compensazione nei dialoghi notturni con uno sconosciuto trovato in internet, unica presenza fissa con cui condividere intimità, confidenze e brandelli di canzoni e poesie, di bellezza.
Sarà un giro di trama inatteso, dai toni cronachistici, a mettere spietatamente tutti i personaggi di fronti alle proprie responsabilità: un clou che Eleonora Molisani sceglie di non porre a fine scrittura, ma appena oltre la metà del libro, ad aprire quasi un secondo romanzo in un moltiplicarsi di trame, attraverso il ripiegamento intimistico di Nero e Scura a ripercorrere le proprie vite, le motivazioni delle scelte, le radici del dolore.
Costruisce un vero romanzo corale, Eleonora Molisani, con sei voci perfettamente distinte, di forte identità, che solo apparentemente si parlano addosso in forma confessionale: ciò a cui ambirebbero è invece pervenire a un’impossibile una forma di dialogo, di comprensione, di reciprocità esplicita di affetti, di aiuto per uscire dal territorio vasto oltre la tristezza che i suoi uomini e le sue donne attraversano scandagliandolo in lungo e in largo.
È a una forma ritrovata di umano sentire che mirano nella tremenda freddezza del vivere metropolitano: per loro Molisani trova e modella un linguaggio crudo, di grande spietatezza e verità.
All’esplicitato alterna, illuminanti, le suggestioni, scendendo nelle pieghe del non detto, denso di scomodi significati.
Coagula il romanzo intorno a tematiche di incomunicabilità e solitudine, di colpa e disperazione, Eleonora Molisani: le riesce agilmente il rischioso passaggio da una vicenda che potrebbe trovare spazio nelle pagine di cronaca a una storia col seme e l’altezza nobile della tragedia greca, riscritta in capitoli di voluta brevità, di contemporaneo ritmo veloce, sostenuto fino all’ultima pagina. Aperti tutti, significativamente, da versi e citazioni – di Merini, Bukowski, Simona Vinci, Jonathan Safran Foer, Elena Mearini, tra gli altri – come le lettere allo sconosciuto di Ricola, vittima fra tutte le vittime di questo libro, che nella giovane età crede nel potere della parola come forma di amore, e di bellezza: forse, in definitiva, possibilità unica di riscatto.